OGGETTO: La spia intoccabile
DATA: 14 Marzo 2024
SEZIONE: Recensioni
FORMATO: Letture
AREA: Italia
Federico Umberto D’Amato, critico culinario e autore di "Menù e dossier", diventerà nel tempo l'incarnazione dell'Ufficio Affari Riservati. La storia incredibile di un uomo potentissimo e stravagante ricostruita da Giacomo Pacini.
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Il profilo melodioso delle cupole e dei campanili di Roma trasmette un’emozione differente quando il cielo si tinge di rosso, prima di tuffarsi nella notte della democrazia italiana, fatta di ombre, ricatti e verità che pargono talvolta meno plausibili delle menzogne. Piene di polvere, tra archivi giudiziari, di polizia e verbali, rapporti di questure, interviste e allusioni, le bugie e le minacce si intrecciano in una giungla selvaggia di piste da percorrere e ripercorrere avanti e indietro maniacalmente per inseguire la storia, alle porte del presente. Porte chiuse, che separano l’autore dalle fonti, con decine di anni di riservatezza di Stato. È un inseguimento in un labirinto di specchi che Giacomo Pacini conduce con lucidità geometrica e calma chirurgica, ricomponendo la genealogia dell’Ufficio Affari Riservati a partire dalla svolta di Salerno sino alla morte del suo più potente e intoccabile uomo, Federico Umberto D’Amato.

Se qualcuno mi viene a dire che i miei vent’anni sono gli anni più belli della vita, gli sparo in faccia“.

Federico Umberto D’Amato (rapporto questura di Roma 1945)

Ufficio Affari Riservati, già dal nome, come nebbia in un cimitero, un’aura di mistero si avvolge attorno all’acronimo UAR, struttura che eredita la sua forma dall’Ovra e dal suo tentacolo, la PolPol – solo formalmente disciolte nel 1943 – restaurate ad hoc per la Repubblica costituzionale, da Romita a Scelba. La continuità di questo organismo con l’Ovra fascista consistette non già solamente in analogie funzionali, bensì anche in termini di personale come ad esempio Guido Leto, Gesualdo Barletta, ma anche Federico Umberto D’Amato, giovane ufficiale di polizia appena ventenne, in contatto con gli Oss americani di Angleton sin dall’infanzia, abilissimo e precoce agente in grado, a partire dagli anni prossimi alla fine della Guerra, di portare agli arresti centinaia di spie dell’Abwher, guadagnandosi “più medaglie e stelline di quante ne potesse vantare Ferruccio Parri, che all’epoca aveva settant’anni”.

Dalle ceneri dell’Ovra, la fenice Uar, accompagnerà sotto diversi acronimi, sino al suo ufficiale discioglimento nel’74, la Repubblica Italiana come un angelo oscuro che tutto vede e tutto sente. Uar e D’Amato divengono negli anni una cosa sola. Nei verbali e nei documenti, “Uar” significa “Federico Umberto D’Amato”, la spia intoccabile, temuta a tal punto da non essere mai, salvo alcuni casi isolati, attaccata da giornali o televisioni per il timore di eventuali rivelazioni scomode. Dopo il “confino” che Tambroni impone a D’Amato, con la fine di tale governo, Federico rientra in gioco sotto la protezione di Taviani, quando l’Uar aveva già assunto in seguito ai suoi precedenti vertici, le competenze tecnologiche triestine, disponendo di un organo di polizia parallela in grado di filtrare indagini e infiltrare partiti politici, giornali, circoli missini, ordinovali, comunisti, socialisti, anarchici, grazie ad attività economiche simulate e basi d’appoggio per gli agenti sotto falsa identità grazie ad una rete di possedimenti patrimoniali nel cuore della Capitale e in tutto il Paese. Una potenza in grado di operazioni psicologiche della dimensione dei fatti di Segrate, con la morte di Feltrinelli “[…] che giocava alla rivoluzione senza rischiare in prima persona” e che affonda le sue radici nella collaborazione con personaggi pronti a tutto come Stefano delle Chiaie. La dimensione della figura di D’Amato è internazionale, in quanto fondatore del “Club di Berna”, non club esclusivo per divi, bensì organo Nato segretissimo che riuniva nella collaborazione per la difesa e la sicurezza in temi di interesse reciproco le polizie politiche, ops, servizi d’informazione, di Italia, Francia, Germania, Belgio e talvolta anche Regno Unito sotto l’alveo Usa.

Giacomo Pacini con quest’opera storica offre un punto di vista privilegiato sulle più grandi vicende della storia primo repubblicana a partire dall’omicidio del Gran Visir dell’Eni Enrico Mattei, al Golpe Borghese e le relazioni tra Uar e Avn e la conseguente rottura di rapporti con tali ambienti divenuti, dopo la strage di Piazza Fontana, infrequentabili, per non dimenticare il succoso capitolo sull’infiltrazione nel Pci tra 69’ e ‘71, nel quale si parla di confidenti dell’Uar molto in alto nella gerarchia del partito, per altro ancora in vita al giorno d’oggi. L’ombra dell’Uar parla con tutti i personaggi più in vista senza destare alcun sospetto ed è curioso come anche insospettabili del mondo discografico, come Enrico Rovelli, nome in codice “Anna Bolena”, noto produttore di Celentano, Renato Zero, Vasco, abbia svolto un ruolo fondamentale nell’infiltrazione Uar nel circolo anarchico milanese negli anni in cui il fanatismo di tali militanti, rendeva impermeabili certi ambienti ai metodi impiegati nei decenni passati.

Roma, Ottobre 2023. XI Martedì di Dissipatio

Più di sessant’anni di servizio ufficiale e un decennio circa di attività di gestione di reti informative dopo il suo pensionamento, Umberto D’Amato è stato anche critico culinario collaboratore con L’Espresso. Con la chiusura nel ‘74 dell’Uar e la sua metamorfosi in Ucigos (Ufficio centrale per le investigazioni generali e per le operazioni speciali)  nel ’78, sotto Cossiga, gli uffici politici presero il nome di Digos, nell’aprile del 1981 l’Ucigos divenne Dcpp (Direzione centrale di polizia di prevenzione) ancora oggi presente. Alla chiusura dell’Uar nel ’74 fu trasferito alla direzione della Polizia di Frontiera, ruolo di primaria importanza ancora oggi. Alla morte nel ‘96 di D’Amato è conseguito il ritrovamento dell’Archivio di Via Appia, grazie al quale si è iniziato a comprendere a pieno la portata dell’Uar per la storia del nostro paese e grazie alla paziente ricostruzione di Giacomo Pacini è possibile, anche per i digiuni di storia, affacciarsi sul lato più oscuro e incredibili del nostro Paese.

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