Nel 1852 Karl Marx nel saggio Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte scrisse: “Gli uomini fanno la propria storia, ma non la fanno in modo arbitrario, in circostanze scelte da loro stessi, bensì nelle circostanze che essi trovano immediatamente davanti a sé, determinate dai fatti e dalla tradizione”. Con questo incipit, Marx descriveva il colpo di stato perpetrato da Luigi Napoleone, il futuro Napoleone III nel 1852, dandone una descrizione dell’uomo politico che si ergeva alla leadership. Marx scriveva che quella era una nuova tipologia di leadership, non secondo la tradizione militare tracciata da suo zio Napoleone, ma con caratteristiche nuove, populiste, che ancora oggi contraddistinguono il profilo dell’uomo politico, in cui è il fattore “circostanza”, che può essere denominato anche con il sinonimo di “necessità”, che detta la vera agenda politica di qualsiasi governo. Necessità, che a seconda di come essa viene utilizzata, è determinante per l’eventuale successo o morte politica dei governanti di turno e che trova il giudice supremo nell’opinione pubblica.
Nel 1864 il presidente degli Stati Uniti Abramo Lincoln, in piena Guerra civile americana, parlò di Theory of necessity. Teoria argomentata in una lettera al giornalista Albert G. Hodges, in cui scrisse che l’abolizione della schiavitù non era un programma della sua agenda politica, ma fu dovuta ad una necessità, che lo stesso Lincoln definì di «eventi non pianificati». La stessa abolizione della schiavitù fu dettata al governo dell’Unione, quindi, da situazioni contingenti, non di carattere morale. Lincoln prese questa decisione perché l’ala più radicale del suo partito, quello Repubblicano, sosteneva che per vincere la guerra era necessario interferire negli elementi cardine della società e nell’economia confederata, dove il fenomeno della schiavitù era un elemento strutturale della società del sud e quindi la sua abolizione diveniva obiettivo strategico per la vittoria militare. Abolizione della schiavitù che poi diede ragione militarmente a Lincoln e che fu determinante per la costruzione del suo mito.
Teoria della necessità applicata anche da un altro presidente americano, Woodrow Wilson, sempre in occasione di una guerra, il Primo conflitto mondiale. Dopo che la coalizione alleata vinse la guerra, il Presidente americano, alla Conferenza di pace di Parigi, propose un nuovo ordine della politica mondiale, fondato secondo la stabilità e la prosperità, riassunta nei famosi quattordici punti per la pace, che nelle loro parte principale comprendevano: libertà di commercio, riduzione degli armamenti, fine della colonizzazione europea e istituzione di una Lega delle Nazioni. In sostanza, questi nuovi principi avrebbero dovuto plasmare l’Europa secondo i principi americani progressisti attuati dall’amministrazione Wilson negli Usa, che erano «anche i principi degli uomini e delle donne che sono a guardia di ogni nazione moderna, di ogni comunità illuminata». In sostanza il nuovo mondo doveva essere plasmato ad immagine e somiglianza seguendo a modello gli Stati Uniti d’America.
In Italia, oggi, il fattore “necessità” assume una diversa connotazione semantica. Esso diviene una causa imponderabile che blocca qualsiasi tipo di attuazione dell’agenda politica del governo. Durante la campagna elettorale Giorgia Meloni fece diverse proposte di riforme strutturali, che a sua detta erano necessarie in Italia. Ma ancora oggi tutto ciò non è avvenuto e la Premier ha utilizzato più volte tale fattore come giustificazione per la non attuazione delle previste riforme.
Il paventato arruolamento di figure esterne a FdI, come Tremonti, Nordio e Pera, personalità nell’ambito del pensiero conservatore che avrebbero dovuto contribuire a riformare il pensiero intellettuale dei quadri dirigenti del partito di FdI, non sta avendo i frutti sperati. Come hanno sostenuto i detrattori di Giorgia Meloni, la premier non solo non ha promosso nessuna riforma all’interno del suo partito, ma addirittura si è chiusa in un cerchio magico, composto da parenti e amici di vecchia data, rimandando sine die qualsiasi svolta riformista di stampo conservatrice.
Emblematica è stata la campagna elettorale di Giorgia Meloni in tema migratorio, che sosteneva la proposta di un ipotetico blocco navale per fermare gli sbarchi sulle coste italiane, cavallo di battaglia che l’ha portata a vincere le elezioni politiche. Ma una volta insediatasi a Palazzo Chigi non ha attuato nulla, anzi il 2023 è stato l’anno record per gli sbarchi in Italia, ed il governo non ha fatto altro che sottoscrivere diversi bilaterali con i Paesi del nord Africa per l’istituzione di hotspot per bloccare le partenze, misura già attuata da tutti i precedenti governi.
Anche il disegno di legge di bilancio per il 2024, approvato dal Consiglio dei ministri il 16 ottobre, sembra proseguire sulla stessa linea dell’anno precedente, quando venne redatta in parte dal governo Draghi. Manovra che anche se ha ridotto la contribuzione Irpef e la proroga del taglio del Cuneo fiscale per i redditi fino a 35mila euro, lo ha fatto in modo non strutturale. Come ha sottolineato Federico Fubini sul Corriere della Sera del 17 ottobre: “Tra un anno il governo sarà di nuovo sottoposto a una pressione politica fortissima per trovare nuove risorse e riconfermare gli sgravi“. Per la pochezza dei numeri della legge di bilancio, che ammontano a 24 miliardi.
Ma nonostante il governo non abbia attuato nulla di quanto promesso in campagna elettorale, il paradosso è che nei sondaggi, come ha rivelato l’indagine demoscopica di Nando Pagnoncelli per il Corriere della sera del 7 ottobre, Fratelli d’Italia è ancora il partito maggioritario con il 29,8% delle preferenze, staccando il Pd di poco più di 10 punti percentuali, fermo intorno al 18%. Gli elettori di FdI, sempre secondo il sondaggio, percepiscono le contingenze economiche e geopolitiche come motivazione principale per la mancata attuazione delle politiche promesse da Giorgia Meloni. Le “necessità” consentono a Giorgia Meloni di dormire sonni tranquilli per tutta la legislatura, e anche di guardare con serenità alle prossime elezioni.