Che l’economia fosse una scienza sociale, per giunta inesatta e quasi alchimistica, lo si sapeva, se così non fosse non osserveremmo incendiari dibattiti su torti e ragioni che si invertono i ruoli simultaneamente, come all’interno di un kaleidoscopio dove se ne vedono di tutti i colori. Gestire la politica economica di un Paese è questione di coscienza, perché i conti oltre che con i numeri si fanno con le vite delle persone, dalle quali ricevi mandato elettorale a governare e fare – si spera – il loro bene.
E quello che avranno pensato i cittadini argentini quando hanno dato mandato a Javier Milei alla vigilia del Natale 2023 sarà stato questo, dopo anni di miseria, vari default e una navigazione a vista durata anni, li avrà convinti che avere un’idea fosse meglio che mettere toppe ovunque senza cucire il vestito per intero. L’Argentina aveva davvero bisogno di un vestito nuovo, perché le varie spedizioni presso il Fondo Monetario Internazionale hanno consumato e strappato ogni angolo rimasto di un Paese devastato da decenni di selvaggio assistenzialismo. Milei ha promesso di tagliare, tagliare, tagliare. Ha ispirato Mister X con la sua motosega, per sfoltire i rami secchi di una macchina statale obsoleta, ingolfata e farraginosa, piena di bonus ovunque e per chiunque.
La politica anarco-capitalista di Javier Milei è stata davvero spietata, come una motosega sul tronco di un albero. Due nuovi decreti al giorno in media, rimozione di un numero indefinito di bonus, licenziamento o mancato rinnovo di circa trentamila posti di lavoro nella Pubblica Amministrazione, taglio delle pensioni, via le barriere protezioniste per le imprese argentine, sì alla liberalizzazione selvaggia. Gli effetti si sono manifestati immediatamente. Nei primi mesi della cura Milei il budget statale è stato tagliato di oltre il 30%, il PIL si è contratto, ma è scesa anche la mirabolante inflazione a tre cifre che attanaglia l’Argentina da decenni, fino ad un più verosimile 30% su base annua. Verso la fine del 2024 anche il PIL è tornato a crescere, riportando quindi un saldo primario in positivo e un tasso di crescita della ricchezza a livelli pre-Milei. Insomma, sembrerebbe che Milei abbia trovato la medicina miracolosa per un malato cronico come il sistema-Paese albiceleste.
Eppure, guardare solo alle ragioni dei conti non può bastare, quando vi sono 46 milioni di cittadini di cui hai responsabilità per mandato. La cura Milei, infatti, ha anche prodotto un notevole aumento del numero di persone che vivono sotto la soglia di povertà, attestatosi al 52,9%. Più di un argentino su due è povero secondo i parametri di stato, il che significa che le persone che vivono difficoltà economiche sono anche di più.
Per fare l’avvocato del diavolo di Milei (e non è tuttavia neanche difficile) si possono portare anni di disastri politici precedenti, come quelli causati, inevitabilmente, da politiche assistenzialiste di grande portata (anni di kirchnerismo e di anti-kirchnerismo con Macrì) che hanno azzoppato i conti pubblici e stretto il cappio del FMI al collo degli argentini. C’è da dire tuttavia che il peso della finanziarizzazione dell’economia mondiale abbia dato il colpo di grazia ad un Paese in cui la spinta autarchica e protezionista ha reso inefficiente l’economia e costosa la vita delle persone. Una delle tasse più assurde presenti riguardava il sovrapprezzo del 30% sulle transazioni con carte di credito per i beni acquistati dall’estero. Insomma, il “compra argentino” aveva dei sostegni eccessivi e che in presenza di un tessuto produttivo poco efficiente ha creato spirali inflattive che hanno compromesso il potere d’acquisto di salari e pensioni.
Proprio queste ultime sono la pietra dello scandalo degli ultimi giorni. Infuocate proteste sono scoppiate attorno al parlamento, con i pensionati che sono scesi in piazza contro il taglio degli assegni. Gli ultras delle squadre di calcio sono scesi in piazza accanto agli anziani contro le cariche che la polizia ha usato verso questi ultimi. Il braccio di ferro tra stato e cittadini è una contesa ardua e solo chi avrà più motivazioni vincerà. Intanto Milei si prepara per rispolverare il cappello con la speranza di ottenere una rinegoziazione del prestito con il FMI e altri 11 miliardi per salvare il salvabile.
È possibile che nel lungo periodo la politica della motosierra avrà effetti positivi: l’austerity greca oggi ha messo i conti a posto, ma ha lasciato un Paese a brandelli con la Germania che ha fatto spese pazze nell’outlet ateniese e la Cina che gestisce le principali infrastrutture. Viste le intenzioni proclamate da Milei, che voleva sostituire il peso con il dollaro americano, si prospetta una sanguinosa stagione di privatizzazioni e di acquisti a prezzo stracciato dei gioielli di casa, con sempre gli ultimi a farne le spese a tempo indefinito. Per fare la politica economica è più consigliato il bisturi.