OGGETTO: Il dovere di coltivare l'eresia
DATA: 28 Giugno 2023
SEZIONE: Società
AREA: Italia
Da pochi è giorni è scomparso Nuccio Ordine. Il fine studioso calabrese è stato uno strenuo sostenitore della dignità umana, come antitesi alle pulsioni economicistiche della contemporaneità.
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Sabato 10 giugno è morto Nuccio Ordine, dopo essere stato colpito improvvisamente da un ictus quattro giorni prima. Ordine vantava una carriera accademica di enorme prestigio, come è stato scritto nei numerosi articoli a lui dedicati in questi giorni. Ma guardando oltre la ricerca accademica, Ordine, senza mezzi termini, può essere definito un intellettuale massimalista che si prefissava di rinnovare le categorie culturali della società tramite lo strumento della cultura. Ecco, a riguardo, cosa pensava in merito al compito principale che dovevano avere la scuola e l’università: 

«La scuola e l’Università dovrebbero formare eretici: studenti in grado di contestare l’ortodossia, di sapere prendere le distanze da ogni forma di dogmatismo».

Nuccio Ordine, intervista a Micromega rivista, 2016

Secondo Ordine l’essere umano deve essere ontologicamente un eretico, anticonformista, perché solo in quel modo si sarebbe potuto realizzare pienamente nella società. Il sostantivo eretico, che nella sua valenza semantica Ordine conosceva assai bene, veniva adoperato con cura grazie ai suoi studi di carattere scientifico su Giordano Bruno. Le discipline umanistiche devono essere lo strumento fondamentale per questa battaglia di palingenesi, e di conseguenza l’intellettuale deve essere conscio di avere un dovere civile, che era quello di insegnare delle regole fondamentali, avendo soprattutto contezza che ogni singolo uomo è un piccolo membro di un corpo più grande, che a sua volta forma l’umanità. Ciò lo asseriva rifacendosi alla famosa locuzione di Terenzio, «Homo sum, humani nihil a me alienum puto». Proprio in riferimento a ciò specificava:

«Ogni essere umano è, infatti, una singola pietra che, unita alle altre contribuisce a sostenere il peso della volta.» 

Nuccio Ordine, Nuccio Ordine alla Milanesiana: i classici ricordando chi soffre

Lo scrittore e la sua opera letteraria non devono restare nella propria turris eburnea, non solo contemplazione del mondo dunque, ma farsi azione, come già aveva teorizzato l’umanista fiorentino Coluccio Salutati nel XIV secolo. L’intellettuale deve essere un creatore di utopie, quest’ultime fondamentali per creare un’alternativa ad una realtà che all’apparenza può sembrare meccanicamente immobile, statica, che non permette altre scelte. Le utopie, secondo Ordine, si possono trovare solamente nei testi della letteratura classica, nella musica e nelle arti visive in generale. Utopie che servono ad eliminare anche quelle disuguaglianze sociali ed economiche che contraddistinguono la realtà. Disuguaglianze che si palesano chiaramente con le cicliche crisi economiche, causate in massima parte da un egoismo sfrenato e becero.

Nuccio Ordine aveva scelto il campo di battaglia per la sua guerra culturale: la Calabria, regione natia e luogo dove aveva svolto tutta la sua formazione intellettuale, fino alla laurea in lettere all’ Università della Calabria e dove, sempre nel medesimo dipartimento, era rimasto ad insegnare, perché era stata proprio quell’università che gli aveva impartito la metodologia per lo sviluppo della propria personalità intellettuale, e dunque non poteva che ricambiare rimanendoci per insegnare e per fare attività di ricerca.

Uno dei contributi fondamentali per la lotta nel nome del valore della cultura come elemento fondante di una società è stato il saggio L’utilité de l’inutile, pubblicato nel 2013 in prima edizione in lingua francese e nello stesso anno tradotto in italiano con il titolo, L’utilità dell’inutile, con l’aggiunta del sottotitolo “Manifesto”. Lemma, quest’ultimo assai evocativo, che rievoca pamphlet che hanno lasciato il segno nel mondo della cultura e della società nel XIX e XX secolo. Il titolo mostra nell’ossimoro un rovesciamento dell’ordine sintattico della proposizione, dove l’inutile è il vasto contenitore delle materie umanistiche e l’utile, come aggettivo, è la valenza stessa che assumono tali materie nell’immaginario collettivo contemporaneo:

«Esistono saperi fine a se stessi che – proprio per la loro natura gratuita e disinteressata, lontana da ogni vincolo pratico e commerciale – possono avere un ruolo fondamentale nella coltivazione dello spirito e nella crescita civile e culturale dell’umanità».

Nuccio Ordine, L’utilità dell’inutile. Manifesto

All’interno di questo saggio Ordine ha condensato una summa di autori: scrittori, filosofi ed anche economisti, che hanno perseguito il suo stesso obiettivo: dare all’uomo moderno la consapevolezza della sua dignitate hominis, che si può trovare solo nella conoscenza. Strada ardua, difficile, perché nell’apprendere bisogna compiere un duro e lungo lavoro. Ordine metteva bene in chiaro che senza una motivazione interiore era impossibile raggiungere tale obiettivo. Il sapere non poteva essere misurato e pesato con strumenti applicati, anzi, esso era una barriera al culto del denaro, al guadagno facile, e a tutta quella cultura dominante di stampo utilitaristico, avente come unico scopo il profitto economico. E l’applicazione di tale ideologia, secondo Ordine, andava ad erodere la qualità fondamentale che doveva possedere ogni singolo uomo ovvero il pensiero critico, che doveva essere alla base della coscienza civile:

«Nell’universo dell’utilitarismo, infatti, un martello vale più di una sinfonia, un coltello più di una poesia, una chiave inglese più di un quadro: perché è facile capire l’efficacia di un utensile mentre è sempre più difficile comprendere a cosa possono servire la musica, la letteratura o l’arte».

Nuccio Ordine, L’utilità dell’inutile. Manifesto

Ciò è deriva dell’ideologia capitalistica, che da una parte perseguiva la logica del guadagno del mercato e dall’altra doveva assecondare “l’arte della gioia”. In tal senso Ordine ha citato anche il saggio di John Maynard Keynes, Possibilità economiche per i nostri nipoti, pubblicato nel 1931, in cui l’economista americano affermava che l’economia, in quanto scienza applicata, era inevitabilmente contraddistinta da disvalori, come l’avidità e l’egoismo, definiti “geni del male”, ma che però sarebbero stati necessari per un centinaio d’anni e solamente la generazioni successive. Ordine enuncia che il surrogato di questa ideologia era l’incarnazione dell’imprenditore di successo che si metteva al di sopra delle norme, o più specificamente, «nell’uomo politico impunito che umilia il parlamento facendo votare leggi ad personam». 

Ovvio che dietro a tale perifrasi c’era un chiaro riferimento a Silvio Berlusconi, allora mattatore della politica italiana. Per un crudo destino entrambi sono deceduti a poche ore di distanza. Due uomini agli antipodi, che hanno personificato valori diversi. Categorie che ogni cittadino può sentire proprie, ma senza dubbio mutualmente esclusive: da una parte quella dignitate hominis, dall’altra quella dell’homo oeconomicus.

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