Ci sono paesi nel nord dell’Europa, in particolar modo scandinavi, che nel corso della seconda metà del Novecento hanno avuto modo di sviluppare e porre le basi per uno dei migliori Welfare State del mondo. Il modello svedese, nella fattispecie, è caratterizzato da punti fondamentali quali: bassa regolamentazione del mercato, pieno impiego, politica fiscale egualitaria, alta spesa pubblica e programmi di benessere universali accessibili a tutti. Sanità, istruzione, previdenza elevati e comodi. Insomma un felice esperimento sociale di fusione del meglio del sistema capitalistico con una forte impronta volta alle dinamiche sociali e assistenziali. Non è forse un caso che proprio nel mondo nordico siano nate le Lego, dei simpatici mattoncini componibili e colorati con faccine sorridenti, rappresentanti scene di vita quotidiana e fantastica. Eppure le terre del nord, apparentemente fredde e inospitali, sono principio base, per qualunque climatologia storica, per escludere grandi masse di persone.
Gli Scandinavi hanno contraddetto tale principio e con un operosità benevola hanno mostrato un volto nuovo e sorprendente. Sembra però che sia successo qualcosa, recentemente, che possa minare tale aspetto. Ombre oscure si allungano sui villaggi di mattoncini precisi e felici: questo sistema non è forse per tutti. Un intero modello sembra vacillare alla forza dei nuovi “venti” che spirano sull’Europa. Il crollo dei modelli non è qualcosa da prendere alla leggera, poiché per definizione sono da “ispirazione” e se non funzionano, perché seguirli? La Svezia, principale paese scandinavo per numero di abitanti (10.5 milioni circa), si ritrova con 2 milioni di immigrati e circa un 20% della popolazione, nei prossimi anni, che sarà composta da “seconde generazioni”. Non si sa per quale motivo queste cifre vadano lette con gioia nel cuore, ma sappiamo con certezza che se un governo offre dei soldi per far tornare a casa i migranti, i villaggi di mattoncini felici diventeranno tristi e morti poiché altrimenti saranno pieni di vecchi decrepiti. Le richieste di asilo sono in calo e questo è triste perché la proporzione più ovvia è la seguente; il freddo (a) sta all’ospitalità (b) così come le richieste d’asilo (c ) stanno alla felicità (d). Non è possibile contravvenire alla logica matematica della società e dobbiamo fare delle deduzioni importanti su questa società svedese che rischia di contraddire se stessa rifiutando un principio cardine del suo stesso modello: l’ospitalità per tutti. Proprio per questo i sapienti sociologi possono applicare una regola fondamentale della proprietà del permutare medi ed estremi delle proporzioni per rendere chiaro un assunto del modello svedese. Il freddo sta alle richieste d’asilo come l’ospitalità sta alla felicità. Oppure, la felicità sta all’ospitalità come le richieste d’asilo stanno al freddo.
Se i migranti venissero invitati pecuniariamente a lasciare il paese, verrebbero meno due principi guida, richieste d’asilo e ospitalità, di tale modello. La felicità svedese verrebbe denutrita da questa assenza migratoria e principi guida si trasformerebbero in “richieste d’esilio” e “inospitalità”. La Svezia però ha deciso nelle ultime elezioni, di dare un peso, relativo, ad un partito di estrema destra che sembra voglia distruggere queste proporzioni perfette indici di democrazia e socialismo reale. Mentre il freddo è una caratteristica climatica della penisola scandinava e dei paesi nordici, gli altri tre aspetti sono invece dei termini caratteristici, se insieme, del pensiero politico della sinistra moderata contemporanea. Tale proporzione si basa su un assunto morale totalmente aprioristico che non ha nulla a che fare con la dimostrazione, tanto più se della felicità. Alcuni svedesi probabilmente si sono accorti di non essere più felici di prima, anzi, e forse non notano alcuna correlazione tra il loro paese freddo, la felicità e l’immigrato. Forse sono sempre stati nazisti e non lo sapevano fino a poco fa. Oppure si sono accorti di una certa ipocrisia insita in un sistema, dove le parole vengono prima della capacità di fronteggiarne la realizzazione. Oppure alcuni di loro sono dei codardi che non sanno tenere fede ai loro stessi proclami. Che qualcuno si sia risentito della redistribuzione interna del welfare verso qualcun altro sentito come “diverso”? Rivoltare lo stesso welfare contro alcuni di quelli a cui inizialmente lo rivolgevano, è una forte espressione di qualcosa che cambia in Svezia.
Proprio per questo il governo ha deciso di offrire 30.000 dollari circa agli immigrati che se ne vanno dal paese. Lo stesso denaro che attirava alcuni, può essere usato come tecnica per scacciare, perlomeno fintanto che se ne possiede tanto da essere allettante. Ma per quale motivo il denaro in uscita è disdicevole mentre se viene elargito internamente è positivo? Per quale motivo il risentimento, e forse l’invidia, emergono ora e non sono emersi prima? C’è causalità o casualità? Per quale motivo l’accoglienza è qualcosa di ragionato e analitico mentre il rifiuto è impulsivo? Per logiche di mercato di mantenimento di status quo? Per mantenere delle sacche di lavoro sottopagato? Perché l’accoglienza è insita nell’uomo e il rifiuto no? Perché identità e differenza non possono convivere insieme, ma soltanto una alla volta di esse è possibile accettare? Perché accettare la diversità è sintomo di coraggio, mentre il rifiutarla è paura? Che cosa significa convivenza civile ed essere cittadino svedese? Per quale motivo la cittadinanza se stabilita su una differenza puramente formale di confini geografici è razionale, mentre se costruita su riferimenti storico culturali è irrazionale? Che senso hanno ormai i confini nazionali a fronte di masse immense di spostamenti di popolazione per cause economiche, pur sapendo che l’economia capitalizzata non accetta di buon grado il confine, se non quello dei paradisi fiscali? Che cosa significa essere svedese?
Forse queste domande sono sovvenute nelle menti degli svedesi negli ultimi venti anni. Forse gli svedesi stanno facendo i conti con le stesse teorie che hanno abbracciato per un secolo circa e ora sono un po’ confusi. Anzi vi è anche un tocco di fresca gentilezza nordica in quella lauta paga.