Intervista

"Gli Stati Uniti sono riusciti a metter d’accordo tre nemici secolari". La lezione del Professor Di Rienzo

La "finlandizzazione" dell’Ucraina, la guerra delle ombre tra Usa e Russia, le conseguenze dell'escalation, cioè la continuazione della crisi del 2014, mai conclusa per davvero e che a sua volta ha origini antiche.
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Lei pubblicò nel 2015 il volume Il conflitto russo-ucraino, Geopolitica del nuovo (dis)ordine mondiale edito da Rubettino: un testo tanto breve quanto preciso nel descrivere il passato dell’Ucraina e, soprattutto, nell’anticipare lo scenario che oggi occupa le prime pagine dei giornali internazionali sulla scia della tesi Huntington sul nuovo ordine mondiale. L’irrigidirsi delle forze militari russe sul confine ucraino e la crescente assertività della flotta russa nel Mar Nero è la continuazione della crisi del 2014, mai conclusa per davvero e che a sua volta ha origini antiche, come la storia degli abitanti di questa regione, per buona parte delle trattative odierne tra Russia e Stati Uniti, lasciati da parte ai tavoli negoziali. Prendiamola alla lontana: Chi sono oggi e qual è la storia degli abitanti dell’Ucraina e della Crimea?

Quando il territorio dell’Ucraina fu spartito tra l’Impero russo e asburgico si ebbe una frattura all’interno di questo Paese, poichè la parte nord-est guardò a Kiev, all’Occidente, mentre quella sud-orientale guardò verso la Russia, e ospitò cittadini prevalentemente russofoni. Un altro discorso è invece quello della Crimea, russa dal 1792. Ritornando alla spaccatura, questa si è protratta nel corso dei secoli e nel 1918 l’Ucraina di Kiev diventa indipendente de jure, ma non de facto, in quanto stato satellite della Germania dell’epoca. Dal 1922, l’Ucraina è una Repubblica Sovietica, la più importante, forse, tra le tante che componevano l’Urss.

Nella Seconda Guerra Mondiale, quando il territorio ucraino venne invaso dalle truppe tedesche, si replicò nuovamente questa divisione, e la Rus’ di Kiev tornò ad essere uno stato satellite della Germania nazista. Addirittura venne formata una Divisione SS composta da cittadini ucraini che combatterono a fianco dei nazisti insieme con la Guardia Nazionale Ucraina. È doveroso ricordare che questi due gruppi armati diedero man forte alla persecuzione degli ebrei. Dopo la morte di Stalin, nel 1954, Mosca cedette la Crimea all’Ucraina, che in quel periodo era ancora nell’Unione Sovietica. 

Fu come un regalo che si fa ad una moglie, tutto rimase in famiglia. Dopo la caduta del Muro e in vista dell’implosione dell’Unione Sovietica e del Patto di Varsavia, Gorbačëv – colui che impose al governo di Berlino est di non reprimere le manifestazioni filo occidentali nella DDR – assicurò che la Russia avrebbe permesso ai propri stati satelliti di scegliersi il sistema politico da loro preferito, a patto che non fossero mai entrati nella Nato e nell’Unione Europea. Per quanto riguarda la Nato, nell’incontro di Malta, qualche mese dopo il crollo del Muro, Bush padre acconsentì al patto che viene oggi ricordato con l’aforisma “not one inch”. Questi accordi, che furono solamente verbali (ossia che non furono mai recepiti in un protocollo diplomatico, ma di cui esiste la trascrizione) furono sempre disattesi dalla Nato. 

L’avanzata progressiva dei confini delle basi dell’alleanza atlantica ha così circondato la Russia. La rivoluzione – o colpo di stato a seconda dei punti di vista – dell’Euromajdan del 2014, sostenuta da Usa, Germania e Polonia, prefigurava un’entrata dell’Ucraina nella NATO. Entrando l’Ucraina nella Nato sarebbe di fatto entrata anche la Crimea, e questo per la Russia avrebbe significato perdere il suo porto più importante, quello di Sebastopoli, l’unico accesso ai «mari caldi», ossia al Mediterraneo, via Mar Nero e Stretti turchi, perché come sappiamo i porti del Mar Baltico sono per gran parte dell’anno, ghiacciati. La Russia si sarebbe trovata, nell’ipotesi di un’Ucraina nella Nato, con i confini (oggi contesi) completamente sguarniti. Dall’Ucraina ci sono solamente 500 chilometri sino a Mosca, e 200 fino a Volvograd, la vecchia Stalingrado. La situazione per certi versi ricorda quel che accadde nel cortile di casa degli Stati Uniti con la crisi dei missili di Cuba. Così Mosca nel 2014 ha occupato la Crimea e favorito l’insurrezione filo-russa nella regione del Donbass. 

Questo stallo fatto di cruenta guerriglia nella zona sud orientale dell’Ucraina è durato sino a quando, verso la fine dell’anno scorso, la Russia è ritornata ad ammassare le proprie truppe ai confini ucraini. La domanda da porsi è, cosa accadrà? Io, che sono uno storico e non un profeta, ritengo che siamo di fronte alla classica guerra di nervi, ma che fa parte di una precisa dottrina militare russa, la così detta Maskirovka, anche soprannominata “guerra delle ombre”. È una guerra mascherata, travestita, una guerra di disinformatia (disinformazione) Nell’estate del 1943 fu combattuta, proprio non lontano dall’Ucraina, una grande battaglia tra i carri armati sovietici e quelli tedeschi, la famosa battaglia di Kursk. Fu vinta dai Russi, grazie alla Maskirovka. Da quel momento la spinta propulsiva della Germania contro la Russia si arrestò. La peculiarità di questa battaglia fu il fatto che la superiorità dei mezzi sovietici fu celata attentamente. Così ci fu un primo attacco tedesco che ebbe successo, ma la poderosa controffensiva russa sbaragliò le forze naziste. Oggi, gli scopi della tattica russa sono gli stessi, attentamente avvolti da ombre e nebbie, seppur in un contesto che non è di guerra aperta. 

Che cosa vuole fare Putin? Vorrei far notare ciò che di anomalo che sta accadendo in questo periodo. Mentre l’Occidente sostiene che la Russia stia per attaccare l’Ucraina, i dirigenti ucraini smentiscono, mettendo in luce quanto questo atteggiamento non possa che aggravare la tensione. Cercando di riportare tutto questo alle mire di Putin è chiaro che l’obbiettivo sia di evitare un allargamento ulteriore della cintura di basi Nato e molto probabilmente arrivare ad un accordo russo-ucraino, con la Francia di Macron nel ruolo di mediatrice, saltando tutte le altre intermediazioni, garantendosi la neutralità dell’Ucraina, esattamente come accadde per la Finlandia, che durante tutta la Guerra Fredda restò neutrale.

Il conflitto russo-ucraino, Geopolitica del nuovo (dis)ordine mondiale (Rubbettino) di Eugenio Di Rienzo

Della cosiddetta finlandizzazione dell’Ucraina avevano parlato sia Bush padre, che tenne un discorso al riguardo proprio a Kiev rivolgendosi agli ucraini, e lo stesso sostenne Kissinger durante la crisi del 2014. Gli Stati Uniti avrebbero assicurato, in questo ultimo mese, alla Russia mediante un messaggio segreto – e qui siamo veramente nella guerra delle ombre – che avrebbero garantito per i successivi dieci anni almeno, che l’Ucraina non sarebbe stata accettata nella Nato a causa della corruzione della sua classe dirigente. Le parole di Kissinger se riprese oggi eviterebbero il massacro di una guerra civile, che ad ogni modo è ancora in fieri in Ucraina. Proprio nel Donbass ci sono i più grandi giacimenti di carbone e le più grandi industrie, fondamentali per la Russia. Questa tensione e la guerra civile non hanno fatto altro che aggravare la situazione economica, facendo ritrarre i maggiori investitori. 

La Russia, a differenza di quel che si legge sui giornali, non ha più tuttavia la forza dell’Unione Sovietica per impegnarsi nella riconquista della Polonia e degli Stati Baltici e lo stesso vale per l’Ucraina, anzi soprattutto per l’Ucraina. La stessa occupazione dell’Ucraina sarebbe un peso insopportabile per Mosca, gravissimo. Da un punto di vista militare, la guerra per Putin sarebbe vinta facilmente, però mantenere il controllo di questo territorio, sarebbe molto complesso e dispendioso. L’Ucraina è grande come la Francia ed è popolata da 40 milioni di persone. È un territorio sterminato ma carente di grandi arterie ferroviarie e stradali. Nemmeno i tedeschi riuscirono a controllarne, pienamente, la parte sud est durante la seconda guerra mondiale.

A proposito di ombre. Fino ad ora la Turchia è rimasta nell’ombra mediatica, ma ha seguito con grandissima attenzione l’evoluzione degli eventi in Ucraina e in Crimea. Quali sono i timori e gli interessi di Ankara in questa regione?

La Crimea è stata sotto l’Impero Ottomano sino al 1787. Il Mar Nero è fondamentale per la Turchia, ovviamente, che della Crimea non si è mai scordata. In più essa è un membro della Nato. Un membro della Nato particolarissimo. Ricordiamo che quando ci fu il colpo di stato contro Erdogan, i velivoli che partirono per bombardare la sua residenza estiva, partirono da basi Nato. Fu chiaro in questo caso che le mire imperiali del leader Turco non erano congeniali a Washington, tant’è vero che proprio gli Stati Uniti investirono miliardi in Romania per ammodernarne la flotta, anch’essa nel Mar Nero. La Romania non ha mai avuto una flotta particolarmente consistente, ha sempre avuto piccole navi addette a compiti di polizia marittima. La flotta romena ammodernata e ingrandita che oggi è presente in ogni caso nel Mar Nero, lo è grazie al denaro statunitense.

Tra le richieste russe c’è stata anche quella di riportare la situazione d’espansione delle basi nato al 1997, ossia far uscire dalla Romania e Bulgaria le truppe della Nato. Naturalmente questa è la classica domanda che si pone per chiedere mille e ottenere cento. È interessante però considerare le risposte di Sofia e Bucarest, che hanno respinto la richiesta russa di uscire dalla Nato, ma hanno messo in chiaro di come esse non abbiano intenzione di intraprendere una guerra contro la Russia. Lo stesso, esplicitamente, ha detto la Croazia. Implicitamente hanno preso la stessa posizione, l’Ungheria, la Francia, l’Italia e la Germania, la quale ha negato supporto bellico offensivo al governo di Kiev, ma ha offerto strumenti di protezione individuale, assicurando, però, una cifra irrisoria di elmetti e giubbotti anti proiettile all’Esercito Ucraino.  

La Germania ha dei tradizionali rapporti di ostpolitik con la Russia ed è interessata, come tutta l’Unione Europea, al Nord Stream 2 – mettendo da parte il gasdotto russo-ucraino, che una volta assicurava a tutta l’Europa il gas, oggi quasi in disuso – su cui però gli Stati Uniti hanno messo il veto, e questo è un danno, naturalmente, per tutta l’Europa, non solo per la Germania. Con questo Putin ha ottenuto di mostrare al mondo che il fronte della Nato e quello dell’UE è diviso. Macron ha detto che manderà truppe nelle Repubbliche baltiche e in Polonia, ma non in Ucraina, e anzi egli guida il fronte di quei Paesi che platealmente vogliono mantenere rapporti diplomatici con la Russia. Persino gli Americani, anche se può apparire il contrario, non vogliono una guerra con la Russia. I 2000-3000 militari statunitensi che raggiungeranno l’Europa Orientale non andranno in Ucraina, bensì in Polonia e nella regione baltica. I materiali di Washington e Londra invece raggiungeranno l’Ucraina e lo stanno già facendo, ma non certo a costo zero per Kiev.

Oggi il “fronte” russofobo capeggiato dall’Inghilterra e dalla Polonia insieme con gli Stati baltici risulta essere il “fronte che più attivamente supporta l’Ucraina contro una futura, ipotetica invasione russa. Più volte questi Paesi, a parte l’Inghilterra, negli ultimi secoli sono stati spartiti tra Russia e Germania. Quali sono gli obiettivi reali ma non dichiarati in quest’area geografica oggi, al di quelli russi?

Ci sono delle radici storiche non di secondo ordine. Kiev faceva parte dell’Unione polacco lituana istituita nel 1569 con il trattato di Lublino e oggi Varsavia vagheggia una confederazione estesa anche a Estonia e Lettonia. I Paesi Baltici si sono liberati dalla Russia dopo il 1918, e si sono create Estonia, Lettonia e Lituania, per poi essere invasi nuovamente da Mosca dopo la firma del Trattato Ribbentrop-Molotov. Lo stesso vale per la Polonia, che dopo il blitzkrieg del 1941 di Hitler, venne spartita tra Germania e Russia. Il timore di questi Paesi, e quelli analoghi di Stoccolma e Helsinki, le quali sembrano seriamente disposte a entrare nella Nato, è comprensibile, ma non giustificato rispetto alla potenza della Russia odierna.

La crisi demografica della Russia è disastrosa: e questo si riflette sulle sue forze armate. Per ammassare tutte queste truppe al confine con l’Ucraina, la Russia ha lasciato completamente sguarnito il fronte orientale. Questi militari vengono dalla Siberia e dai confini con l’Asia centrale. Per il momento, certo, Mosca non teme nulla sulla frontiera orientale con la Cina. Russia e Cina, però al di là dell’idillio che vi fu subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, sono due Paesi che sono sempre stati rivali, come lo sono sempre stati Russia e Iran. Oggi si parla di un’esercitazione congiunta sino-russo-iraniana. Gli Stati Uniti sono riusciti quindi a metter d’accordo tre nemici secolari.

Forse per Washington sarebbe stato meglio non mettere le dita negli occhi ai russi, ma tenerli come alleati da giocare contro la Cina. La Russia è un Paese euroasiatico, ma ha una vocazione occidentale che si è vista sempre negata. In una bellissima poesia di Puskin sulla russofobia, ossia dell’odio che gli occidentali hanno verso la Russia è scritto «odiate proprio noi, che siamo le sentinelle all’oriente? Noi che impediamo ai popoli d’oriente d’invadere l’Europa!». Puskin si riferiva alle invasioni mongole del XIII secolo portate avanti dagli eredi di Gengis Khan e alla funzione storica di bastione verso est che la Russia ha avuto per l’Europa. Lo stesso ripeté Dostoevskij nel 1863. 

Inoltre c’è una scissione di interessi tra Europa e Stati Uniti molto forte, che viene tenuta coperta, ma che nei momenti di tensione ciclicamente torna a riemergere. Basti pensare ai rapporti tra Russia e Francia gaullista già nella seconda guerra mondiale e al famoso gruppo di lavoro “Normandia” a cui partecipano Francia e Russia. Questo gruppo di lavoro si chiama così perché la France libre di De Gaulle, pur non essendo, certo, una grande potenza militare, inviò il piccolo ma combattivo contingente aeronautico «Normandie-Niémen» per contrastare la Luftwaffe sul fronte orientale. 

Quanto è verosimile uno scenario di “balcanizzazione” o qualcosa del genere, dell’Ucraina, Paese molto eterogeneo da un punto di vista etnico e culturale?

È verosimile se non si raggiunge un accordo russo-ucraino, perché le truppe di Mosca potrebbero non invadere tutta l’Ucraina, ma occupare la parte in cui combattono le milizie separatiste del Donbass, che fanno capo a due autoproclamate Repubbliche indipendenti da Kiev, ai cui abitanti di Mosca ha concesso il passaporto russo. 

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