L’Europa potrà anche aver smesso di essere il centro il mondo, apprestandosi a divenire uno dei (tanti) blocchi che lo compongono, ma è qui che si continueranno a determinare le sorti del potere globale. Sempre. Inevitabilmente. Anche per una questione di geografia. Un pre-determinismo quasi calvinistico. O, per dirla con le parole di Salvatore Santangelo, «un destino geografico».
In quello spazio che separa/unisce l’Europa-civiltà dall’Asia, il permeabile fronte orientale sfidato a più riprese dalle grandi potenze europee – dai francesi ai tedeschi – per giungere alle porte di Mosca, è lì che vanno ricercate le radici del conflitto in Ucraina. Che è una guerra scoppiata anche a causa della concatenazione di tragiche memorie, di grandi disegni e di (in)evitabili incomprensioni. Lo spiega dettagliatamente Salvatore Santangelo (politologo e geografo delle lingue) riportando il lettore indietro nei secoli, arricchendo la lettura con episodi storici dimenticati, in un libro a giorni sugli scaffali: Fronte dell’Est. Passato e presente di un destino geografico (Castelvecchi Editore).
Fronte dell’Est: non poteva chiamarsi che così un libro dedicato alla battaglia per il Donbass, ma che è anche e soprattutto un’opera illuminante sull’attualità e sui grandi sconvolgimenti che stanno riscrivendo il sistema internazionale e le nostre stesse società.
Perché, in fin dei conti, la Terza guerra mondiale a pezzi è (anche) il risultato delle varie deflagrazioni – analizzate a fondo da Santangelo – che hanno avuto luogo lungo la traiettoria Berlino-Mosca sin dall’alba del Duemila (argomento del suo precedente GeRussia): l’emancipazione dell’Europa centro-orientale dal giogo comunista e la rinascita della Polonia, intelligentemente preconizzata e teleguidata dagli Stati Uniti, che sulle ceneri dell’ex Patto di Varsavia vorrebbe costruire l’agognato Intermarium – e separare per sempre l’Eurasia; la voglia di indipendenza che ha incoraggiato gli ex satelliti europei del Cremlino a diventare i portabandiere della Casa Bianca nell’UE e nella NATO, a diventare la “Nuova Europa”; l’influenza imperitura del pensiero mackinderiano tra i geostrateghi dell’anglosfera: impedire la sigillatura di un temuto asse russo-tedesco, magari esteso fino alla Cina; e l’irrefrenabile sehnsucht per la grandezza che da sempre anima il cuore della nazione tedesca. L’autore lo definisce il «grande mistero della Storia», in quanto capace «di toccare le vette più alte della conoscenza, della musica, della filosofia e del sentimento umano» e «allo stesso tempo di [avere] in sé i semi della violenza più brutale, come quella che abbiamo visto manifestarsi durante la prima metà del XX secolo», e che negli anni recenti aveva incoraggiato la classe dirigente a cercare un’intesa con Russia e Cina.