OGGETTO: L'anarca e l'airone
DATA: 27 Gennaio 2024
SEZIONE: Storie
FORMATO: Racconti
AREA: Asia
“E voi come vivrete?”. Il viaggio dantesco immaginato da Hayao Miyazaki è consapevolezza della violenza e sua conseguente accettazione. Non si fugge dalla realtà, ma si impara a vivere senza rassegnarsi alle condizioni di partenza. Il tutto facendo attenzione a non perdere di vista il cielo, la meta ultima.
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Chiusa forse definitivamente una straordinaria carriera e produzione artistica, con Il ragazzo e l’airone il regista e sceneggiatore Hayao Miyazaki ha probabilmente toccato il vertice più alto della propria produzione artistica e filosofica. Simbolicamente, si tratta del film più complesso mai prodotto dallo Studio Ghibli. Talmente denso da risultare a tratti persino di difficile interpretazione, tale da richiedere una lettura più profonda; da meritare di essere visto e rivisto; da scomodare critici cinematografici, filosofi, pensatori e giornalisti. Da fare incetta di premi e riconoscimenti.

Miyazaki si conferma all di là di ogni semplificazione di cui altri produttori e registi in salsa disneyana hanno gradualmente condito la propria animazione; indifferente alle chiamate commerciali e ad una produzione artistica atta alla vendita (tanto da lanciare senza nessun trailer o promozione di alcun genere il film in Giappone), quasi sulla falsariga del “vivi nascosto” epicureo o – senza scomodare le filosofie ellenistiche – del ripiegamento funzionale ad una maggiore e più pura affermazione di sè del Pio XIII di Sorrentino.

“E voi come vivrete?” è il titolo originale, derivante da un romanzo (peraltro presente nel film), da cui la trama si discosta però nettamente. Un viaggio quasi dantesco dal mondo di sopra a quello di sotto. Dal regno della vita a quello della morte, laddove di quest’ultimo fanno parte anche i cosiddetti Wara-Wara, spiritelli destinati a nutrirsi nel mondo di giù fino a raggiungere una maturità tale da poter nascere nel mondo di su.

Il protagonista Mahito, è orfano di madre, incapace di accettare la violenza del proprio mondo e le delusioni connesse; incapace di vivere la realtà e la vita per come è, ovvero di accettare la nuova moglie del padre (sorella della madre morte). Desideroso di fuggire, il ragazzo è attirato inesorabilmente dalla misteriosa torre, costruita nei pressi della casa di campagna in cui Mahito con la sua famiglia si rifugia per sfuggire ai bombardamente americani sul Giappone, che costituisce il passaggio dal mondo di sopra a quello inferiore. Metafora di un disagio profondo, intergenerazionale. Trasposizione di un pensiero, quello dello stesso Miyazaki, divenuto negli anni gradualmente più disilluso. Allora era l’orrore della guerra, oggi a questo stesso orrore (facendo eco al riarmo del Giappone dopo decenni di pacifismo costituzionale), si sommano l’angoscia per la distruzione dell’ambiente, nonché la “disumanizzante” avanzata delle intelligenze artificiali.

L’orrore del reale e della vita si traduce in una via di fuga “disumana”. Così avveniva con l’ultimo film di Miyazaki, “Si alza il vento”, descrivendo la ricerca di una sorta di arte per l’arte. Arte a sostegno della costruzione dei caccia da guerra giapponesi progettati dal suo protagonista Jiro Horikoshi, laddove l’orrido della macchina da guerra convive con l’indubbia bellezza degli aeroplani.

Da questo punto di vista, sembra trasparire ne Il ragazzo e l’airone un cambio di passo e di opinioni. Caso rarissimo nella cinematografia del regista, non vi sono le spettacolari macchine volanti che tanto hanno caratterizzato il suo cinema da “Conan, ragazzo dal futuro” fino ad oggi. Qui gli aeroplani compaiono soltanto indirettamente, come responsabili dei bombardamenti oppure “smontati”, in riferimento alla fabbrica dove lavora il padre di Mahito (nonché dove lavorava il padre di Miyazaki).

Roma, Novembre 2023. XII Martedì di Dissipatio

Quasi a voler completare e correggere il finale apocalittico di Si alza il vento. Tempo di vivere, scrisse Paul Valery, nel “Cimitero marino”, i cui versi danno il nome al film del 2014. “E voi come vivrete?” sembra la continuazione ideale di questo concetto. Tempo di vivere dopo che la tecnica, apparentemente neutra e pur votata ad un proprio concetto di umana bellezza, ha sostanzialmente fallito. Tempo di vivere oltre questa tecnica al servizio (e a svantaggio) dell’uomo, ma anche oltre l’apparentemente libera ed inquietante affermazione delle intelligenze artificiali. Ribelle per eccellenza, Mahito sembra ricalcare nella propria vicenda il passaggio al bosco di Ernst Jünger, dal rifiuto di una società che si è fatta imposizione e sottomissione, all’aspirazione costante alla libertà, spirituale ed effettiva. Terrena e legata alle radici e alla terra.

Si potrebbe, anzi, ragionevolmente supporre che il cielo assuma ne Il ragazzo e l’airone un carattere quasi integralmente negativo. “Antagonisti” (per quanto una simile categoria manichea possa valere in una psicologia ambigua ed umana come quella dei personaggi del cinema di Miyazaki) sono volatili delle più varie forme. L’airone, apparentemente, poi convertitosi in alleato forse per la propria essenza intimamente umana. I pellicani, bisognosi di nutrirsi dei Wara-Wara per tornare a volare, stirpe di angeli caduti e necessitanti di imporsi brutalmente sugli altri abitanti del mondo di sotto per tornare a sognare il cielo. I parrocchetti, animali effettivamente invasivi (chiedere al comune di Roma), esemplificazione dell’umanità, del consumo sfrenato di risorse e della violenza contro gli altri viventi. Destino maledetto dell’evoluzione e forse della stessa razionalità.

L’elemento positivo per eccellenza è invece qui (come forse soltanto in un film come Ponyo sulla scogliera) il mare. Simbolo di rinascita e di purificazione, solcato da navi a vela che sono estensione dell’uomo e rispettoso bilanciamento nel rapporto tra umanità e natura.

Così il cinema di Miyazaki si fa consapevolezza della violenza della realtà e accettazione della stessa. Ricerca dell’equilibrio e “ritorno dal sogno” in cui pure era piombato Jiro in “Si alza il vento”, nonché il prozio di Mahito “impazzito per aver letto troppo”. L’umanità è di più ed è oltre il sogno e la perfezione. Mahito rifiuta questo sogno. Rifiuta di proseguire l’edificazione di un mondo perfetto ma disumano e morto, come quello sognato dal suo prozio.

La rivolta del cinema di Miyazaki e dei suoi protagonisti assume così uno spiccato senso jungeriano; dell’anarca che attraverso l’isolamento e il dolore, attraverso un viaggio semi-iniziatico, conquista un’assoluta libertà interiore. Accettazione del mondo che non è rassegnazione allo stesso. Libertà, dunque che testimonia, come Miyazaki abbia voluto mostrare la più alta aspirazione di ogni essere umano in quanto tale. Giacché la realtà non si può modificare, né le sue contraddizioni e violenze, così in  Marco Aurelio:

«O una necessità del fato e un ordine inviolabile, o una provvidenza pietosa, oppure il più ingovernabile disordine del caso. Se una necessità inviolabile, a che opporsi? Se una provvidenza accessibile alla pietà, renditi degno dell’aiuto divino. Se un disordine senza governo, rallegrati d’avere, tu, in tale turbine, in te stesso una mente che ti guida.»

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