Massima pressione nel Mar Rosso

Gli Stati Uniti hanno attaccato lo Yemen, causando perdite umane alla popolazione ed indebolendo strategicamente gli Houthi, così come l’Iran, che ora si trova sotto pressione sia nel Mar Rosso che nello spazio mediorientale, a causa della ripresa dei bombardamenti su Gaza.

L’incognita indonesiana

La quarta nazione più popolosa al mondo, con il 40% al di sotto dei 25 anni, che poco può ricordare del suo passato politico, ma che ha energia e tempo per sovvertire il proprio futuro. La più grande democrazia a prevalenza islamica. Uno snodo geopolitico di grande caratura, a cavallo tra Asia e Oceania. Qualcosa bolle in pentola.

La corsa alle miniere spaziali

La nuova febbre dell'oro si consumerà nello spazio, e la commistione di industria privata con fondi pubblici degli Stati Uniti non sembra oggi avere rivali degni di nota. Forte di investimenti miliardari e tecnologie all'avanguardia, l'estrazione mineraria spaziale potrebbe ridefinire completamente gli equilibri globali delle risorse strategiche, ponendo Washington in una posizione di vantaggio competitivo del tutto nuova. In questo scenario, Elon Musk emerge come figura cardine: tra le sue aziende come SpaceX e la rinnovata influenza politica egli potrebbe essere la chiave di volta per un nuovo predominio senza precedenti nel controllo delle risorse extraterrestri.

Motoseghe e bisturi

Intervenire sull’economia di un Paese, per di più complicato e in difficoltà come l’Argentina, può essere un intervento delicato. Ecco perché forse occorrerebbe usare il bisturi invece della motosega. Milei alla prova della sua credibilità.

L'editoriale

di Sebastiano Caputo

Finalmente anche noi siamo entrati nella “cognitive warfare”

La storia, la conosciamo più o meno tutti quanti e la pellicola interpretata da Claudio Santamaria, Sonia Bergamasco e Anna Ferzetti, inquadra egregiamente i ventotto giorni precedenti i tragici eventi del 4 marzo del 2005, quando Nicola Calipari, Alto Dirigente del SISMI, sacrificò la propria vita per salvare quella della giornalista de “Il Manifesto” Giuliana Sgrena, rapita in Iraq da una cellula terroristica. E lo fa, con coraggio, senza fare sconti agli alleati americani. Ma ciò che conta, al di là di quello che sarà l’esito al botteghino, è il fatto che finalmente l’intelligence italiana ha fatto il suo ingresso nella “cognitive warfare”, cioè la guerra cognitiva. In sala, sulle piattaforme ma soprattutto nella testa delle nuove generazioni.  Meno di un anno fa, sempre su queste colonne analogico-digitali, scrivevamo “Intelligence chiama Mamma Rai”. Più che un dispaccio era un invito a ragionare come i nostri alleati e/o competitor che negli ultimi anni hanno prodotto e realizzato dei capolavori seriali: da Homeland a The Spy, da Fauda a Le Bureau des Légendes, da Teheran a Slow Horses. E dunque, rendere visibile ciò che invece dovrebbe rimanere invisibile. Ma del resto esistono, in questa nuova frontiera della comunicazione, gli artifici della scrittura per depistare, dissimulare, dissolvere fatti realmente accaduti o persone realmente esistite. E a volte e ciò che si rivela più potente sul piano dell’immaginario. Non a caso ne “Il Nibbio” la scena più intrigante è quella che vede a un certo punto l’agente operativo italiano sul posto a Baghdad mentre mentre aggiusta automobili parlando in arabo con gli iracheni per poi parlare al telefono in napoletano dentro l’officina con i vertici dei servizi segreti a Roma.  Di storie italiane di spionaggio, oltre a quella eroica di Nicola Calipari, ce ne sarebbero diverse da raccontare degli utlimi decenni Da quella di Amedeo Guillet, nostro Lawrence d’Arabia (e d’Africa) fino a quella del Colonnello Stefano Giovannone, enigmatico protagonista che fu al centro della diplomazia parallela negli anni Settanta, incaricato di gestire il delicato equilibrio tra l’Italia, l’OLP e Israele, nonché epicentro delLodo Moro (l’accordo segreto che evitò attentati in Italia).
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Solo Varsavia riarma davvero l’Ucraina

Gli squilli dell'istrionico Presidente americano hanno riportato in auge quella “paura dell’abbandono”, che spesso s’è manifestata in alcuni Paesi europei. Dopo gli insuccessi relativi alle “forze di reazione” varie, piuttosto che il disastro delle politiche verdi sull’industria dell’automobile e il naufragio politico socio-ambientale, con grande isterismo e capriccio è giunta l’ora del cinismo per raccattare qualche consenso da parte di un’istituzione sempre più precaria e smarrita.

L’era delle crisi senza confini

La "Relazione annuale sulla politica dell’informazione per la sicurezza 2025" è stata presentata al Parlamento dal prefetto Vittorio Rizzi. Il documento analizza uno scenario globale segnato da instabilità, incertezza e competizione, con particolare attenzione ai conflitti in Ucraina e Medio Oriente. La sicurezza nazionale richiede un approccio strategico, tra protezione degli asset e contrasto alle minacce ibride.

La denuncia di un cadavere 

La cultura, un tempo pilastro del pensiero critico, oggi si dissolve nell’immediatezza digitale. Nell’era dell’analfabetismo funzionale e della superficialità, la conoscenza è ridotta a intrattenimento, il sapere a merce. Social network e intelligenza artificiale plasmano menti passive, mentre il pensiero profondo è relegato all’oblio. La ricerca è sterile, l’istruzione annacquata, la riflessione sostituita dall’indignazione. E così, senza clamore, si celebra il funerale della cultura, vittima silenziosa del suo tempo.

Interviste

a cura di Francesco Subiaco

«Persino Fukushima non ha provocato morti, né sostanziali conseguenze ambientali».  Il futuro nucleare secondo Stefano Buono

In questa fase di incertezze sulle questioni strategiche, energetiche e ambientali, si sta risvegliando anche in Italia, dopo anni di silenzi e omissioni, la consapevolezza dell'importanza e delle opportunità portate dal nucleare. Una fonte energetica che, seppur vittima (specie nel nostro Paese) di narrazioni disfattiste e apocalittiche, in questi anni sta dimostrando tutta la sua ecletticità e importanza. Dal campo medico a quello industriale, passando per le dialettiche internazionali il nucleare di nuova generazione si fa portatore di dirompenti cambi di paradigma. Un "nuovo rinascimento nucleare" in cui stanno cercando un ruolo tanto l'Italia di Meloni, quanto le monarchie del Golfo e le istituzioni europee. E, parlando di tali trasformazioni e evoluzioni neorinascimentali, non si può non parlare di una figura di primo piano del panorama nucleare come Stefano Buono, già amministratore di AAA e attualmente amministratore di Newcleo. Avellinese, 59 anni, formatosi a Torino, laureato in fisica, con una marcata passione per la letteratura di fantascienza e la barca a vela, nella sua carriera ha sempre conciliato capacità imprenditoriali e vocazione scientifica alla ricerca, l'attività di ricercatore e scienziato e quella di manager e imprenditore. Tra ricercatori come il premio Nobel Carlo Rubbia e i protagonisti del panorama economico-istitizionale. Una capacità che lo ha collocato in un ruolo di primo piano in questa rivoluzione del nucleare prima con la sua AAA,  una società radiofarmaceutica che sviluppa, produce e commercializza prodotti diagnostici e terapeutici di medicina nucleare molecolare fondata nel 2002 e acquisito da Novartis per 3,9 miliardi di dollari nel 2018 e poi con la sua Newcleo, una startup attiva nella progettazione di piccoli reattori nucleari, che sfrutta gli scarti di altri reattori per alimentarsi.  Uomo di estrema calma e equanimità, sin dal nostro incontro si presenta come una persona affabile e determinata, sereno e paziente, ma di una curiosità smodata. Ama capire il perché delle cose (fin da ragazzo), ma sa soprattutto come valorizzarle. Abbiamo intervistato Stefano Buono per parlare delle nuove prospettive del nucleare di ultima generazione e i nodi del suo visionario percorso imprenditoriale e scientifico. -Dopo la scelta referendaria di un superamento del nucleare, l'Italia sulla scia di grandi potenze europee, come in primis la Francia, sta seguendo la strada di una svolta energetica. Che prospettive ci sono per il nucleare di ultima generazione? Direi che ci troviamo di fronte ad uno scenario confortante perché l'Italia vuole riprendere, sviluppare e valorizzare le enormi potenzialità del nucleare. Newcleo, in questo quadro, vuole mostrare le grandi potenzialità e possibilità che questa fonte di energia può dare. Delle potenzialità che fanno si che il nucleare sia una fonte energetica un milione di volte più concentrata di qualsiasi energia chimica oltre che ad essere un tipo di fonte che non ha nessun impatto sull'ambiente. -Un compito ambizioso... Si sembra molto ambizioso, ma fa parte del nostro DNA (e quando dico nostro intendo di tutto quel mondo che ruota attorno al nucleare).  -Come raggiungerete questo obiettivo?  Combinando tecnologie già validate in passato e inserendole in un nuovo modello industriale che valorizza proprio queste qualità e queste caratteristiche di sostenibilità, circolarità, efficienza.  -E sicurezza... Certamente. Il nucleare è una forma di energia molto sicura aldilà di vecchi stereotipi e pregiudizi. Del resto, il nucleare era estremamente sicuro anche in passato, ma oggi lo è sicuramente ancora di più dato che le nuove tecnologie eliminano completamente il rischio di incidenti come quelli avvenuti in passato. Un concetto di sicurezza intrinseca e passiva che è possibile applicare ad un nuovo approccio al nucleare che possa conciliare sicurezza, sostenibilità e sviluppo.  -E per quanto riguarda il tema delle scorie e dei rifiuti? Certamente un aspetto che spaventava e spaventa le opinioni pubbliche sono i cosiddetti "rifiuti radioattivi". Ciò è dovuto probabilmente al fatto che c'è stata molta disinformazione anche da questo punto di vista.  Però in realtà si tratta di un "non problema" in quanto noi non consideriamo che il nostro ciclo produttivo generi dei "rifiuti". Primo perché ricicleremo continuamente il combustibile nucleare che utilizzeremo. Secondo perché quello che rimarrà è una quantità di materia che oltre ad essere estremamente piccola (una città come Roma ne produrrebbe meno di un metro cubo l’anno se fosse alimentata dai nostri reattori) è anche valorizzabile. Io, ad esempio, ho lavorato per 15 anni utilizzando la radioattività per fare diagnosi e terapie contro i tumori, quindi posso confermarvi che questi prodotti quando sono ancora radioattivi possono creare valore ed essere riutilizzati, specie in ambito medico. Su questo tema ci sono, poi, altre frontiere come quella di creare delle batterie nucleari. La materia prodotta dalle centrali nucleari che rimane radioattiva può fornire ancora energia dopo il suo utilizzo principale e ci sono modi di veicolare questa energia dentro delle batterie. Allo stesso tempo alla fine quando tali "residui" perdono la loro radioattività essi rimangono una materia valorizzabile, molto valorizzabile in vari ambiti. Questa nuova visione del nucleare, estremamente circolare, è, quindi, una visione totalmente realistica e sostenibile che bisogna avere il coraggio di affrontare dal punto di vista industriale. Anche perché entrando in una dinamica di questo tipo si possono abbattere i costi dell'energia in modo da renderci indipendenti, almeno come sistema Europa, da altre fonti di energia fossili. Quindi c'è troppo valore - in questo momento - attaccato al nucleare per ignorarlo ed è responsabilità della vostra generazione (quella dei giovani) di valorizzarlo. La nostra generazione, purtroppo, è ed è stata molto influenzata dalla narrativa del passato e solo a partire dalle nuove generazioni che si può ancora sperare in un futuro diverso. -Secondo lei anche nel nostro paese si sta imparando a guardare avanti e a pensare la questione energetica in maniera prioritaria?   Sì, e ciò è dettato credo dalle dirompenti evoluzioni dello scenario internazionale e dalle sfide geopolitiche e di sicurezza sorte negli ultimi 3 anni. Tre anni fa, infatti, l'unico problema era di risolvere la decarbonizzazione mentre con la guerra in Ucraina le nostre priorità strategiche e sistemiche sono cambiate.  Oggi abbiamo bisogno di indipendenza energetica, specie con la crisi dei prezzi legata alla guerra. Si è sentito, del resto, il bisogno di promuovere la competitività europea e in special modo quella dell'industria europea che ha bisogno di elettricità a basso costo e che non dipenda da altri stati. I fattori strategici e geopolitici quindi sono stati, a mio avviso, gli elementi determinanti che stanno portando anche l'Italia a considerare questa opzione. Roma, Dicembre 2024. XXII Martedì di Dissipatio -Come valuta l'annuncio della firma del memorandum di cooperazione strategica per esplorare l'uso del reattore veloce e raffreddato a piombo, il LFR (Lead-cooled Fast Reactor) di newcleo e ENEC? L'ENEC è una società di Stato che in dieci anni ha portato il nucleare da 0 a 4 reattori che rappresentano il 25% della produzione elettrica negli Emirati Arabi. È, quindi, un grande risultato il fatto che si è creato un rapporto di collaborazione tra newcleo ed Enec che ha generato un'interesse reciproco per una cooperazione e un'accelerazione per quanto riguarda lo sviluppo del nucleare non solo tra le nostre due aziende, ma soprattutto tra i nostri due paesi. Noi, del resto, abbiamo una tecnologia europea che può essere adesso utilizzata anche negli Emirati che può contribuire a decarbonizzare altri settori dell'industria. Si tratta indubbiamente di un fattore positivo in quanto non solo c'è bisogno di elettricità a basso costo, ma c'è bisogno anche di cicli combinati di elettricità e calore di cui l'industria energetica ha bisogno. E a questi fini i piccoli reattori nucleari svolgono una funzione fondamentale che diventa quasi unica rispetto al nucleare tradizionale. -È dal 1994 che insegue il sogno di un nucleare pulito, sicuro e riciclabile e dal 2021 con Newcleo ha sviluppato e concretizzato questo obiettivo in un contesto pieno di disfattismi come quello italiano. Cosa l'ha portata a seguire questo progetto e quale prospettive avete per esso?  Da un punto di vista personale credo che sia stata la consapevolezza che questo progetto potesse creare un cambiamento, un impatto serio che mi aveva trasmesso essenzialmente quasi il dovere di farlo. Nel 2018 quando ho venduto la mia azienda, AAA, ho avvertito mia moglie che ci sarebbero stati anni molto più complessi di quelli che avevamo lasciato alle spalle perché questa non era solo una sfida molto importante per me, ma era una sfida che dovevamo prendere assieme come famiglia e sono fortunato del fatto che non abbiamo avuto nessun dubbio nell'intraprendere questo percorso. Soprattutto alla luce dell'impatto che avrebbe generato. -Quali sono stati i momenti chiave del suo percorso che l'hanno portata a raggiungere obiettivi per la sua azienda e per lei e soprattutto anche per il nostro panorama energetico nazionale? Sicuramente mi ha aiutato il mio dualismo di essere uno scienziato, ma anche un imprenditore. Un aspetto assolutamente fondamentale nel mio percorso. Questo dualismo, infatti, mi ha permesso di conquistare la fiducia delle persone con cui collaboravo, degli investitori nel sostenere finanziariamente questo itinerario un po' particolare che passa per l'investimento dei privati, ma anche nel maturare un rapporto di fiducia con le istituzioni. La fiducia, del resto, è qualcosa che non si può creare da un giorno all'altro e bisogna conquistarla anno per anno e quindi è stato fondamentale in questo percorso il mio approccio al business e al lavoro, alla vita. Con questa duplice lente, ma soprattutto con una coerenza di fondo che non è mai venuta meno.  -In un'intervista ha detto "ho sempre voluto cambiare il mondo, questa volta forse ci riesco". Dottor Buono, oggi quali sono le innovazioni portate dai suoi reattori che potrebbero favorire un vero cambiamento nella nostra società e nel nostro paese oltre che per i destini europei? L'utilizzo del nucleare in questa prospettiva circolare apre al mondo una fonte di energia potenzialmente infinita. Qualcuno si è divertito a calcolare quanta energia potenziale c'è nell'atomo, e nella materia fissionabile presente nella crosta terrestre. Secondo questi calcoli le nostre fonti nucleari disponibili se utilizzate tutte farebbero continuare la nostra civiltà anche oltre alla morte del sole. Si tratta quindi di cercare di produrre tanta energia e di portarla nei settori dell'industria, specie in quelli in cui pesano di più le dipendenze dalle fonti fossili. Per esempio abbiamo una splendida collaborazione sul trasporto marittimo con Fincantieri; sui combustibili sostenibili e verdi con Maire e Tecnimont; poi c'è addirittura questa visione - un po' più a lungo termine - che passa attraverso l'utilizzo e lo sviluppo di nuovi medicinali da residui di materia radioattiva (e addirittura di batterie per telefonini) per esoscheletri, per applicazioni mediche. Quindi c'è veramente un mondo che si apre e si può aprire ancora di più. Se si cambia la narrativa sul nucleare e finalmente si mette da parte la paura nei confronti di questa fonte energetica raggiungeremo la consapevolezza che ci permetterà di sfruttare al meglio le grandi potenzialità del nucleare. -Visto che Newcleo si è affacciata in maniera pionieristica al mondo istituzionale e con esso ha  creato un rapporto di fiducia forte come dimostrano i recenti successi, che tipo di processo di avvicinamento è stato quello col mondo delle istituzioni? È stato un processo lungo perché c'erano diverse correnti (anche un po' contrarie) sul piano istituzionale. Ma col tempo abbiamo visto numerose aperture. Con Fincantieri per fortuna l'approccio è stato più semplice, ma comunque ha preso del tempo perché abbiamo lavorato su un progetto assieme per un anno e mezzo - assieme a  RINA - e dalla maturità di questo lavoro poi è scaturito un desiderio di accelerazione per rendere molto più concreto questo studio preliminare che abbiamo svolto. Ho notato che la consapevolezza che nasce dalla conoscenza permette di avere dei veri ripensamenti sul nucleare. Non si conosce, infatti, il potenziale dell'energia nucleare e abbiamo impiegato un po' di tempo per spiegarlo alle istituzioni e ai nostri partner. Ma nel momento in cui lo capiscono ne sono colpiti. Saipem che sta sviluppando con noi una piattaforma galleggiante dove mettere dei reattori nucleari man mano che si sviluppava il progetto ne è diventata ancora più entusiasta di noi; la stessa cosa è avvenuta con Maire Tecnimont e Fincantieri. Quando si scoprono le vere opportunità del nucleare, quindi, non solo si cambia atteggiamento su di esso, ma si comprende quanto sia essenziale e urgente svilupparne le potenzialità e possibilità. C'è, del resto, veramente una distanza eccessiva tra la conoscenza delle tecnologie e delle sue potenzialità, e la capacità di applicarle. Stiamo facendo, infatti, un lavoro di recupero sul terreno industriale rispetto ad una tecnologia che è stata essenzialmente abbandonata tanto mentalmente quanto fisicamente da decine di anni, ma che presenta opportunità straordinarie.  -In molti dicono che in questa fase viviamo una sorta di "rinascimento nucleare". Oggi Newcleo che ruolo vuole avere in questa stagione neorinascimentale? Il ruolo che ha avuto Firenze e l'Italia nel Rinascimento, cioè promuoverlo e diventare un esempio nel mondo.  -La formula di Rinascimento nucleare a molti non piace perché era già stata usata prima dell'incidente di Fukushima. Però anche su questo evento ha molto gravato una certa disinformazione ... Certamente, persino l'incidente di Fukushima ha dimostrato che anche un vecchio reattore che si doveva chiudere dopo sei mesi in realtà non ha creato nessun morto a causa dell'incidente nucleare e nessuna conseguenza sostanziale sull'ambiente. Ed è un fatto veramente oggettivo - e chiunque approfondisca lo può capire - che più che gli effetti del nucleare ha pesato la narrativa negativa su questo incidente. Basti pensare che c'è, in questo momento, meno radioattività in tutto il territorio attorno alla centrale di Fukushima che a Roma... -Da giovane ha sempre avuto un grande spirito di iniziativa e una forte curiosità, come forte è sempre stata la passione per il mare e per l'inesplorato. Quanto questi caratteri la hanno formata e portata a diventare la persona che è? E quanto delle lezioni delle sue esperienze giovanili (dalla vendita dei libri scolastici al negozio di attrezzature da sub a Ginevra) ha portato in newcleo? Il 100%. Ed anche la mia esperienza con Carlo Rubbia è stata molto importante. Per me, non è, infatti, importante la dimensione dell'obiettivo, ma la forza e l'energia che ci metti nel farlo. E dato che la dimensione degli obiettivi non conta ho sempre cercato di realizzare obiettivi molto ambiziosi visto che lo sforzo per raggiungerli è molto simile a quelli più modesti. Questa è un po' stata la mia filosofia che ho sviluppato in questi anni a partire da quando ero giovanissimo e che è maturata in quelle esperienze.  -Con Dissipatio ci focalizziamo molto sulla costruzione di immaginari in un contesto in cui appunto si fa fatica a ricostruire o a reimmaginare letteralmente dei miti e una mitologia. Qual è il suo immaginario? Sono un po' eclettico, però durante tutto il liceo leggevo un romanzo di fantascienza al giorno. Praticamente tutta la collana di Urania. Uno al giorno perché sono sempre stato un po' un divoratore di libri, anche perché se comincio a leggere un libro lo devo finire entro poche ore o qualche giorno. Purtroppo con la vita che faccio devo tenere i libri sullo scaffale molto spesso. Ma per fortuna c'è la forza della curiosità. È la curiosità che guida tutto, che ci dà il coraggio di sognare e di iniziare, e per fortuna sono sempre stato molto curioso. E ovviamente c'è stata la curiosità del ricercatore e dello scienziato alla base di tutto il mio percorso. -Le vorrei quindi chiedere in questo momento invece quanto dell'esperienza di AAA è in newcleo e quanto di quei concetti e di quelle ambizioni sono rimaste nei suoi progetti e nei suoi orizzonti?  Mi sembra, metodologicamente che Newcleo sia una sorta di clone di AAA. Ho cercato di portare quell'esperienza, quel metodo, quella governance in newcleo. Dall'idea di un'azienda che diventa un'azienda public, in cui tutti i lavoratori diventano azionisti e sono parte dell'azienda, all'allineamento di interessi in cui ci sono tantissimi soci e specialmente soci-lavoratori, che partecipano a questa avventura. C'è poi la visione di voler avere un impatto, di cambiare la vita delle persone. Ora non si salvano più vite come in AAA, ma sicuramente abbiamo continuato a cercare di creare un cambiamento nella vita di tutti i giorni (se si abbassano le bollette, se si offre l'indipendenza energetica e se si aiuta l'economia e il pianeta), credo che questo sia appunto un orizzonte fondamentale. Forse il passaggio a newcleo però è stato più semplice anche perché dietro c'era l'esperienza che ho costruito con la AAA. Un'esperienza che tuttora mi guida e indirizza. -Come vede il futuro del Paese? Sa io sono un ottimista come del resto dovrebbe essere ogni imprenditore. Credo che oggi per il futuro del Paese sia necessario avere il coraggio di investire e valorizzarne le capacità e risorse.  Bisogna non abbandonare l'Italia  el’Italia e continuare a investire, perché senza investimento non c'è futuro e quindi bisogna continuare a crederci e a impegnarsi a questo fine. Sarebbe bello che un po' del patrimonio culturale accumulato da noi italiani nel tempo oggi venga impiegato nell'innovazione e nel rilanciare questa era dell'innovazione. Mi stupisce, del resto, vedere come la capacità che abbiamo avuto di innovarci e di tirare fuori prodotti meravigliosi si siano sviluppate, malgrado il piccolo investimento che abbiamo fatto nella ricerca. Mi immagino solo quale sarebbe il potenziale dell'Italia se avessimo più opportunità di esprimere questi valori con una leva finanziaria più importante. Per questo mi auguro che le ambizioni del nostro Paese e dei nostri giovani innovatori siano assecondate da soldi privati, pubblici, da una politica di rilancio più forte.  -Quali sono state le persone che hanno creduto in lei, che l'hanno aiutata e l'hanno formata in questi anni? Le persone che hanno veramente scommesso e puntato sul suo sogno? Rubbia mi ha aiutato moltissimo, forse anche per il suo carattere turbolento, a formare un carattere molto resiliente e focalizzato sugli obiettivi. Obiettivi sempre ambiziosi, perché anche i suoi erano incredibilmente ambiziosi, quindi mi ha aiutato ad avere questo coraggio. Poi onestamente tutte le persone che lavorano con me le sento molto vicine, sento di avere dei team, non di avere dei dipendenti, ovviamente. E questo mi ha permesso di creare con loro un rapporto incredibile.  -Come gestisce lei la tensione? Quale tensione? Non la conosco, non conosco il termine. È buffo, ma qualche giorno fa qualcuno mi ha fatto notare che mio padre era la persona più calma della terra. Purtroppo non lo vedo da più di dieci anni, perché è passato a miglior vita, ma mi sono rivisto incredibilmente molto nel suo atteggiamento serafico. Addirittura cerco di camminare un'oretta al giorno per andare a lavoro. La serenità, affrontare i problemi con calma ed equilibrio è veramente fondamentale, un po' come andare in barca a vela durante una tempesta. Cosa serve agitarsi? Non serve, bisogna avere la mente sempre lucida e la calma, aiuta moltissimo. -Lei va in barca a vela? Sì, molto. La mia barca sta facendo il giro del mondo, ho cominciato con il covid, con cui mi sono spostato con tutta la famiglia fino a Tahiti e adesso pian pianino la riporto indietro a tappe da qualche anno.  -Quindi la vela ha avuto sicuramente un forte impatto nella sua vita?  La barca a vela è davvero un po' la metafora dell'azienda. Perché ti insegna a avere una meta, che puoi raggiungerla molto semplicemente a volte o con grandi difficoltà a seconda del tempo, ma con l'obiettivo di arrivarci sempre. E così anche un'azienda potrà attraversare le difficoltà con la calma di sapere che arriveranno le tempeste ma che potranno essere superate. Inoltre la barca a vela ti insegna ad avere rispetto del tuo "equipaggio", del team con cui attraversi questa straordinaria avventura che è il mare e l'impresa. E ciò è fondamentale. 
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Interviste

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«Persino Fukushima non ha provocato morti, né sostanziali conseguenze ambientali».  Il futuro nucleare secondo Stefano Buono

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«Stiamo realizzando la via italiana all’IA». Intervista a Nicola Grandis sulla sua ASC27 e sull’IA Vitruvian

«Vitruvian non è neanche la versione piccola dei modelli altrui, non è il Chat GPT italiano. È un progetto per portare l'IA effettivamente dove serve, cioè nei processi business, di organizzazioni, imprese, pubbliche amministrazioni, però in una modalità e una scala praticabili. Oggi di generative IA nelle aziende quasi non ce n’è. Ecco, Vitruvian e vuole iniziare a posizionare l'Italia anche come un utilizzatore dell'IA.»
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«Viviamo in una fase della nostra storia in cui l’ansia e l’angoscia (e il loro uso strumentale) non sono mai stati così pervasivi.» Rob Riemen e la necessità di un neoumanesimo

«Nel XXI secolo, con l'avanzare delle crisi economiche, ecologiche, sociali e politiche, con la pandemia, con i fascismi, la paura è tornata. Capire, spiegare e indagare questa paura è fondamentale per capire il nostro tempo. Per tali ragioni credo che siamo in una nuova "Age of anxiety".»
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«Il predominio assoluto dell’oggi e il predominio assoluto dell’io ci impediscono di riconoscere maestri, di essere eredi e di avere eredi»: Intervista a Marcello Veneziani

«Siamo da tempo in fuga dalla memoria storica, consideriamo il nostro tempo come assoluto e dunque come tale non collegato al passato e all’avvenire, ma interamente risolto nel presente.»
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«La marcia su Roma fu un evento gigantesco, percepito dagli italiani più come colpo di Stato che come rivoluzione.» Il mito fondativo fascista secondo Didier Musiedlak

«L'avvenimento fu ampiamente ripensato dal fascismo divenuto regime, che si incaricò di magnificare la marcia a posteriori a partire dalle novità generate come all'origine di un'autentica rivoluzione. А questo proposito, il regime seppe dar vita a un immaginario eccezionale e a un'iconografia rivoluzionaria, che gli permise di fondare la propria legittimità per mezzo della marcia.»
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Rodrigo Duterte e l’ombra lunga della sua guerra

Le carceri nelle Filippine sono al collasso. Con il suo insediamento presidenziale nel 2016, Rodrigo Duterte ha dato il via ad una vera e propria persecuzione contro trafficanti e consumatori di droga. Al termine del suo mandato nel 2022, sono state confermate le morti durante operazioni antidroga di più di seimila persone, nonché l’arresto di circa 165.000 sospettati. Terzo Stato al mondo per sovraffollamento delle carceri, le Filippine si trovano di fronte ad un problema che rischia di mandare in tilt il sistema giudiziario e di macchiare l’immagine del paese a livello internazionale.

Il nucleare persiano cambia tutto

La questione nucleare della Repubblica Islamica potrebbe compromettere gli equilibri strategici dello spazio mediorientale, così gli Stati Uniti vorrebbero costringere Teheran a negoziare, in modo da poter monitorare il suo operato. In questo contesto la Russia si pone come piattaforma di mediazione, cercando di contemperare le esigenze delle parti e di favorire i suoi interessi geopolitici nella regione.

Sei mesi d’autonomia

Le notizie principali di questi giorni sono legate alla sospensione degli aiuti Usa all’Ucraina e alla continuazione dell’impegno militare da parte dell'Unione Europea: gli scenari possibili del conflitto danno a Kiev un tempo limitato per cercare di compensare il congedo del suo primo sostenitore. Il tempo scorre inesorabile e la Permanent Structured Cooperation (PESCO) voluta da Bruxelles potrebbe non essere sufficiente.

Confessioni

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Giuseppe De Rita

Grande esponente di quella silenziocrazia italiana e ricercatore sociale tra i più acuti, capace di auscultare le mutazioni e fibrillazioni delle tante oligarchie italiane: Giuseppe De Rita è il maggior conoscitore della fenomenologia delle fisiologie e patologie della società italiana. Un maestro di pensiero e metodo che nella sua attività di fondatore e presidente del Censis ha raccontato e mostrato come nessun altro il nostro Paese tramite le considerazioni generali dei suoi rapporti, oltre che tramite testi straordinari (di Francesco Latilla e Francesco Subiaco)
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Un losco affare serbo

Il primo novembre alle ore 11:33 è crollato il tetto della stazione di Novi Sad in Serbia provocando 14 vittime. L’episodio pone nuova attenzione sulla situazione dell’edilizia pubblica serba, sempre più lontana dalle normative europee e sempre più vicina alle mafie. Le proteste di massa che sono seguite all'incidente hanno visto la partecipazione di una fascia trasversale della popolazione, oltre a violenti disordini sedati dalla polizia.

Rossi e neri non sono tutti uguali

La magra affluenza alle europee (49 punti percentuale scarsi) fa il paio con il sempre maggiore distacco degli elettori dai partiti della “democrazia mafiosa” come scriveva Panfilo Gentile alludendo allo scadere dei regimi rappresentativi in oligarchie elitarie scollate dalle ragioni popolari. Il crollo della partecipazione alle istituzioni spinge ad interrogarsi sulla natura della classificazione politica degli schieramenti e sull’attualità di categorie da mettere alla prova rispetto al proprio tempo. Ha ancora senso parlare di destra e sinistra?

Pechino, una potenza sul mare

Lo sviluppo della Marina Militare della Repubblica Popolare (PLA Navy) è un tema di crescente interesse geopolitico. Il rapporto del 16 dicembre 2024 del Dipartimento della Difesa USA ha evidenziato come tale flotta sia destinata a divenire la più numerosa e potente del mondo in brevissimo tempo.

Le Grandi firme

di Enrico Raugi

L’atto creativo come cura

I solchi disegnati sulla sabbia con un ramoscello, i mandala riempiti con tinte colorate, un quadro che a mano a mano viene costellato di dettagli; sono modalità esecutive riconducibili su, un piano immediato, alla libera espressione. Ciò è assolutamente vero per la maggior parte di noi anche se, alla luce della psicoanalisi, questa definizione si dimostra parziale. Alla stregua dei gesti inconsulti, delle libere associazioni o di parole decontestualizzate, il disegno può essere considerato una mappa per far emergere e interpretare l’inconscio. Nella seduta psicoanalitica l’inconscio si può quindi manifestare non solo con la parola, verbale o scritta, ma pure con un atto creativo. L’atto creativo porta con sé implicazioni di natura filosofica. Esso, più della creazione che ne sarà conseguenza, permette al soggetto – all’Io – di instaurare un rapporto con ciò che è esterno alla mente, di essere parte agente, dialetticamente, con la realtà del mondo. Così il soggetto si riconosce vivo. Se ci rifacciamo all’interpretazione che del presente da Byung-Chul Han - il filosofo del superamento della biopolitica foucaultiana - apprendiamo come l’essere umano stia, a poco a poco, abbandonando gli elementi che lo uniscono al reale. «Nella nostra cultura dell’eccitazione post-fattuale, la comunicazione è dominata da impulsi ed emozioni forti, che al contrario della razionalità sono poco persistenti in termini temporali. Per cui destabilizzano la vita. Anche la fiducia, le promesse e le responsabilità sono prassi impegnative, che si estendono oltre il presente giungendo al futuro. Tutto ciò che stabilizza la vita umana è impegnativo.» (B. C. Han, Le non cose. Come abbiamo smesso di vivere il reale, Torino, Einaudi, 2023, p. 10) Le storie su Instagram durano ventiquattr'ore, gli aggiornamenti sulla politica estera delle pagine Telegram avvengono ogni pochi minuti, i messaggi dai gruppi Whatsapp arrivano ogni pochi secondi. L’inafferrabile è la cifra del presente. La conoscenza è degradata ad informazione. Quasi niente del mondo virtuale di social e cloud può essere facilmente ancorato a terra per essere elaborato e fissato; le informazioni sfuggono di mano come l’acqua o il vento. L’odierno capitalismo dell’immateriale dissocia l’Io dal mondo, piegandolo a mero esecutore di una prestazione continua. Quest’ultima ha due caratteristiche: la bulimia e la rappresentazione egocentrica di sé stessi. Entrambe, spesso, agiscono in sinergia all’interno di una miriade di azioni. Nella natura del soggetto di prestazione il dover dimostrare agli altri la sua capacità di avere o fare è intimamente legata all’angoscia di sentirsi continuamente confermato come parte di una qualche comunità; esso abbandona fiero una parte della sua personalità per adeguarsi al senso comune di essa. Il prezzo di non venire riconosciuti come pari è più alto di quello di sentirsi liberi di agire secondo le proprie inclinazioni. Per Han i disturbi mentali proliferati da questo stato della contemporaneità sono il burnout, la sindrome da deficit dell’attenzione e iperattività, oltre all’aumento dei casi di depressione. Chi vive per dare una prestazione si esaurisce, si scava dentro pur di mostrarsi, intrattiene un rapporto con gli altri non per crescere e maturare ma per gareggiare, rifugge sé stesso per le opinioni esterne; difatti, per il filosofo «il depresso è privo di forma, è amorfo. È un uomo senza carattere». Per riuscire, pian piano, a chiudere il cerchio e tornare ai disegni della psicoanalisi è necessario fare riferimento al concetto di «sé creativo», elaborato da Donald Winnicott. L’«oggetto transizionale» - il postulato teorico più noto dello psicanalista britannico – è un oggetto concreto, una coperta o un orsetto di pezza, che il bambino usa come ponte per sganciarsi dallo stadio di egocentrismo radicale in cui ritiene che tutto ciò che percepisce dell’esterno sia una proiezione della propria mente, riuscendo nell’arduo compito di riconoscere che la madre e ciò che sta fuori non sono pura soggettività ma realtà oggettiva, condivisa. La creatività del bambino si manifesta in un momento successivo; secondo Winnicott, il sé creativo rappresenta l'espressione autentica e spontanea dell'individuo, in contrasto con il falso sé, che si sviluppa come adattamento, autoimposto e coatto, alle aspettative esterne. Il sé creativo è chiamato anche appercezione termine con cui si indica l’atto riflessivo con cui l’individuo diviene consapevole delle sue percezioni: il bambino ha uno sviluppo positivo in questo senso quando i genitori riconoscono i suoi sforzi e lui stesso si sente gratificato dall’attenzione che i genitori mostrano nei suoi confronti. Diversamente il falso sé o compiacenza – il desiderio di far cosa gradita agli altri, anche se non del tutto sinceramente - si genera quando il bambino è costretto a rinunciare alla propria spontaneità per suscitare l’attenzione dei genitori o in un contesto educativo fatto di regole troppo restrittive. Infatti: «È l’appercezione creativa, più di ogni altra cosa, che fa sì che l’individuo abbia l’impressione che la vita valga la pena di essere vissuta. In contrasto con ciò vi è un tipo di rapporto con la realtà esterna che è di compiacenza, per cui il mondo ed i suoi dettagli vengono riconosciuti solamente come qualcosa in cui ci si deve inserire o che richiede un adattamento. La compiacenza porta con sé un senso di futilità per l’individuo e si associa all’idea che niente sia importante […].» (D. W. Winnicott, Gioco e realtà, Armando Editore, Roma, 1974, p. 119.) Roma, Gennaio 2025. XXIII Martedì di Dissipatio È questa la fase dello sviluppo emotivo del bambino dove si sviluppano simboli, arte, cultura e creatività. Questo spazio è lo stesso in cui, crescendo, l’individuo può continuare ad esprimere la propria autenticità attraverso attività artistiche, intellettuali o anche semplicemente vivendo a modo suo. In una riflessione di carattere più globale e transgenerazionale, sostiene ancora Winnicott che: «Una creazione può essere un quadro o una casa o un giardino o un costume o un modo di pettinarsi o una sinfonia o una scultura; qualunque cosa a partire da un pranzo cucinato in casa. […] La creatività di cui mi occupo io qui, è universale. Appartiene al fatto di essere vivi.» (D. W. Winnicott, Gioco e realtà, cit., p. 123) Han, per parte sua, interpretando l’oggi, capovolge così il costrutto dell’oggetto transizionale: «Gli oggetti transizionali promuovono una relazione con l’Altro. Con lo smartphone intratteniamo, di contro, una relazione narcisistica. Esso reca molte analogie coi cosiddetti «oggetti autistici» […]. Agli oggetti autistici manca la dimensione dell’Altro. Non stimolano nemmeno la fantasia. Con loro si instaura un rapporto ripetitivo, non creativo. È proprio la ripetizione, la coazione a caratterizzare la relazione con lo smartphone.» (B. C. Han, Le non cose, cit., p. 32.) Alla luce di questa digressione risulta chiaro che l’atto creativo non è solo una forma di sviluppo evolutivo necessaria al bambino per accedere a uno stadio cognitivo più maturo, ma è un qualcosa che deve essere protetto e costudito nel tempo dell’età adulta, minacciato dall’appiattimento della fantasia proprio della ripetitività del mondo virtuale con cui giorno per giorno ci confrontiamo. L’atto creativo dimostra la volontà dell’individuo di voler restare unito al mondo, una solidità che impedisce di crollare nella labilità psicologica. In proposito, un esempio certo elitario quanto significativamente paradigmatico è dato dal ciclo di disegni che Roberto Bazlen, umbratile fondatore dell’Adelphi, ha elaborato per le sue sedute di psicanalisi con Ernst Bernhard. I disegni furono una richiesta dell’analista per riuscire a mettere in luce un inconscio criptato come quello dell’editore triestino. L’esistenza di Bazlen, letteralmente fusa ai libri, densa di appunti e riflessioni su di essi, aveva fatto diventare ipertrofica la sua capacità di scrivere, tanto da rendere la relazione scritta dei suoi sogni assolutamente inaccessibile alle lenti interpretative di Bernhard poiché, con un’abilità così raffinata del narrare, egli era perfettamente in grado di mascherare le ambiguità che l’inconscio poteva far emergere. Questo non era cosa da poco se si considera che fra i pazienti dell’analista tedesco vi erano campioni della cultura italiana come Federico Fellini, Natalia Ginzburg o Amelia Rosselli. D’altra parte, una forma espressiva inusuale per Bazlen come il disegno, diveniva la modalità pratica per mettere sotto scacco l’Io – che attraverso la scrittura mascherava l’Es - e rendere intellegibile l’inconscio grazie al fatto che nel disegno, il paziente, volente o nolente, non sarebbe stato in grado di filtrare e separare l’esprimibile dal censurabile. I sogni disegnati da Bazlen riportano sulla carta un mondo esoterico, colorato e a tratti inquietante, fatto di alcuni temi e figure ricorrenti: omini stilizzati e senza volto; l’abbozzo di un cinese con baffi sottili e lunghissimi; il tema dell’acqua, con tutto ciò che ad essa è legato, i pesci, le barche, le canne da pesca. Quale sia l’interpretazione di questi sogni fatti con gli acquarelli è tema per specialisti. Non importa questo. Ciò che importa è che Bazlen abbia accettato di trovare la strada per riconiugarsi con la saldezza del mondo, attraverso un atto creativo, attraverso la possibilità di immaginare, oggi sempre più raminga. In proposito una frase dell’editore vale per tutto quanto è stato scritto: «Un tempo si nasceva e a poco a poco si moriva. Ora si nasce morti – alcuni riescono a diventare a poco a poco vivi.»
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