Contro la deriva decadente del modernismo e del progressismo, l’aforisma presenta la forma definitiva della filosofia per denunciare il procedere infausto della tecnica e della tecnologia. L’unico testo componibile, però, di fronte al processo tecnico, è un testo implicito, i cui contorni siano disegnati in negativo; l’unico testo componibile è precluso, in quanto inarrivabile. Gli Escolios a un texto implicíto riportano alla luce del sole la filosofia che rischiava di essere sotterrata dall’ottimismo assoluto delle filosofie analitiche anglo-americane. I 12mila aforismi di Gómez Dávila non sono, tuttavia, un testo transitorio, o una bozza, ma un testo definitivo. Cinque volumi che non forniscono soluzioni, né spiegazioni ulteriori.
Il filosofo colombiano è una statua del tempo che vigila sull’eccesso bieco di semplicità, di mediocrità. Il reazionario vive un territorio estremamente lontano dalla moda. Inseguendo frammenti di frasi e manifesti tronchi, note a un testo incompleto, asistematico, comprensibile solo nel suo essere aforismatico, gli scoli del filosofo colombiano ammoniscono lo stupido che corre ciecamente verso un progresso infinito. Nell’esprimere un furore filosofico, contro il totalitarismo dei sentimenti democratici e la piaggeria del semi-colto, i frammenti – espressioni di un pensatore onesto – traghettano la filosofia contemporanea sulle coste sudamericane, sancendo la fine della modernità, nella storia della filosofia, anche in America del Sud.
La scrittura aristocratica, al di sopra di ogni scritto che incontra in ginocchio il pubblico e si asservisce ad esso, svela senza vergogna la circolarità morale dei principi e dei fini. Non vi è, d’altronde, alcun fondamento morale che riponga la sua validità al di fuori della legge che lo valida. L’assiologia è una scienza circolare, alla ricerca di valori nuovi e alla scoperta di valori antichi. Il principio morale è un’aggiunta a qualsiasi sistema politico che cerca legittimazione: inizio e fine di ogni giustificazione. Il suo essere prova e corollario a cui una teoria politica si aggrappa, non la legittima, né, tantomeno, ne prova la validità su di un piano morale. Gli aforismi sono un walzer nobile nella sala da ballo più tempestosa, fatto di passi scorretti e di sgambetti – così da piombare giù per l’avventura del mondo.
Non vi è altro a fondazione del pensiero, non esiste sistema rigido e solido che sorregga la filosofia: il pensiero è Ungrund, uroboro circolare. La fondazione di un pensiero è una non fondazione, è una mancanza; la base della conoscenza è una palafitta che galleggia sul nulla, poiché la ragione si solidifica solo su cause irragionevoli — il sì, la dura roccia dell’opinione personale. La vicinanza teorica con Cioran e Wittgenstein non diventa amicizia, poiché resta un oceano di divergenze a separarli. Il colombiano è un sedentario della filosofia, alla ricerca audace dei luoghi comuni abbandonati lungo il percorso del valore e della tradizione.
«Il pensiero è illimitato in entrambe le direzioni: non giunge a conclusioni ultime né a princìpi primi».
Nicolas Gómez Dávila, Escolios a un texto implicito I
Gómez Dávila è un agricoltore del pensiero e latifondiario di concetti pregiati, catturato nel ricordo di un’infanzia bucolica fatta di prati incontaminati e innamorato di un linguaggio classico, piano, letterario. L’odio verso la civilizzazione industriale, che imbruttisce e inquina, e il capitalismo liberale si annodano alla critica del socialismo e della logica progressista, all’affondo violento contro la schiavitù moderna del lavoro e la dipendenza tecnologica dell’essere umano. La filosofia non deve che sostare un istante nei pressi di un’idea, per poi potersi rivolgere al livello dei problemi del pensiero.
Un senatore che raccomanda la vita contadina, rurale, oziosa, lontana dalla furia tecnica delle accademie e dall’indottrinamento dell’educazione, distante dal rumore moderno e dal chiasso delle discariche elettorali. Impartendo lezioni reazionarie, Gómez Dávila disegna un ecologismo contro-moderno – al di là della iper-tecnicizzazione degli strumenti umani.
Asfissiato dalla bruttezza dell’urbanismo e dal paesaggio tecnico delle città moderne, con le sue idee non formulate, vive solo nella discontinuità della ragione, slegate dalla logica sistematica, egli accusa l’essere umano sociale. L’ambiente naturale è dipinto in un’atmosfera bucolica, autentica e pre-moderna, liberata dalle catene delle invenzioni e dalla sottomissione all’ordine invisibile della società – rimedio e medicinale contro la malattia dell’urbe.
Un manierista delle letterature comparate e della «intelligenza letteraria» che, con il rigore e la disciplina di un tribuno romano, restituisce una gerarchia estetica alle lettere – e alla storia delle lettere. Il principe dell’historismo riporta al loro rango valoriale le letterature: francesi, spagnole, inglesi e germaniche. Come la letteratura di Dostoevskij, la filosofia di Gómez Dávila è un anelito extra-ordinario per la solitudine – effetto maldestro dell’intelligenza.
«L’individuo di sinistra ovviamente si rifiuta di capire che le conclusioni del pensiero borghese sono i princìpi del pensiero di sinistra».
Nicolas Gómez Dávila, Escolios a un texto implícito. Nuevos e Sucesivos
La guerra all’idiota che dice menzogne per abitudine, all’imbecille della morale, al babbeo – inabili a formulare un pensiero, catturati da un sovra-discorso, soggiogati da una propaganda assolutista – rappresentano il discrimine che separa Gómez Dávila dal resto della filosofia del XX secolo. Un bagno salutare per la filosofia e per l’intelligenza: immergersi lontano dalle atrofie teoriche, schivando le idiozie e le cretinate pronunciate in favore di un pubblico ebete. Osservare il lavoro dell’artigiano del pensiero, che con gesti distinti e attenti scardina le parole e ricompone le proposizioni; intrecciando i pensieri uno a uno, separando i concetti minuziosamente.
Testi abissalmente distanti dalla manifattura e dalle industrie dei testi, la traduzione dell’opera omnia curata da Loris Pasinato ed edita da GOG è lontana dalla scrittura agile sine ira et studio; è il punto di inizio, non di fine, della rielaborazione critica di una filosofia neonata. La notazione di Gómez Dávila è l’assunto nostalgico dello scrivere per minuti capi. L’andare assorto e pensieroso tra i luoghi infestati del linguaggio e della cultura, che la filosofia attuale detesta – troppo presa dalle analisi a orologio sui temi del momento. Le scuole di filosofia incanutite e raggrinzite, incurvate in dipartimenti che sventrano l’amore e la passione sottomettendole alla rigidità e all’abnegazione, sono state trasformate in macchine per soddisfare un pubblico. Che geme e fa di tutto pur di essere accettato tra i rappresentanti, pur di essere accolto nella compagine filosofica che scandisce le regole di ingaggio e i gioghi del discorso filosofico. Ogni pubblico ambisce a trasformarsi in osservato, in creatore di contenuti per un pubblico.
Come una tempesta fa con gli alberi caduchi, l’effetto collaterale, percepito, della filosofia rigorosa è di abbattere ogni modismo – o accoglierlo, ma tuttalpiù per ribaltarlo, come l’Adorno dei Minima Moralia. Oltre il recinto linguistico in cui si riparano le scuole filosofiche, troviamo la metafora, che «illumina, ma non dimostra». La metafora è l’arma più appuntita in mano al filosofo per combattere l’esemplificazione del pensiero – perché «pretendere di provare attraverso confronti non è onesto». Costringere le idee sul patibolo del confronto è un atto di disonestà intellettuale e verso se stessi e verso l’altro. Se l’esempio è la palude per la brillantezza del discorso, la metafora è il diamante della scrittura breve, capace di gettare luce nei luoghi più bui, più profondi.
Il pensatore che argomenta per esempi è un calunniatore dello spirito che non prende sul serio il suo interlocutore. L’esemplificazione rimane una pratica buona per gli educatori, che si assumono superiori e incapaci di comunicare con un linguaggio comune, che parli in una maniera pregna. Il dispositivo esemplificatorio getta discordia nel dialogo e assurge una delle due parti su di un predellino – ma che cosa vede da là? un mondo provato? una prova dimostrata del mondo? La disonestà dell’affabulatore riposa in questo gesto scortese e miope: salire su un predellino chiamato esempio.
«Non bisogna costruire sillogismi sulle metafore, e neppure trattare come una metafora la conclusione di un sillogismo».
Nicolas Gómez Dávila, Escolios a un texto implícito. Nuevos e Sucesivos
Sul terreno teorico e assiologico, dove i pregiudizi non sono che esperienze accumulate – sventrando la filosofia trascendentale e l’apriori kantiano e trasformando le fondamenta della conoscenza e della morale in un a posteriori –, la comunanza di vigore e di forza con Nietzsche, il convitato di pietra, emerge nell’approccio metaforico al mondo esterno. L’albero non è che una metafora di un albero, poiché è insulso affermare solo ‘albero’. Le parole che sono state imprestate e il dover essere che imponiamo al mondo, sono strumenti di una filosofia sterile e moderna. Laddove Nietzsche e Gómez Dávila sono indovini e auguri che rimestano le membra del linguaggio della morale, e aprono il tempo della contemporaneità. Un’epoca della filosofia, quella contemporanea, che sta tramontando nella guerra dell’occidente, nell’occidente.
«Cacciatore di ombre sacre sulle colline eterne»,il reazionario geme di fronte all’imputridirsi della politica, di fronte allo schifo della modernità e alla spazzatura prodotta dall’urbanesimo. Ma che cos’è reazionario? Ciò che è contrario ai limiti del soggetto, che sopravvive nell’onestà inter salus. Il disgusto trasvaluta, con talento e destrezza, il valore politico della filosofia historista, finendo per aborrire i risultati nefasti della democrazia – forse solo più salvabile dal liberale –, e sancendo un teorema: conservatorismo = decenza.
«Il pensiero reazionario irrompe nella storia come grido ammonitorio della libertà concreta, come spasmo d’angoscia di fronte al dispotismo illimitato a cui giunge chi si ubriaca della libertà astratta».
Nicolas Gómez Dávila, Escolios a un texto implícito. Nuevos e Sucesivos
La vita è una lotta contro il mondo. Arroccati in una hacienda, nell’oscurità dei prati, nelle roccaforti della nostre biblioteche – ecco, là possiamo resistere all’assedio delle idee e delle informazioni. Con una mite violenza linguistica e armati di scetticismo, possiamo reagire e rompere ogni recinzione del pensiero che promette in un futuro di comportarsi altrimenti, che promette libertà – possiamo «strangolare gli idoli». Solo nel tedio e nell’insolenza della filosofia possiamo conquistare la libertà che meritiamo.