Alcuni concetti riescono a cogliere più di altri lo spirito di un’epoca, scovando quei sentieri interpretativi apparentemente meno impervi per raggiungere la vetta di un giudizio sul reale. Uno di questi è il carino: categoria estetica dominante dei nostri tempi, panacea ermeneutica contro l’impoverimento critico delle masse, anelito esistenziale della società. Tutti amano le cose carine, tutti vogliono vivere in posti carini, tutti desiderano essere carini. Spiegare che cosa significa carino può sembrare semplice, ma in realtà il concetto trasuda un’ambiguità sostanziale. In fondo si dice di qualcosa o qualcuno che è carino quando ha tutti gli attributi per essere bello e buono, ma per qualche motivo lo si relega a un gradino inferiore della gerarchia dei valori. In cosa consiste questo iato? Quali sono gli attributi specifici del cute?
Il filosofo inglese Simon May ne analizza le numerose sfumature semantiche nel libro Carino! Il potere inquietante delle cose adorabili e delinea una sorta di begriffsgeschichte in cui l’esponenziale utilizzo del termine, soprattutto in Occidente e in Giappone, è correlato alle dinamiche storico-sociali degli ultimi decenni. I principali fattori di quella che può essere definita una “mania del carino” sono due: gli effetti delle atrocità vissute durante la Seconda Guerra Mondiale e il culto del bambino come essere perfetto e puro a partire dalla seconda metà dell’Ottocento.
Per quanto riguarda il primo motivo si tratterebbe di una sorta di contrappasso: le società che hanno visto le efferatezze del secondo conflitto globale avrebbero sviluppato un meccanismo di rimozione del brutto e del dolore a favore di un’esaltazione di ciò che è carino. In quest’ottica, soprattutto nella società giapponese, che sola ha scontato l’indicibilità della devastazione atomica, si sarebbero sviluppati i presupposti per la costruzione di un’estetica e uno stile di vita diametralmente opposti agli istinti bellici, gettando le basi per la moltiplicazione delle manifestazioni del carino. Il meccanismo sociale appare didascalico: il Giappone si trasforma da Impero severo e autoritario, che durante i primi decenni del secolo scorso ha assoggettato con la forza centinaia di migliaia di persone, a patria dei manga, dei cartoni animati visti in tutto il mondo, e simbolo di un popolo gentile, accogliente e inoffensivo.
Anche sull’altra sponda dell’Oceano Pacifico, però, si può riscontrare una parabola semantica simile. In questo caso gli americani non sono le vittime, ma gli autori di orribili imprese tanto nella Prima Guerra Mondiale quanto nella Seconda, ma ciò non limita l’espansione del carino: a partire dagli anni Venti si registra negli Usa un aumento costante dell’utilizzo del cute nelle più svariate forme e circostanze. Un esempio lampante è la rappresentazione del personaggio più iconico di Walt Disney, Mickey Mouse. Le prime apparizioni di Topolino lo ritraevano con un profilo più spigoloso, il naso più dritto, un’espressione più arcigna,dedito a tormentare i malcapitati che gli capitavano a tiro. Anche il carattere era piuttosto irruente. Con il passare degli anni però, la fisionomia e l’indole di Topolino cambiano: le orecchie diventano più grandi, gli occhioni si allargano, il naso diminuisce e un sorriso rassicurante prende il posto del ghigno impertinente. Topolino subisce un processo di infantilizzazione che lo porta ad assumere alcuni aspetti fisici propri dei bambini. Lo stesso Walt Disney comandava ai suoi collaboratori di rendere la sua creatura il più possibile carina, così da far breccia nel cuore delle famiglie statunitensi.
La costante infantilizzazione di Topolino lo porterà ad acquisire le sembianze tipiche che tutti conosciamo e a renderlo l’icona per antonomasia dell’universo Disney, un mondo in cui il bene e i personaggi buoni prevalgono sul male. La trasformazione di Topolino evidenzia il secondo motivo per cui il carino ha avuto così tanto successo negli ultimi decenni. Il culto del bambino è un fenomeno relativamente recente. Fino alla metà del XIX secolo i bambini erano visti come mera forza lavoro, non esisteva una differenza sostanziale tra infanzia e vita adulta. I bambini lavoravano, il più delle volte venivano sfruttati, e morivano come i loro genitori. Nel corso dell’ultimo secolo e mezzo, però, il bambino ha acquisito un’aura sacrale che lo ha reso l’oggetto d’amore privilegiato della società. I bambini sono il bene prezioso a cui si aspira per realizzare una vita felice, i figli hanno soppiantato il partner come archetipo dell’amore e valore assoluto a cui si deve essere pronti a sacrificare la propria vita. Anche l’infanzia è diventata il periodo più importante della vita di una persona. Il carino, quindi, che esprime tutte quelle caratteristiche di dolcezza, purezza, sincerità che appartengono al mondo dei bambini, è diventato il paradigma estetico-sociale più importante per descrivere la nostra società.
Simon May, oltre a indicare i possibili motivi per cui il carino è diventato un concetto centrale delle nostre vite, tenta di sondarne l’ambiguità di fondo. Il carino può assumere una sfumatura perturbante quando abbraccia elementi apparentemente lontani tra loro e ne esalta gli opposti. Il cute perturbante è sensuale e affascinante perché coniuga elementi familiari a elementi estranei, forme feline ad aspetti umani, caratteristiche dell’età adulta a qualità infantili, tratti maschili e forme femminili. I personaggi dei cartoni animati raffigurano al meglio queste coppie di opposti, sono per lo più animali con le sembianze di umani, il sesso non è specificato, o comunque non è importante, vivono i problemi degli adulti con la spensieratezza e l’innocenza dei bambini e, spesso, mettono in scena la violenza in un contesto protetto e codificato. La forza del carino risiede proprio nella sua capacità di fondere i vari significati che lo animano e opacizzarne le contraddizioni, per renderlo un concetto apparentemente chiaro e utilizzabile in tutte le circostanze.
Usabilità pervasiva, interscambiabilità semantica, rifiuto degli eccessi estetici e capacità di uniformare il gusto delle masse, sono solo alcune delle caratteristiche che rendono il carino una categoria estetica imprescindibile per capire la nostra società. In Occidente, il regno della contemporaneità fluida, il carino diventa di fatto uno degli strumenti ermeneutici più potenti per descrivere i nostri tempi.