Il grimaldello per scardinare la Siria

Il caos siriano rappresenta un’opportunità storica per Israele, che non ha alcun interesse a smettere di soffiare sul fuoco. I drusi, minoranza di rilievo nella società siriana, potrebbero rappresentare la chiave per il riconoscimento del Golan.

Il Ponte che riavvicina l’Italia

È necessario smetterla di trattare la questione del ponte sullo Stretto di Messina come una mera questione contabile. Il Ponte va fatto per restituire la Sicilia all’Italia, e l’Italia alla Sicilia. Sarà la chiave per sciogliere l’isolamento siciliano, rilanciando il Meridione, proiettando l’Italia tutta al centro del Mediterraneo.

Un’escalation teatrale

Nel pieno della crisi esplosa tra la fine di giugno e l’inizio di luglio 2025, Stati Uniti e Iran hanno inscenato una complessa e calibrata gestione di un'escalation, nella quale gli attori principali hanno mosso pedine militari e diplomatiche con straordinaria attenzione a non oltrepassare la soglia del conflitto aperto. A partire da un attacco simbolico contro un sito nucleare iraniano — già evacuato — ordinato da Donald Trump, fino alla risposta iraniana altrettanto contenuta contro una base americana sgombra, gli eventi suggeriscono una coreografia strategica dove la comunicazione indiretta, la deterrenza e il calcolo politico hanno avuto la meglio sull’improvvisazione bellica.

L’ordine mondiale in frantumi

Il delicatissimo scenario internazionale segna attualmente il declino dell’ordine mondiale che dal 1991, con la caduta dell’Unione Sovietica e la conseguente fine della Guerra fredda, ha determinato un lungo periodo di relativa stabilità dell’Occidente. Diversi sono i fronti di un’iniziale «guerra mondiale a pezzi», che, nel rispetto di un mondo sempre più globalizzato e interconnesso, progressivamente sta rivelando schieramenti e principali attori; in una portata così importante da poter essere considerata uno scontro di civiltà.

Crocevia Niger

Il Niger costringe l’Europa a guardarsi allo specchio. Il consueto discorso universalista dell’Illuminismo si svuota se non si traduce in sicurezza condivisa e riconoscimento di sovranità altrui. Se Bruxelles non rilegge Niamey come attore pienamente politico – e non più come posto di blocco desertico – il moto di Agadez continuerà a rifluire verso il Mediterraneo, accelerando una crisi di proiezione già in atto.

Cosa rimane della guerra fra Israele e Iran

Con la fine dello scontro diretto con l’Iran lo Stato ebraico vince l’ennesima battaglia ma rischia di perdere la guerra più lunga della sua breve esistenza. Con la cessazione delle ostilità entrambi i contendenti adesso possono prendersi una pausa per leccarsi le ferite, sistemare le proprie vulnerabilità e prepararsi al prossimo, inevitabile, conflitto.

Rapire un Dio

Tibet, 1995. All’età di sei anni Gedhun Choekyi Nyima viene riconosciuto come reincarnazione del Panchen Lama, figura di primaria importanza nel mondo tibetano e strettamente legata al Dalai lama. Il governo cinese, temendo di perdere controllo e legittimità, rapisce il bambino. A trent’anni da quel giorno, un intero popolo attende ancora il ritorno della sua guida spirituale.

Il teatro invisibile della guerra

Giugno 2025 ha segnato una nuova fase del confronto israelo-iraniano, caratterizzata non da una guerra tradizionale ma da una forma di conflitto sospesa, verticale, asimmetrica e fortemente tecnologica. Il campo di battaglia non è la terra, ma il cielo – e, sempre più, il cyberspazio e lo spazio dell’informazione. Droni, missili di precisione e operazioni di guerra elettronica sostituiscono le truppe; la deterrenza si manifesta non con invasioni ma con dimostrazioni psicologiche calibrate al millimetro.

Dopo l’Iran c’è la Turchia

Le recenti dichiarazioni di Erdogan testimoniano la chiara intenzione turca di non volersi limitare ad osservare dall’esterno gli scontri che stanno avvenendo nella regione mediorientale, ma di volersi inserire con prontezza nella diatriba, cercando di scongiurare un’ulteriore escalation e la conseguente distruzione della potenza iraniana.

L’importanza dello Stretto di Hormuz

Nel crocevia infuocato tra Teheran e Tel Aviv, lo Stretto di Hormuz assume un ruolo cruciale: leva simbolica e minaccia strategica, capace di ridefinire gli equilibri globali. Con l’ombra lunga del conflitto e il peso della diplomazia, Pechino si trova stretta tra dottrina e necessità. È qui che l’Iran scommette sul caos per guadagnare centralità, mentre il mondo assiste all’emergere di un nuovo asse di tensione planetaria.

Il controspionaggio come forma di dialogo

Oltre le alleanze ideologiche, Mosca e Pechino celebrano un matrimonio di necessità sotto il sipario multipolare. Tra brindisi e contro-spionaggio, costruiscono una diplomazia fatta di dissimulazione e calcolo. L’asse sino-russo non nasce dalla cieca fiducia, ma dall’equilibrio tra dipendenza e controllo. Non è da leggersi come una rottura che incombe, si tratta di una sfida: rendere stabile una cooperazione imperfetta.

L’escalation incontrollabile

La designazione da parte di Putin del governo ucraino come "terrorista" apre a nuovi scenari operativi e indebolisce le possibilità di negoziato. Parallelamente, gli Stati Uniti, apparentemente in fase di ridimensionamento in Europa, sono in realtà impegnati in una ricalibratura strategica contro la Cina. Il rischio di una crisi di fiducia tra potenze nucleari potrebbe minare l’equilibrio MAD e alimentare dinamiche tutt'altro che desiderabili.
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