Tra i nomi che circolano con crescente insistenza nei corridoi vaticani in vista del prossimo Conclave, quello del cardinale portoghese José Tolentino de Mendonça si impone per autorevolezza e originalità. La sua figura rompe molti degli schemi tradizionali: nato nel 1965 sull’isola di Madeira, in mezzo all’Oceano Atlantico, ha vissuto la sua infanzia in Angola, accanto a un padre pescatore, in un contesto segnato dalla povertà, dalla colonizzazione e dalla lotta per l’indipendenza. Un vissuto che lo lega profondamente alle “periferie” del mondo, geografiche e spirituali, e che ha forgiato uno sguardo aperto, inclusivo, capace di riconoscere la presenza di Dio nei luoghi più inaspettati.
Tolentino, dominicano, è un cardinale atipico: poeta, teologo, saggista, uomo di cultura e di silenzio, affascina per la profondità del pensiero e per la delicatezza del linguaggio. È stato bibliotecario e archivista di Santa Romana Chiesa e, più recentemente, Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, incarico che ha svolto con uno stile sobrio ma innovativo, aprendo la Chiesa al dialogo con il mondo dell’arte, della filosofia, della scienza e della bellezza. A Roma – che ormai abita dal 2018, avendone imparato le secolari regole del gioco della Curia – ha organizzato tanti incontri, fra cui si ricorda quello con gli artisti il 23 giugno 2023 in Cappella Sistina. In un tempo in cui la fede fatica a parlare alle nuove generazioni, la sua visione — spirituale, estetica e intellettuale — ha saputo varcare nuove frontiere dell’evangelizzazione, usando linguaggi capaci di toccare il cuore e l’intelligenza.
È giovane, compirà 60 anni nel 2025, ed è quindi in perfetta età per un pontificato di lungo respiro. Questo è un elemento cruciale in un momento storico in cui la Chiesa cattolica è chiamata ad affrontare sfide complesse, non solo interne ma anche geopolitiche. In particolare, il futuro rapporto con la Cina — paese strategico e cruciale per il cristianesimo del XXI secolo — richiede un pontefice con uno sguardo lungo e una sensibilità interculturale. Da questo punto di vista, Tolentino rappresenta una figura preziosa. Il Portogallo, suo Paese d’origine, ha un legame storico con la Cina attraverso la città di Macao, ex colonia lusitana che, a differenza di Hong Kong, ha saputo mantenere una presenza cattolica ben integrata nella società e nella cultura locali. Una particolarità significativa, perché potrebbe rendere il cardinale portoghese un interlocutore ideale in un processo di apertura e dialogo con il mondo cinese. Al Conclave, Tolentino godrebbe anche del sostegno — diretto o indiretto — della Comunità di Sant’Egidio, una delle realtà più influenti nel panorama ecclesiale internazionale, nota per il suo impegno nella diplomazia della pace, nel dialogo interreligioso e nella vicinanza ai poveri. Sebbene non ne faccia parte, la sintonia ideale e spirituale con questa comunità è evidente, soprattutto per la comune attenzione agli ultimi e agli “scartati” della società.
Ma ciò che rende Tolentino un candidato così forte non è solo la sua biografia internazionale, ma la sua capacità di parlare all’anima del nostro tempo. Nei suoi scritti, nelle sue omelie, nelle sue interviste, emerge una spiritualità delicata, mai gridata, capace di accogliere la fragilità umana senza giudizio. Come fece a Venezia, in occasione della Biennale, quando curò il padiglione vaticano, di cui ancora si ricorda quel “Siamo con voi nella notte“, un trionfo della tradizione sulla modernità. La sua è una fede pensata e vissuta, che non impone ma propone, che non condanna ma accompagna. Una fede che abita le domande, e che per questo sa essere profondamente credibile. La sua elezione sarebbe un messaggio chiaro e forte: la scelta di un pontefice che viene dalle periferie, ma guarda al mondo intero. Un Papa capace di ascoltare, unire e sognare.