OGGETTO: Commerzbank non è Rheinmetall
DATA: 25 Settembre 2024
SEZIONE: Economia
AREA: Europa
La geopolitica e l’economia legano indissolubilmente Roma e Berlino. Due casi politici recenti – l’accordo di Leonardo con Rheinmetall e la sospesa scalata di Unicredit alla Commerzbank – dimostrano la forma contemporanea di un rapporto politico tanto stretto quanto conflittuale.
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Quella delle nazioni europee è una vera e propria famiglia. Fratellanza e disprezzo, interessi comuni e sospetti si alternano in una danza politica e culturale oramai millenaria. Ogni membro di questa famiglia si definisce e caratterizza soprattutto attraverso i fitti e numerosi rapporti che tiene con i suoi vicini; l’amore e la paura dell’Altro sono del resto categorie politiche che muovono gli uomini e definiscono le collettività. Una coppia spicca per intensità tanto delle amicizie quanto dei confitti, vicina e contemporaneamente lontanissima. Italia e Germania rinnovano costantemente la loro relazione tornando sempre al punto di partenza. Eventi recenti confermano questa storia. 

Dividiamo rozzamente la complessità in odi et amo, ed iniziamo a trattare dell’amore. Roberto Cingolani, CEO di Leonardo, ha recentemente dichiarato che l’accordo strategico tra l’impresa italiana e la tedesca Rheinmetall sta per essere concluso. Le società avevano dichiarato il 3 luglio di voler creare una joint venture per produrre i futuri mezzi corazzati delle forze armate italiane, ovvero per italianizzare in produzione e caratteristiche i modelli tedeschi. Il mondo dell’economia militare è caratterizzato da marcate sovrapposizioni tra istituzioni pubbliche e private, e perciò una cooperazione industriale non è una notizia che interessa solo azionisti ed appassionati. Indica una marcata vicinanza strategica tra Italia e Germania. Il trauma dell’ultima guerra mondiale associò i problemi ed i destini dei due paesi ben più della vuota retorica dell’Asse.

Germania e Italia erano distrutte, sorrette solo dal soccorso dei loro occupanti (tenendo presente le differenze tra occupazione leggera in Italia e presenza sovietica al di là dell’Elba) e si trovavano nella necessità di rifondare la loro identità politica e strategica. Una serie di esperienze politiche hanno accomunato le scelte delle rispettive leadership: avviare e supportare la straordinaria crescita economica, avviare l’integrazione europea, entrare nelle Nazioni Unite e far parte della NATO, fronteggiare quinte colonne sovietiche o infine tenere in piedi i difficili esperimenti democratici e repubblicani. Non si può che sottolineare come le missioni siano state compiute – ed in parallelo. La pace ed il benessere divennero i punti di riferimento assoluti per i due paesi; finito il ventesimo secolo i comuni interessi geopolitici si fecero ancora più marcati. Italia e Germania fondano la loro sicurezza sul pacifismo e l’appartenenza alla comunità europea per mantenere l’ordine presso i confini, nonché sul commercio per garantire la stabilità e la prosperità a casa. I due paesi si affidano allo scudo difensivo americano non volendo (non potendo?) più armarsi ed antagonizzare il mondo per raggiungere gli scopi suddetti. 

Fino alla guerra in Ucraina erano Italia e Germania i due punti più fissi e prevedibili nella politica europea di Washington. Il 24 febbraio 2022 invece si manifestò una comune linea già messa alla prova nel 2014. I gemelli diversi avevano incluso il rivale orientale russo nel loro sistema di pace-attraverso-il-commercio. La Germania aveva basato il suo intero sistema di esportazione manifatturiera sul gas russo, e da noi ENI-SNAM aveva compiuto un’opera titanica per gassificare l’energia italiana. In verità la strategia di pacificazione era già iniziata ben prima. L’URSS esportava già dagli anni ’70 idrocarburi verso gli applicatori della Ostpolitik e la culla del più grande Partito Comunista occidentale. Gestire un gigante militare senza militarizzarsi era l’opzione più sensata considerando i bisogni delle due repubbliche. Per mesi la cosiddetta operazione speciale russa causò turbolenze aspre nel dibattito pubblico italiano e tedesco ben oltre le quasi univoche convinzioni in Gran Bretagna o Polonia. L’opinione e fazione che sottolineava quanto la Russia di Putin non fosse più recuperabile in un sistema di amicizia ebbe bisogno di tempo, ma alla fine vinse, portandoci all’oggi. L’insostenibile prezzo dell’energia è oramai un fatto accettato su entrambi i fianchi delle Alpi, e dinanzi allo sgretolamento delle rispettive manifatture si torna persino a supportare l’energia nucleare – persino, poiché il suo rifiuto è parte coerente dell’idea liberale ed umanitaria assolutamente dominante in Italia e Germania e soprattutto tra quelli che furono ragazzi negli anni ’70 ed ’80. 

I due paesi hanno bisogno di fare coppia politicamente nell’affrontare le conseguenze indesiderabili della guerra in Ucraina, poiché sono simili. Sono in senso geografico, politico e culturale al centro dell’Europa, e come tali condividono traiettorie strategiche. L’approccio degli anni 2000 e 2010 non regge più in un mondo della maturità economica asiatica e della conflittualità geopolitica. L’intesa Leonardo – Rheinmetall, come anche le grandi pressioni sulla Schuldenbremse tedesca e sul debito italiano, vanno lette nel contesto di due stati che non possono più stare a guardare, in quanto la pace e la prosperità vanno difese attivamente, che sia armandosi o reindirizzando i propri flussi commerciali. La forma di questa nuova coscienza è la cooperazione, come fu il secolo scorso quando vennero abbattute le frontiere doganali in Europa. Unire le proprie forze e possibilmente uniformare le decisioni dentro a sistemi di collaborazione rodati quali la NATO o l’UE. Agganciando i colossi della difesa si agganciano interessi gelosamente nazionali e si espande la comunanza di destino a quanti più campi politici possibili senza però destabilizzarsi. Italia e Germania hanno bisogno di una simile rivoluzione gentile per stare al passo con il mondo contemporaneo. 

Roma, Aprile 2024. XVII Martedì di Dissipatio

Le frizioni e gli opposti interessi che hanno impedito una unione perpetua tra Italia e Germania sono però ancora in piedi. In primis, una questione di narrative politiche. L’immagine dell’altro nella propria arena politica è di certo negativa. Quando si parla di Germania in Italia non si pensa alla celebre allegoria di Overbeck, ovvero all’epopea delle nazioni incompiute in cerca di libertà. Invece si ricorda la vera o presunta crudeltà tedesca dinanzi alla drammatica crisi del debito italiana, entrata tristemente nella vita intima di ogni persona; si ricorda la lotta partigiana contro l’occupante crudele; si pensa ad una forza perennemente opposta all’Italia. D’altro canto l’opinione pubblica tedesca vede a Sud dei mediterranei irresponsabili ed inefficienti e degli emigrati in massa. Poco aiutano le immagini idilliche dell’Italia estiva o l’ammirazione per il benessere teutonico. 

La mancanza di fiducia a livello di impressioni popolari riflette frequenti conflitti politici, non ultimo il clamoroso caso della Commerzbank. Lo stato tedesco ha avviato la vendita delle sue azioni della terza banca del paese. Unicredit si è aggiudicata ciò che è stato ceduto, l’equivalente del 9% di Commerzbank, e l’intero mondo finanziario sostiene che l’obiettivo sia quello di una scalata e successiva fusione. In risposta il governo di Berlino ha fermato ulteriori cessioni. Questo non è un caso da meri addetti ai lavori. Clausewitz sosteneva che la guerra fosse una continuazione della politica, e lo stesso vale per il denaro e il credito. In Italia tendiamo a non interpretare la finanza politicamente: un errore madornale considerando che la civiltà rinascimentale fondava la propria potenza sul credito e sulla moneta. Una fusione tra istituti quali Unicredit e Commerzbank condurrebbe ad una saldatura economica e politica fortissima tra Italia e Germania, di natura tanto irreversibile quanto l’adesione all’Euro. Significherebbe condividere una ennesima chiave di volta del potere, e quindi un passo indietro per quei (legittimi e non) interessi che vorrebbero Italia e Germania rivali nel sistema europeo. 

L’Italia sta facendo molti passi verso un futuro assai più europeo – nonostante due delle tre principali forze di governo convincano l’elettorato via proposte diverse. La turbolenta riforma della difesa e della politica estera vede incontrarsi Roma e Berlino, e una simile affermazione si può sostenere riguardo energia o clima. Tre grandi questioni dividono queste due entità politiche dal procedere in sinergia assoluta. La prima riguarda l’identità dei cittadini, ovvero le impressioni reciproche, che governano necessariamente in parte le scelte delle classi dirigenti. Decenni di frontiere aperte ed emigrazione hanno certamente sortito effetto, e la nuova generazione di ragazzi formati nelle università ha una marcata identificazione europea, e non solo nazionale.

La partita si gioca tra coloro il cui mondo mediatico è fatto di scuola dell’obbligo e mass media, estremamente incentrati su frontiere alquanto anguste. La seconda grande questione risiede nel tabù tedesco del debito comune europeo, codificato dal BVG (la Corte Costituzionale tedesca) e difeso strenuamente dai Liberali di Christian Lindner, nella posizione di giocare il ruolo di supporto nei governi federali. L’Italia necessita e desidera gestire grandi risorse a livello pubblico per conservare il benessere, il welfare ed affrontare il futuro. Ma tali risorse non possono realisticamente essere raccolte da Roma. Solo lo shock prodotto in Germania dall’attuale depressione economica (e non solo) può cambiare l’orgoglioso bastione del bilancio tedesco. Le elezioni parlamentari del settembre 2025 saranno decisive. La CDU, quasi sicuramente vincitrice e forse dotata di una forza ingrandita dal sistema elettorale semi-maggioritario, potrà fare scelte forti se deciderà che il suo mandato sia la mobilità, in opposizione alla staticità del governo semaforo. Un ruolo sarà necessariamente giocato dall’AfDe dal BSW, incalzanti a suon di affondi brutali il governo di Berlino o inseriti nella macchina centrista del potere tedesco.

E qui si giunge al terzo problema: l’immigrazione. Il prossimo Cancelliere dovrà accontentare in parte l’ondata di scetticismo nei confronti delle comunità turche, siriane, afghane e simili, nonostante esista comunque una fortissima voce a favore dell’accoglienza per principio e per necessità demografiche. L’Italia ha votato a favore del nuovo Patto sull’Immigrazione dell’UE, il cui spirito è rendere più efficiente ed unificata la politica migratoria, e quindi potenzialmente ridurre il numero di entrate. Il conflitto italo-tedesco potrebbe seguire l’anticipazione offertaci dal governo dell’Aja. I Paesi Bassi hanno annunciato di voler fare un passo indietro dal Patto e di essere pronti a spezzettare su linee nazionali la politica migratoria, con lo scopo di presentare il paese come scarsamente attraente per i richiedenti asilo. Il partito di GeertWilders segue una linea politica alquanto simile a quella dei suoi equivalenti tedeschi. Un governo tedesco che volesse compiacere il suo elettorato su di un problema essenziale si troverebbe in opposizione all’Italia, che necessita un fluido meccanismo di redistribuzione e non ha accolto immigrati extracomunitari come i suoi vicini settentrionali. Con l’acuirsi della crisi multifattoriale europea l’odi et amo di Italia e Germania continuerà, con nuovi picchi di fratellanza e di egoismo.

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