Il Vaticano è una forza celeste che può spingersi laddove nessuna potenza di terra o di mare può farlo. È il privilegio di agire per conto di Dio, o meglio di essere depositari di un potere spirituale che consente ad ogni Pontefice di camminare sui fili ad alta tensione della storia senza dover rendere conto alle geometrie del consenso. Solo il Conclave ne è sigillo e profezia. Non esiste infatti calcolo geopolitico, strategico o ideologico a dettare le regole dell’elezione del Successore di Papa Francesco. La forza del mistero – avvolto da un rito millenario che avrà inizio il 7 maggio nella Cappella Sistina – sta proprio nella capacità di sparigliare qualsiasi pronostico o scenario.
Più che intravedere la continuità o la discontinuità di un Papato, o ancora la sfida tra “progressisti” e “conservatori”, occorre pertanto invertire le coordinate dello spazio e del tempo: cioè la capacità della Chiesa Cattolica di proiettarsi in una dimensione mai esplorata finora. Già da qualche anno, il Pontificato di Bergoglio aveva tracciato rotte inedite e “atemporali” di evangelizzazione: a partire dalle periferie del mondo fino ai confini dell’esistenza. Tutto questo attraverso le antiche e le nuove forme dell’infinito: dall’arte alla tecnologia. Un sentiero insidioso che unisce la bellezza universale e un deserto interstellare da attraversare senza paura. Il Cardinale José Tolentino de Mendonça, portoghese di Madeira cresciuto in Angola, già prefetto al Dicastero per la Cultura e poeta, la definirebbe una “teologia dell’immaginazione”.
Se in questa fase storica è iniziata la competizione delle grandi potenze di terra e di mare nella conquista di “nuovi spazi” fisici e virtuali (dall’universo al sottosuolo), la nuova postura della Santa Sede invece potrebbe collocarsi in un’altra corsa: quella per il tempo. Quindi su tutt’altro terreno di gioco. In un mondo che corre velocissimo e si misura in Borsa, in megabyte, in chilometri quadrati. Una postura di lungo periodo che la stessa Cina, pur sfidando gli Stati Uniti per l’egemonia globale, conosce fin troppo bene e da tempi non sospetti. Si dice infatti che il go sia il gioco di strategia più antico al mondo e nasca proprio “nell’Impero di mezzo” circa 2.500 anni prima di Cristo. A differenza degli scacchi, lo scopo è quello di accerchiare l’avversario anziché buttarlo fuori dal goban (la scacchiera). Persino Henry Kissinger lo aveva ampiamente citato per comprendere il progresso strategico della Repubblica Popolare Cinese in politica estera. Da qui l’urgenza da parte della Santa Sede, in particolare tramite il Cardinale Pietro Parolin, di trovare un accordo provvisorio con le autorità di Pechino. Cioè sfidarle sul loro terreno. E forse, in vista del Conclave, è proprio verso Oriente che occorre guardare. Per competere col cosiddetto “secolo asiatico” serve un Pontefice che abbia tutto il tempo per attraversare il tempo.