Augusto Del Noce (1910-1989) è stato un pensatore, accademico, saggista, editore e giornalista sui generis, che ha voluto sezionare le filosofie dal Seicento al Novecento per interpretare e descrivere la storia a lui coeva. Il suo essere un filosofo non allineato a una qualche corrente ha determinato lo stereotipo di essere un intellettuale inattuale, come recita il sottotitolo della biografia intellettuale scritta da Luciano Lanna, Attraversare la modernità. Il pensiero inattuale di Augusto del Noce, pubblicata dalle Edizioni Cantagalli. Secondo Lanna, la figura intellettuale di Del Noce è stata giudicata erroneamente, filtrata da due diverse categorie di stereotipi: tacciato di non essere stato un filosofo, ma solamente uno storico della filosofia; di essere stato un pensatore “isolato” e non sistematico. Si può aggiungere, da parte nostra, quello di essere stato considerato un pensatore “reazionario“.
L’autore ha suddiviso la vicissitudine intellettuale di Del Noce in tre periodi cronologici: il primo corrispondente dalla nascita nel 1910 fino al 1944, anni contraddistinti della formazione nella sua città natia, Torino; il secondo, copre circa un ventennio e va dal 1944 al 1964. Quest’ultimo anno è contraddistinto dalla pubblicazione di un suo saggio fondamentale per la divulgazione della sua concezione teoretica, Il problema dell’ateismo. Infine, il terzo ed ultimo periodo abbraccia gli anni dal 1964 al 1989, quando si spense a Roma. In quest’ultima fase del Noce, oltre che essere impegnato nell’insegnamento universitario, elabora e promuove numerose iniziative editoriali, scrivendo e pubblicando articoli, e confrontandosi anche con gli ambienti intellettuali divergenti dalla sua concezione filosofica e storica.
La formazione torinese avvenne allo storico Liceo classico Massimo D’Azeglio, dove ebbe come compagni Leone Ginzburg, Massimo Mila, Norberto Bobbio e Felice Balbo. Poi frequentò la locale Facoltà di Lettere e Filosofia dove si laureò nel 1932 con una tesi sul pensiero di Malebranche. Anni fondamentali, perché Del Noce iniziò a delineare il suo pensiero etico-politico in rapporto indissolubile al presente storico. La propria concezione intellettuale si coagula intorno a un’insofferenza per il neoidealismo di stampo gentiliano dominante e, in quegli stessi anni, matura una forma personale di antifascismo, caratterizzato dall’idea di una contrapposizione senza l’utilizzo della forza, elaborata grazie alla lettura del saggio di Maritain, Umanesimo Integrale.
Per la formazione intellettuale di Del Noce fu di fondamentale importanza Piero Martinetti, conosciuto grazie a Ludovico Geymonat. Martinetti, tra l’altro, era stato l’unico filosofo e accademico a non aver prestato il giuramento di fedeltà al regime fascista. Importante, sempre per la sua formazione, fu anche il trasferimento a Roma (luglio 1941-luglio 1942) presso l’Istituto italiano studi filosofici della Sapienza, in cui si avvicinerà al catto-comunismo di Felice Balbo, con Enrico Castelli e Franco Rodano. In quel contesto lesse Lev Chestov e il saggio di Auguste Cornu sul pensiero di Marx – Karl Marx, De l’Hégélianisme au rialisme Historique – del 1934. Il saggio di Cornu fu fondamentale, secondo Lanna, perché per la prima volta Del Noce poté leggere, in maniera indiretta, il pensiero teorico di Marx. Quindi, tramite il filtro di Maritain, Kierkegaard e l’interpretazione di Marx, si andò a innervare il pensiero sistematico di Del Noce. La successiva guerra di liberazione, vista da una larga fetta degli intellettuali come un momento di una palingenesi morale per gli italiani, per Del Noce, al contrario, fu l’instaurazione di un nuovo regime poiché ad un regime violento vi si andava a contrapporre uno nuovo, tramite l’utilizzo della violenza. Tale tesi venne ampiamente argomentata da Del Noce in una serie di diversi articoli scritti per il quotidiano torinese cattolico, Il Popolo Nuovo, dal giugno del 1944, tramite la redazione di ben nove articoli che avevano come tema centrale il “superamento dell’antifascismo”. Per il giovane pensatore il post-fascismo doveva collocarsi al di là dell’antifascismo e perciò era fondamentale una pacificazione generale tra tutte le parti politiche in campo. Lo stesso movimento fascista non andava analizzato come uno sviluppo patologico morale della società italiana e non andava neanche interpretato come la successione di problemi storici legati a tradizioni che non avevano permesso lo sviluppo sociale ed economico della società italiana, ma andava collocato come fenomeno in un quadro di crisi europea in cui totalitarismi erano considerati come una risposta.
Ma il primo saggio sistematico delnociano fu Il problema dell’ateismo, che venne pubblicato più di vent’anni dopo, nel luglio del 1964, dalla casa editrice Il Mulino. Nel saggio Del Noce prese spunto dal pensatore Karl Lowith, che fu il teorizzatore della modernità razionalista, interpretata come sviluppo del pensiero hegeliano-marxista, ma che per Del Noce, invece, essa andava retrodatata alla filosofia del Seicento, partendo da Cartesio, Pascal, Malebranche e Vico, per giungere fino a Nietzsche. Proprio da tale assunto Del Noce arrivò a sostenere che la filosofia si costituisce passando “attraverso la storia“, dando un’interpretazione ermeneutica di ogni singolo evento storico in atto.
L’attività culturale di Del Noce assunse, contemporaneamente, diverse direzioni. Nel 1966 Alfredo Cattabiani, in qualità di direttore editoriale della casa editrice Edizioni Borla, affidò a Del Noce, coadiuvato da Elémire Zolla, la direzione della collana Documenti di cultura moderna. Vennero pubblicati i saggi di studiosi di svariate discipline, tra i tanti si possono citare: Etienne Gilson e Titus Burckhardt, nipote dello storico Jacob. Su iniziativa di Del Noce vennero pubblicati anche due saggi di Simone Weil: Grecia e le istituzioni precristiane; L’amore di Dio. Secondo Del Noce il pensiero filosofico dell’intellettuale francese e in modo particolare il suo studio sulle fonti greche si avvicinava a una profonda trascendenza di carattere mistico. Nel 1969 Del Noce lasciò la Edizioni Borla per la Rusconi Editore, dopo che lo stesso Cattabiani aveva fatto il medesimo passaggio. La nuova collana editoriale affidata a Del Noce, che vedeva sempre la condirezione con Zolla, venne denominata “Problemi attuali“. Oltre agli autori già pubblicati nella precedente casa editoriale, si aggiunsero, per espressa volontà di Del Noce, i classici del pensiero controrivoluzionario, come: Tolkien, Heschel, Lévi-Strauss e Horkheimer.
Nel 1971 portò alle stampe il saggio scritto a quattro mani insieme a Ugo Spirito, filosofo attualista, intitolato Tramonto o eclissi dei valori sociali? Nel dialogo confronto tra i due filosofi, Del Noce indicava in modo lineare la sua concezione tramite la determinazione di due concetti quali modernità e tradizione. Categorie che potevano essere comprese all’interno di una concezione non unica di moderno, in cui la tradizione, interpretata come principio metafisico di stampo platonico, poteva essere messa a confronto con l’evolversi del mondo e delle sue sempre nuove problematiche, in quel caso con il mutamento antropologico che stava avvenendo a seguito dello sviluppo scientifico e tecnico.
Contemporaneamente all’attività accademica saggistica, editoriale e accademica, dal 1974 insegnò Storia della Filosofia presso la Facoltà di Scienze Politiche della Sapienza. Del Noce svolse anche un’intensa attività pubblicistica, tramite la collaborazione con il quotidiano Il Tempo, collaborazione che ebbe inizio nel 1976. L’attività giornalistica di Del Noce, secondo Lanna, si innestava in tre direzioni: impegno politico dei cattolici; analisi e interpretazione del contesto storico in atto tra democristiani e comunisti; interpretazione del fascismo.
Partendo da quest’ultimo punto, Del Noce rilesse il marxismo concepito da Gentile, come scrisse nell’articolo Il problema della definizione storica del fascismo (Storia e politica, n.1 1976): il marxismo diventava una filosofia trascendentale da cui ne scaturì il movimento fascista. Tale interpretazione delnociana è stata ripresa anche da De Felice per spiegare le origini del fascismo.
Del Noce fece anche una rilettura dell’influsso che ha avuto la lezione gramsciana dei Quaderni del Carcere sulla società italiana post Seconda guerra mondiale, nel saggio Il suicidio della rivlouzione, pubblicato nel 1978. Secondo Del Noce, il tentativo gramsciano di interpretare il marxismo era una trascrizione dell’attualismo gentiliano, che concepiva il materialismo storico alla sua sola sovrastruttura. Tale costruzione aveva generato una nuova categoria sociale, quella della massa/borghesia, che si andava a innestare in un nuovo ordine tecnocratico e capitalistico. L’esito di questo processo porterà ad un vero e proprio suicidio della rivoluzione e causando la sconfitta della filosofia marxista nei confronti delle logiche borghesi capitalistiche e tecnocratiche.
Oggi che l’omologazione è completa e compiuta, il lavoro intellettuale di Augusto Del Noce – letto anche attraverso la lente di Luciano Lanna – si configura come uno dei pochi in grado di ammonire i posteri sui rischi dell’opulenza tanto desiderata. Dal 1989, anno della sua scomparsa, l’ordine tecnocapitalistico ha fatto in tempo a conquistare e a perdere l’egemonia. Adesso è più facile vedere ciò che Del Noce desiderava: ritrovare il passato per scrivere il futuro. Tutto il contrario di una pura accelerazione: occorre fare i conti con un’eredità ingombrante, superando l’antifascismo e ritrovando valori che siano davvero nostri. Forse la via giusta per un tanto agognato archetipo filosofico per la destra conservatrice di governo.