Monadologia dell’Unione Europea

L'identità di una realtà politica spesso non è ciò che sta alla luce, ma quello che permane nel silenzio, ciò che si nasconde o che è nascosto. Per questo l'astensionismo delle recenti elezioni ha molto da mostrare sulla particolarità dell'Unione Europea e sul funzionamento della politica internazionale in Occidente. Con uno sguardo a Leibniz.

Ipnosi e depauperamento

Ridurre il fenomeno delle elezioni americane ad un tentativo decostruttivo dei moventi psicosociali - deducibili dalle parole ben calibrate dei candidati - è l’inizio di un romanzo giallo sulle metodologie del potere. Onde discostarci da tale prospettiva, dovremmo accostarci al riscoprire alcune strutture su cui soggiace il partito Repubblicano. Quali sono i fondamenti di riferimento della struttura filosofica repubblicana, o almeno alcuni di essi? Forse prima ancora conviene partire da un obiettivo che accomuna le parti repubblicane e democratiche: la perpetrazione del potere e il depauperamento ideologico.

Il Deep State non si nasconde più

Un Joe Biden al tramonto lascia la corsa per la Casa Bianca. Il re è nudo, ma a prescindere da chi porti la corona lo Stato profondo continua ad esistere e a resistere. Ormai alla luce del sole. Contemporaneamente i repubblicani chiedono a gran voce una presidenza “imperiale”, slegata dai vincoli, formali ed informali, che hanno finito per soffocare la ribellione populista del 2016.

La peggior era di governo dal dopoguerra

L'insediamento di Keir Starmer a Downing Street è stato il "Portillo moment" che tutti si aspettavano. I tories chiudono una stagione di fallimenti e ora sono chiamati a scegliere la loro nuova guida: al momento papabili sono Kemi Badenoch, James Cleverly e Tom Tugendhat. Dall'altra parte i ringalluzziti labours hanno visto con così largo anticipo il successo che hanno evitato di essere programmaticamente dettagliati durante la campagna elettorale. Ma ora è il momento di decidere, possibilmente evitando di proseguire quella che lo storico Sir Anthony Seldon ha indicato essere il punto più basso (cominciato nel 2010) della leadership anglosassone dal 1945 ad oggi.

È tutta una questione di legge elettorale

Per la gioia di politologi e aspiranti tali, il voto parallelo nel Regno Unito e in Francia ha dimostrato la fondamentale importanza delle regole del gioco. Sta tutta qui la differenza fra stabilità e instabilità. Come Londra, anche Parigi si prepara ad ospitare un Primo Ministro di sinistra, tutto il contrario di quanto ci si aspettava fino a qualche giorno fa, quando Bardella già si sentiva a Hôtel Matignon, mentre adesso il nuovo inquilino andrà pescato fra i giovani rampanti del precario Nuovo Fronte Popolare.

Paura e delirio a Bruxelles

Alla vigilia dell'incontro che scioglierà i dubbi sui "top jobs" europei, i futuri gruppi parlamentari non potrebbero essere più divisi di così. A destra Meloni e il suo ECR si ritrovano a far da cerniera fra popolari ed estremisti (mentre Orban e AfD pensano alla formazione di gruppi autonomi più a destra di Le Pen). Dall'altra parte della barricata manca la fiducia fra socialisti e popolari, mentre i verdi non voteranno la leader uscente senza rassicurazioni sulle politiche green. Nel marasma la possibilità che i franchi tiratori impallinino la spitzenkandidat si fa sempre più concreta. E su cosa accadrebbe in tal caso vige la totale incertezza, ammantata da un velo neanche troppo sottile di paura.

Nella mente dell’astenuto

Le europee tenutesi lo scorso fine settimana segnano il nuovo record di astensione nazionale (49.3% i votanti). È il frutto della somma del fallimento della politica, e del successivo fallimento della contropolitica. Il sistema si mostra resiliente: assimila e neutralizza l’antisistema. La politica non approccia l’astenuto, anzi, mediamente festeggia la liquidazione del suo voto. L’astenuto non ha agency, col suo gesto non modifica lo status quo, anzi contribuisce alla propria invisibilità. Manda un solo messaggio, inascoltato: è un voto contro la democrazia, il sintomo plastico dei limiti dei regimi partecipativi di massa.

Prospettive di coabitazione

Il disastroso risultato di Emmanuel Macron alle Europee ha provocato lo scioglimento dell'Assemblea Nazionale francese e il conseguente ritorno alle urne. Si preannuncia così un periodo di coabitazione, storicamente occasione per logorare molto più gli uomini e le donne di governo che non la Presidenza della Repubblica. Chi avrà da perdere nei prossimi mesi, dunque, sarà Marine Le Pen, la quale dovrà giocarsi con intelligenza le proprie carte.

Berlusconi supera Salvini dall’aldilà

La Lega (fu Nord) di Salvini è uno dei grandi sconfitti di questa tornata elettorale europea. L’asticella non era alta in partenza, ma pochi si aspettavano che il leader del Carroccio venisse battuto dal partito di Berlusconi, scomparso proprio un anno fa. Salvini paga alle urne lo scotto di promesse non mantenute e molte incoerenze. Tuttavia, a livello nazionale, il centrodestra può dirsi in salute. Esulta il segretario Tajani, che ancora spera in un incarico europeo di primo piano.

Polvere di Cinque Stelle 

L'esito italiano delle elezioni europee ha fornito, fra gli altri, un responso netto: l’individuazione di quello che appare come il termine della parabola pentastellata. Dalle notti del primo trionfo all’obbligatoria autocritica per la débâcle, cercando di individuare responsabilità e rimedi, il passo è stato fin troppo breve. I campi larghi, in fondo, non sempre funzionano.

La sconfitta dell’asse

Macron e Scholz escono con le ossa rotte dalle europee. Il primo ha già chiamato elezioni parlamentari per poter imbrigliare i lepenisti, il secondo ancora non ha una ricetta per contenere l'avanzata conservatrice, che sembra un problema anche per Friedrich Merz. Alla loro sconfitta si accompagnerà un allontanamento dalle politiche belliche e green, anche qualora si andasse verso una sostanziale riconferma della maggioranza "Ursula". Ipotesi al momento più quotata, nonostante aleggi l'ombra di una Commissione "tecnica".

Nessuno tocchi gli astensionisti

Il dato che emerge dalle elezioni europee è un'affluenza da record negativo. La maggioranza assoluta (50,4%) degli aventi diritto ha scelto, con decisione o per lassismo, di disertare le urne. E già si scatena l'indignazione di chi alza il dito contro la trasversale assenza di responsabilità civica. Ma non votare è un diritto, oltre che un segnale per dire tanto quanto - se non di più - si farebbe votando.
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