Il 6 maggio la Commissione Europea ha presentato una roadmap con l’obiettivo di sancire un ulteriore passo in avanti per porre fine alle importazioni di gas provenienti dalla Russia, entro il 2027. Il piano tra le sue diverse iniziative prevede: divieti di contrattazione per comprare il gas russo, blocco di tutte le restanti importazioni di petrolio provenienti da Mosca, e contrasto ai metodi utilizzati per raggirare le sanzioni, come l’utilizzo della “Flotta ombra”. Nel piano sono presenti anche clausole che riguardano il materiale nucleare: restrizioni sull’importazione di uranio arricchito – di cui la Russia è il paese con la maggior capacità di esportazione – al fine di favorire la produzione europea di radioisotopi. Questa audace mossa vuole anche essere un monito politico di Bruxelles nei confronti di Mosca, sebbene non risolva la preoccupante situazione legata all’aumento del prezzo energetico in tutto il continente. A maggio 2022, la Commissione Europea ha messo in atto il piano REPowerEU – nel quale rientra la decisione del 6 maggio – che rappresenta una strategia rischiosa. Gli obiettivi del piano sono: risparmio energetico, diversificazione delle fonti e incremento dell’importazione del gas naturale liquefatto (GNL), comprato a caro prezzo da Stati Uniti, Qatar, Algeria, Norvegia ed altri paesi.
L’UE ha speso secondo l’Institute for Energy Economics and Financial Analysis (IEEFA) circa 110,57 miliardi di euro nel 2022 e 60,97 miliardi nel 2023 per le importazioni di GNL, totalizzando circa 171,5 miliardi. Il prezzo attuale del GNL si aggira intorno ai 36,67 euro per megawattora sul mercato TTF di Amsterdam. Sul versante economico, il finanziamento per REPowerEU è colossale: 300 miliardi di euro totali, di cui 225 miliardi sotto forma di prestiti da NextGenerationEU, mentre 75 miliardi in sussidi e trasferimenti diretti. Gli Stati membri devono inoltre presentare capitoli REPowerEU nei propri Piani Nazionali di Ripresa e Resilienza (PNRR). Le critiche non sono mancate, la Corte dei conti europea ha messo in discussione l’efficacia del piano, evidenziando che i 210 miliardi di euro annunciati dipendono in larga parte dalle decisioni individuali degli Stati membri, mentre la Commissione Europea ne gestisce solo una parte minore, come riporta la testata Rinnovabili. L’Italia sembra invece essersi adeguata al nuovo regime d’acquisto energetico, stringendo accordi con paesi nordafricani come Algeria e Tunisia, promettendo anche di investire maggiormente nelle fonti rinnovabili ed alternative, senza però avere alcun reale schema d’attuazione in risposta alla crisi in atto. Le élite europee hanno reagito di pancia e invece di porsi domande hanno iniziato subito a dare le risposte; senza considerare l’importanza delle relazioni geostrategiche, le quali dovrebbero assicurare, in linea di principio, l’approvvigionamento energetico al prezzo più conveniente ai consumatori.

All’interno dell’apparato europeo, comunque, le posizioni degli Stati membri sono diverse, Ungheria e Slovacchia importano ancora l’80 per cento del loro fabbisogno petrolifero dalla Russia, e come abbiamo visto il Primo Ministro slovacco Robert Fico, il 9 maggio, ha partecipato all’Ottantesimo anniversario della vittoria nella Grande Guerra Patriottica a Mosca, incontrandosi con Vladimir Putin, già segnale di un progressivo rapporto d’amicizia tra Mosca e Bratislava. Le sanzioni imposte al gas russo hanno portato il Cremlino ad iniziare un’espansione verso l’Asia, in particolare in Cina. Le esportazioni di GNL russo sono aumentate del 4 per cento lo scorso anno, nonostante però ci siano problemi per quanto riguarda la mancanza di infrastrutture adeguate. La Russia ha poi proposto alla Turchia di creare un hub energetico, paese cruciale per via del gasdotto TurkStream, che oggi rappresenta l’unica fonte diretta per l’approvvigionamento del gas russo verso l’Europa, dopo l’interruzione del transito attraverso l’Ucraina, avvenuto il 1° gennaio di quest’anno. Il progetto Power of Siberia 2 è in fase di discussione, si tratta di un importante gasdotto che permetterebbe di trasportare 50 miliardi di metri cubi di gas all’anno, passando attraverso la Mongolia in direzione Cina. L’India ha raggiunto un’intesa con Mosca per la cooperazione energetica, così come ha fatto anche l’Iran il 17 gennaio 2025 con la firma di un trattato di partenariato strategico ventennale. In Europa oltre alle già citate relazioni con Ungheria e Slovacchia, si rafforza il legame con la Serbia, che ha nel 2022 firmato un accordo – rinnovato di recente – che prevede la consegna pari a 2,2 miliardi di metri cubi annuali attraverso il TurkStream. Il BRICS è attore indiscusso nella nuova strategia del Cremlino, ed anche il gruppo in questione il 19 maggio 2025 ha concordato una roadmap per la cooperazione energetica fino al 2030, durante un incontro dei ministri dell’energia dei paesi membri tenutosi a Brasilia.
Ad entrare in crisi è stato invece il settore delle industrie europee, difatti, con l’aumento dei costi, a soffrirne è stata la competitività industriale, un ulteriore passo indietro. L’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) ha poi fatto notare come il mercato del gas rimarrà fragile ancora per molto, sicuramente per tutto il 2025. Ad oggi, infatti, siamo abituati alle contromisure di risparmio energetico adottate dai paesi dell’UE, e sul tavolo sono presenti anche le proposte riguardo alla diversificazione delle fonti. Restano comunque molteplici incognite sulla capacità gestionale da parte delle istituzioni europee, che adesso devono rispondere alle crescenti sfide in ambito di Difesa e riallineamento nel contesto internazionale. Le rinnovabili non possono certamente rispondere al fabbisogno quotidiano degli Stati membri, e anche se la capacità di rigassificazione europea è effettivamente aumentata nel 2024 del 6 per cento, con nuovi terminali, la domanda di GNL al contrario è in calo; quindi, c’è uno squilibrio tra domanda e offerta.
Alcuni paesi sono però riusciti più di altri a cavarsela: la Norvegia essendo uno dei principali esportatori di gas naturale in Europa, e possedendo anche riserve nel Mare del Nord con infrastrutture all’avanguardia, può contare su una maggiore autonomia e stabilità. La Francia grazie all’utilizzo dell’energia nucleare può gestire con più facilità il mercato e i prezzi. La Spagna possiede infrastrutture avanzate di terminali GNL e riesce a diversificare le importazioni, così come la Germania che ha attivato accordi con Oslo e L’Aia per ridurre la dipendenza dal gas russo. I Paesi Bassi hanno riserve di gas nel giacimento di Groningen e possiedono una buona rete di distribuzione interna, anche se in diminuzione. L’UE punta forte nella direzione della piattaforma AggregateEU, che serve agli Stati membri per aggregare la domanda e permettere una più ampia negoziazione dei prezzi con i fornitori esteri. E gli Stati Uniti osservano e cercano di inserirsi nel grande gioco energetico europeo; come riportato dal New York Times in un articolo del 5 giugno, Stephen Lynch, investitore repubblicano ha cercato di acquisire il gasdotto Nord stream 2, per cercare di esercitare un’influenza strategica sulle forniture europee. Nell’articolo si specifica anche che la Casa Bianca sta considerando la possibilità di cooperare con il Cremlino per fornire gas russo all’Europa. I leader europei si sono mostrati preoccupati, così come gli stessi funzionari tedeschi, scettici nei confronti di questa possibilità. Per l’Europa la strada verso l’auspicata indipendenza è dissestata, e presenta anche sfide che riguardano i recenti cambi di palazzo in atto nei paesi membri, che potrebbero non rispettare le aspettative della Commissione Europea e ribaltare la situazione.