Il piede sinistro trova un appoggio sul pavimento, ma poi si sposta in un altro punto. Di conseguenza anche il destro deve riadattarsi alla nuova posizione per compensare il chiasmo, irrimediabilmente perduto, ancora e ancora, ma non c’è nulla da fare. L’allineamento perfetto per la giusta posa è ostacolato da una lievissima, se non quasi impercettibile, imperfezione del pavimento su cui poggiano e si spostano in un tango tutto mentale, i piedi di Mario Draghi. Il destro, inclinato di quarantacinque gradi verso il fronte del pubblico prende il posto del sinistro, ad esso parallelo (ma un po’ più a lato), che a sua volta si solleva, insieme alla gamba (e si ripone perpendicolare sopra la prima) rivolto verso Emilio Giannelli, ex direttore generale della Fondazione Monte dei Paschi di Siena e storico vignettista del Corriere, e verso i due moderatori, più lontani di Giannelli da Draghi (dall’altro lato del palco), Paolo Conti e Luciano Fontana, più timidi.
Non poteva essere scelto che un senese per tenere testa all’impenetrabile e astutissimo dominus nella sua visita presso la Sala Buzzati di via Balzan il 21 febbraio, un vero e proprio onore per la Fondazione Corriere della Sera. Parafrasando Malaparte, è solo nei senesi che si ritrova quella gentilezza femminile e civile d’artigiano che non parla a denti stretti – certo, con sospetto e malizia –, ma “come c’è l’ombra in fondo all’acqua più chiara, in fondo allo sguardo più limpido”. Senese poi, in quanto all’innata tendenza di quel popolo a raccontare bonariamente di ciò che è grande, facendolo piccino piccino, come racconta in fondo “Un’Italia da vignetta”, il libro di Giannelli presentato con un ospite d’eccezione, di fronte ad un pubblico d’eccezione, tra cui si staglia defilato il profilo di Ferruccio De Bortoli.
Un posto vuoto in prima fila si fa particolarmente notare, per poi essere subito occupato da Urbano Cairo – giunto sul posto al limite dei tempi concessi alla formalità del ritardo – che saluta con un occhiolino gli ospiti vicini, affannato; sempre nella prima fila, più a sinistra, il Presidente della Borsa Italiana, Claudia Parzani; altri invece, restano vuoti, in particolare quello di Mario Monti e dei suoi. Ci si aspettava di notare perlomeno il rettore della Bocconi, Gianmario Verona, ma nemmeno lui all’orizzonte delle prime file, in quel raffinato e al tempo stesso ambiguo scambio di battute tra l’ex Presidente del Consiglio e i suoi corteggiatori. Come per ogni avance che si rispetti, l’occasione è solo una scusa ed il “possesso” è sempre “imperfetto” come ricorda D’Annunzio. L’equilibrio perfetto non esiste, è sempre uno dei due a tenere il coltello dalla parte del manico, specialmente durante certe visite che si potrebbero audacemente definire come “di cortesia”.
È il Drago “dormiente” che da ospite ambito si permette di punzecchiare sottile i padroni di casa. Questi hanno tentato di imbastire una cerimonia di riappacificazione tra lui e Monti, ma la mediazione è fallita e il Corriere deve accontentarsi: nel medio periodo di inaugurare un ciclo di convegni di neo-keynesiani (28 febbraio: “Keynes l’eretico” con Giorgio La Malfa); nel breve periodo se non nell’istante del palco-scenico di via Balzan, di resistere alla sensuale frigidità dell’ospite, capace di ferire con parole soppesate e significati nascosti durante lo scambio tra le controparti presenti sul palco. Sulla dolce e raffinata napoletanità di Fontana non possono che scivolare i sarcasmi dell’ex banchiere centrale, ma Conti, invece, dissimile per formazione ed esperienza, seppur come Draghi romano di nascita, resta più sulla difensiva quando gli si rivolge direttamente e preferisce contrattaccare per procura attraverso Giannelli e le sue vignette. Nonostante le precondizioni, il gioco delle parti resta ambiguo ed è difficile comprendere ove finisca il sentimento ed inizi la finzione sul palco di Sala Buzzati. Quando Draghi dice di essere ormai un “ex potente”, la firma del Corriere risponde con un “mai dire mai” a cui egli ribatte con “questo sei tu a dirlo” da manuale. Risata del pubblico. Conti pare arrossire, ma forse è solo la sua abbronzatura a dare questa impressione.
Con una discrezione frutto di grande esperienza Draghi guarda l’ora sul suo applewatch, senza farsi notare, nonostante l’evento proceda perfetto senza ritardi. Noia o controllo delle tempistiche? In un passaggio successivo, dissentendo dall’aforisma di Fitzgerald, quello in cui si dice che “tutti gli italiani sono attori ed i peggiori stanno sul palco” afferma di “non [essere] d’accordo, soprattutto per quanto riguarda Emilio Giannelli”, lì sul palco accanto a lui ed ai padroni di casa, più lontani, dall’altra parte del palco. La partita è di altissimo livello e Draghi riconosce l’intelligenza toscana del vignettista, ma tiene sulle spine Conti e Fontana. Tra il pubblico gli admin della pagina Facebook “Capire Giannelli”, un’allegra coppia sulla quarantina, applaudono un po’ in disparte rispetto agli altri ospiti della seconda fila, la cui età media è decisamente superiore. A questo punto provano ad entrare a gamba tesa Conti e Fontana con la proiezione della vignetta che ritrae Monti nudo a uomo vitruviano inscritto nella moneta da un euro. I due accennano ad una risata cauta, a cui segue un principio di schiamazzo dal pubblico, che però s’interrompe imbarazzato quando questo si accorge che Draghi, probabilmente per la posizione della sua poltrona, oppure per dissimulata distrazione, non si è accorto della vignetta e non pare voler ridere insieme a loro. Silenzio.
Curioso che il 26 febbraio, sulle colonne del Corriere sia spuntato puntualissimo un articolo firmato da Mario Monti, nel quale l’antagonista di Draghi sostiene che Meloni e Giorgetti sul Superbonus abbiano fatto meglio di Draghi e Franco, che a suo avviso avrebbero dovuto revocare la misura. È dunque “audace”, forse, definire la visita di Draghi in Via Balzan come di cortesia, con la scusa della presentazione del libro di Giannelli, ma al tempo stesso è utile per farsi un’idea riguardo lo scontro sotterraneo tra il mondo della Bocconi, del Sole 24Ore e Mario Draghi, al quale sembrerebbe prospettarsi in un futuro non troppo lontano un ruolo di alto profilo, probabilmente, nelle istituzioni europee, magari a Presidente della Commissione. Possibilità ventilata da uno degli scambi finali dove Draghi, per sfinimento all’insistenza di Conti e Fontana e dei loro “mai dire mai, Mario”, ha risposto “dai smettiamola, tanto ormai lo sapete già tutti”. Cairo era presente all’evento, i bocconiani no. L’uscita allo scoperto di Monti sul Corriere è forse una volontà di rimarcare che quelle colonne sono roba sua? Andrea Muratore su Tag43 scriveva che quella tra Draghi e Monti è stata sinora una “pace armata”, ma è possibile che la situazione stia evolvendo verso uno scontro più aperto, al quale Supermario è apparentemente restio a parteciparvi pubblicamente? Se sì perché? E perché così duri i toni di Monti? Forse che il bocconiano si senta minacciato in casa sua da un dominus potenzialmente capace di rompere il proprio sistema di alleanze in casa Corriere della Sera?
Originariamente pubblicato il primo Marzo 2023