OGGETTO: Una critica all'idea di "tecnodestra"
DATA: 04 Marzo 2025
SEZIONE: Politica
FORMATO: Analisi
La tecnica non ha colore, è uno strumento di potere, che non può costitutivamente avere alcuna connotazione politica poiché è il contrario della verità e della scienza. La tecnica assume il moto della macchinazione dell’esattezza, che riduce costantemente la libertà umana, quest'ultima, presupposto di qualunque verità. La macchinazione ha unicamente il neoliberismo quale terreno fertile; nessuna “destra” è ad essa necessaria.
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Una serie di definizioni giornalistiche paventano l’avvento di nuovi periodi di crisi e nuove epoche medioevali: tecnodestra, destra-destra, e similari. Oltre alla scelta stilistica di bassa lega dal sapore di hashtag di Instagram, sussiste soprattutto la scarsa lungimiranza definitoria di chi si appella a tali epiteti negativi. Lasciando perdere l’obbrobrio del girotondo linguistico di “destra-destra” vero e proprio orrore psichico, il rischio della mancanza di stabilità normative in mondi metafisici stimola la ricerca in qualcos’altro, la base allora viene posta su sé stesso, autoreferenziale, supporto dove il giornalismo di sinistra crea etiche per soddisfare il suo spirito critico. Di seguito è possibile ritrovare alcuni elementi distintivi dalla mancanza di senso del termine tecnodestra.

Iniziamo dal primo elemento: un ossimoro. Non è di sicuro necessario trovare una correlazione tra tecnica e dinamica heideggeriana, tra destra e conservatorismo, ma sicuramente si tratta di due relazioni fondamentali nella definizione del campo semantico-filosofico degli stessi. Com’è possibile riunire in un solo significato, due significanti che hanno una tale differenza intrinseca?

Conservatorismo: “Posizione culturale e politica di chi sottolinea il valore della continuità di fronte al cambiamento, contro le ideologie progressiste, difendendo l’ordinamento politico-sociale tradizionale dagli impulsi innovatori.

Tecnica: “Bisogna comunque ricordarsi che la tecnica è sempre unicamente mezzo o insieme di mezzi, posti in correlazione gli uni con gli altri e caratterizzati innanzitutto dalla ricerca dell’efficacia. È evidente che nell’organizzazione tecnica non vi è alcuna teleonomia. Non esiste ricerca di un fine, se si escludono obiettivi a breve termine e sempre parziali. Il metro comune di ogni iniziativa tecnica è costituito dall’accrescimento di potenza e i mezzi possono essere caratterizzati come mezzi tecnici quando aumentano la nostra potenza.

La dimensione della tecnica è caratterizzata dall’essere una scoperta continua non sottomessa alla luce guida della libertà, ma sottoposta alla Aletheia, il disvelamento. Un progredire nell’efficacia che avvicina l’uomo ad una perfezione, non tanto in atto ma in potenza. Un movimento di perfettibilità dell’uomo che possiamo ricondurre ad un padre putativo della rivoluzione francese J.A. Condorcet.

«Condorcet cerca di orientarsi scientificamente nella totalità dei fenomeni storici allo scopo di determinare in anticipo il corso degli eventi futuri. Per il filosofo francese la storia deve diventare una scienza esatta utilizzando l’esperimento e il calcolo razionale senza alcuna presenza di superstizioni e pregiudizi. Per Condorcet le profezie arbitrarie si tramutano di conseguenza in profezie di carattere razionale che devono permettere agli uomini di sostituire alla provvidenza divina le capacità predittive umane. 

In particolare per Condorcet è l’applicazione del calcolo delle combinazioni e delle probabilità alle scienze sociali e storiche che dovrebbe permettere agli esseri umani di determinare con precisione quasi matematica l’entità del progresso futuro e il corso degli eventi. I miglioramenti futuri influenzeranno anche le facoltà morali e fisiche degli esseri umani cosicché verrà il momento in cui sul pianeta terra vi saranno solo uomini liberi. Essi non riconosceranno nessun altro padrone se non la loro stessa ragione e i tiranni e gli schiavi esisteranno solamente nei libri di storia.»

Il progredire sociale grazie al calcolo statistico, ovvero la tecnica tanto auspicata da Condorcet quanto deplorata da Heidegger, non ha una vera a propria dimensione politica, soprattutto dal momento in cui trova il suo punto d’appoggio nel centrismo. Le polarità politiche, o la evitano o la vogliono dominare, soltanto il centro, l’approccio politico medio pragmatico è io vedo prodotto e terreno prospero della Technè. Ma il “Centro” politico è un prodotto tecnico, è una media tra due posizioni. Questo approccio pragmatico/utilitaristico della politica fa emergere un secondo elemento della mancanza di senso del concetto di tecnodestra: il paradosso. La tecnica non ha un colore politico, è uno strumento di potere, che non può costitutivamente avere alcuna connotazione politica poiché è il contrario della verità e della scienza. La tecnica assume il moto della macchinazione dell’esattezza, che riduce costantemente la libertà umana, quest’ultima, presupposto ontologico di qualunque verità e qualunque politica immaginabile. La macchinazione ha come unica base il neoliberismo quale terreno fertile; nessuna “destra” è ad essa necessaria, nessun valore di conservazione può disporre una crescita della perfettibilità umana verso la macchina stessa. L’esautorato uomo cosmopolita odierno, è esautorato da qualunque cosmo umano, in favore di un cosmo tecnico. L’uomo si schianta sulla certezza che la tecnica è apolitica e amministra le ideologie come funzioni di mercato. Ma cosa si intende per macchinazione (Machenschaft) come istanza necessaria per la mistificazione dei termini, quale ad esempio la “Tecnodestra”?

«Dopo l’iniziale illusione di una possibilità rivoluzionaria propugnata dal nazionalsocialismo, Heidegger individua il nesso fondamentale che intercorre tra tecnica, nichilismo e totalitarismo; il nazionalsocialismo, così come ogni fascismo (ivi compreso l’americanismo – ed è questo forse l’aspetto più rivoluzionario e attuale del pensiero “politico” di Heidegger), appare agli occhi del filosofo la realizzazione esplicita della volontà di potenza e dominio tipica della tecnica, che ha come parola d’ordine l’efficienza del fare [machen]. Ma coinvolti nell’estremo dominio della volontà di potenza sono anche quegli aspetti della vita che a prima vista sembrerebbero estranei alla logica del fare: le esperienze vissute [Erlebnisse]. Il divertissement e l’esperienza vissuta rappresentano agli occhi di Heidegger la maschera più appropriata che la Machenschaft indossa per nascondere la sua intima essenza violentemente nichilistica ed apparire così meno aggressiva e pervasiva. Lungi dall’essere il luogo del disincantamento del mondo, la modernità tecno-scientifica è il tempo della mistificazione per eccellenza.»

Roma, Gennaio 2025. XXIII Martedì di Dissipatio

Un ultimo elemento per il termine “Tecnodestra”: l’analogia. Non è difficile vedere in esso un espediente giornalistico dispregiativo o quasi, che calza non casualmente a pennello sulla figura ambigua di Elon Musk, l’ondivago sostenitore delle teorie politiche della convenienza. Ieri democratico, oggi repubblicano, domani transumano: unica certezza, da sempre tecnocrate. Ma come costruire una somiglianza con qualcosa di così fluido e così declinabile? La categoria stessa è conseguentemente destinata ad una breve esistenza di qualche anno? Non è detto, fintanto che l’uomo rimane abbandonato a se stesso e invischiato nella rete di calcoli, che ci imprigionano in un fittizio mondo edonistico e autoconcludente nella sua stolida staticità e rinuncia. Edonismo che Nozick, ci anticipava nella Macchina dell’Esperienza (1974), quale futura droga irrefutabile della nostra quotidianità. Ma tale droga non è una analogia con la possibilità tecnica? 

«Ecco il suo funzionamento: con il corpo immerso comodo in una vasca, puoi pensare e sentire realmente di star scrivendo un romanzo capolavoro, di star facendo amicizia, di star leggendo un testo filosofico, e così via all’infinito. E come te chiunque altro: più persone possono infatti collegarsi alla macchina contemporaneamente. Per restare aggiornati sulle ultime novità e rinnovare l’assortimento dei desideri, Nozick ipotizzava la possibilità di usufruire ogni due anni di una pausa dall’immersione, anche soltanto per dieci minuti: in quel frangente, si consulta un catalogo di esperienze, che brand e imprese di vario tipo hanno stilato su misura dopo aver analizzato e aggregato le scelte di altri individui, e così si pre-programmano al meglio le esperienze dei successivi due anni – e via di seguito, potenzialmente all’infinito

Chi ne vorrebbe uscire mai da questa specie di realtà virtuale efficientissima nel deresponsabilizzante? Nozick pervaso di ottimismo sostiene che non esiste assuefazione possibile e rinunceremo a tale prospettiva. Ma soltanto una consapevolezza del primo termine, “tecno”, quale destino metafisico umano, può far davvero intuire che chi abbina il primo con il secondo termine (“destra”) è soltanto chi subisce passivamente le necessità della “macchinazione”, intesa come dominio. Nozick, sostenitore dello “Stato Minimo”, intuì la necessità di una morale anti edonistica per sopravvivere alla macchinazione.

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