OGGETTO: L'angoscia dietro la tecnica
DATA: 19 Gennaio 2024
SEZIONE: Tecnologia
FORMATO: Scenari
AREA: Altrove
Le risposte approssimative stanno minando le fondamenta della società occidentale. L'intelligenza artificiale vende felicità a corto respiro, perché svincolata da qualsiasi necessità di affermare il dubbio, vero motore della creatività. Solo quando quest'ultimo tornerà al centro, allora, potremo osservare una rinascita filosofica.
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Un giorno di questi capiterà che ci sveglieremo e la libertà non avrà più alcun senso perché a forza di essere sulla bocca di tutti non ne resterà più. Cosa significa oggi essere liberi? Abbandonare le mille influenze e dipendenze che attanagliano la quotidianità dell’uomo contemporaneo per poi ritrovarsi soli con le proprie meschinità? Si tratta forse di scegliere da cosa essere dipendenti, momento dopo momento, per evitare l’ottusità di chi ha affidato la propria esistenza ad un unico dogma? Se l’uomo oggi è in grado di porsi questioni di questo tipo allora non può prescindere dalla consapevolezza di ciò che è realmente la libertà. Una fede. Dunque la volontà che il mondo abbia un senso piuttosto che un altro. La libertà, come assenza assoluta da vincoli, si declina nella duplice accezione di libertà dai vincoli esterni e libertà dai vincoli interni. Altro non sono che due facce della stessa medaglia perché sia l’assenza di vincoli esterni sia l’autodeterminazione aspirano entrambi all’assenza di condizionamenti, di quale natura essi siano. Da qui la questione del libero arbitrio secondo cui la volontà è al di fuori dei processi causali e la scelta dell’individuo in quanto evento privo di causa scaturisce dal nulla.

Chiunque potrebbe assennatamente sostenere che la libertà, poniamo conto di un individuo, termini laddove inizi la libertà altrui. Qualsiasi sistema giuridico che non tolleri libertà illimitate e quindi poteri assoluti risponde essenzialmente a questa logica. Dunque se la libertà ha dei confini perché la società non può tollerare che l’individuo sia completamente libero, esistono delle libertà che sono lecite e delle libertà che non lo sono, la cui messa in pratica è stigmatizzata. Se si accetta che la libertà subisca dei limiti, non è per questo soltanto la libertà un mito?

In tempi di sovraccarico cognitivo la coscienza umana è soggetta ad un tale agglomerato di informazioni e valori, talvolta contrastanti, che l’elaborazione degli stessi per formare l’identità individuale è un processo in cui la libertà va rarefacendosi. Si innesta un meccanismo di salvaguardia della salute mentale che induce l’uomo, oltre al distacco emotivo, anche alla selezione fra la miriade di stimoli a cui è sottoposto. E questa selezione avviene spesso ad un livello inconscio per cui la libertà si “nasconde” anche agli occhi dei più convinti sostenitori del libero arbitrio.

L’illusione che l’uomo possa affrancarsi dalle sofferenze dell’esistenza tramite la propria volontà è il corollario della libertà di scelta e trova ampio spazio oggi. Le varie forme di potere oggi in vigore ci sottopongono la libertà della tecnica come faro. I tradizionali propulsori sociali che eravamo portati a considerare come paladini della libertà individuale, la democrazia, il socialismo o la religione, lentamente soccombono di fronte all’incedere della tecnica alla quale è concessa una libertà sempre maggiore. Come ben esemplificato da Severino in Volontà, destino e linguaggio:

Oggi l’uomo dice alla tecnica «Salvami!», cioè si riproduce nei confronti della tecnica il rapporto dell’uomo rispetto a Dio. E l’uomo sta capendo, da capo, che se la tecnica è una sorta di demone nelle mani dell’uomo, è un demone inceppato, limitato da quei vincoli di cui parlavamo prima. La tecnica è impotente se deve a sua volta servire a salvare l’uomo. E così andiamo verso il tempo in cui l’uomo si renderà conto che anche alla tecnica va detto quello che, un tempo e ancora oggi, qualcuno dice a Dio: «Sia fatta la tua volontà, non la mia volontà».”

Di recente l’Unione Europea ha tentato di normare l’intelligenza artificiale per arginarne le conseguenze negative, a tutela dei diritti fondamentali dell’individuo. Il tentativo di arginare l’intelligenza artificiale, l’espressione recente più alta della civiltà della tecnica, somiglia ad un colpo di coda della democrazia che con la scusa della salvaguardia da rischi concreti quali la manipolazione comportamentale cognitiva o la categorizzazione biometrica dei dati sensibili, tenta di frenare la progressiva erosione delle proprie fondamenta. Ma se già di per sé la tecnica modifica radicalmente il nostro modo di pensare, incanalare l’intelligenza artificiale lungo i binari del rispetto dei diritti fondamentali non pare uno sforzo vano? Perché la crescente convinzione che la tecnica possa veramente esplicare tutta la propria potenza solo ove lo scopo della tecnica stessa sia l’incremento della tecnica, comporta che non vi sia spazio per altri scopi confliggenti. Oltre a dover attender per capire se l’intento meritevole del legislatore europeo si possa tradurre in effetti positivi del Regolamento di recente approvato, nel senso di arginare l’IA, resta la considerazione che l’Unione Europea è un organismo che non rinuncia certo, come qualsiasi macro-istituzione, al primato della tecnica a discapito delle altre forze sociali. La tendenza è proprio quella di cedere sovranità all’Unione affinché questa si possa “liberare” dalla zavorra del consenso dei singoli Paesi su questioni che per quanto delicate, quali su tutte il riscaldamento climatico, necessitano di soluzioni rapide. E le soluzioni, ancora una volta, non possono certo prescindere dalla supremazia della tecnica, intesa come strumento in grado di portare le cose dal nulla all’esistenza e viceversa.

Se tuttavia l’esponenziale erosione delle risorse naturali della Terra, come ogni forma di violenza, risponde alla suddetta logica secondo cui ogni cosa ha un valore limitato perché destinata proprio a ritornar nulla, come si può pretendere che la tecnica stessa possa essere allo stesso tempo la causa e la soluzione del problema? Il cortocircuito è il tratto distintivo dell’Occidente. L’atto di violenza nei confronti della realtà nasce nella misura in cui si considera l’uomo in grado di risolvere sé stesso. L’ossessione del fare e disfare intesi come creazione e distruzione sono solo la naturale conseguenza. Se nessuno si salva da solo perché la solidarietà e l’empatia creano vincoli in grado di alleviare, quantomeno, la sofferenza dell’individuo, perché l’umanità affidandosi incondizionatamente alla supremazia della tecnica sarebbe in grado di salvarsi? E se l’errore decisivo risiedesse proprio in quella “salvezza” che da sempre l’uomo va cercando? La tecnica non potrà garantire a lungo, di per sé, una felicità priva di angoscia perché è una felicità che sconta il timore di non essere abbastanza potente. La felicità della tecnica è una forma di felicità priva di verità che si trascina l’illusione che, se non Dio, allora l’uomo sia depositario del potere di creazione e distruzione. L’esplosione del dubbio sarà in grado di sfatare il mito della tecnica e sancire la rinascita filosofica dell’Occidente.

Roma, Dicembre 2023. XIII Martedì di Dissipatio

I grandi problemi che angosciano l’umanità del XXI secolo richiedono non solo soluzioni globali bensì la capacità di mantenere aperta una questione prima che l’ansia di risposta conduca di nuovo ad una risposta approssimativa. Una conclusione incapace di spiegarsi davvero diffonde incomprensione e disagio, gli stessi che serpeggiano da secoli minando le fondamenta della civiltà occidentale. Oggi più che mai il tempo è maturo affinché chi ha potere decisionale comprenda che prima ancora di risoluzioni pratiche è necessaria una rivoluzione della prospettiva con la quale guardiamo l’esistenza.

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