OGGETTO: Il trasformista del popolo
DATA: 13 Febbraio 2024
SEZIONE: Ritratti
FORMATO: Scenari
AREA: Italia
"Trump o Biden?" - A questa domanda Giuseppe Conte ha risposto non rispondendo, facendo tornare alla memoria un vecchio modo di fare politica che in Italia, di decennio in decennio, s'incarna in un politico diverso. Stavolta, ha trovato sede nell'Avvocato del popolo. Eppure, nonostante siano pratiche generalmente disprezzate, essa hanno da sempre garantito una vita politica più lunga: la sua sembra così, in prospettiva, l'unica vera opposizione al governo Meloni.
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“Non era il momento. Giuseppe è troppo ambizioso, forse è questo il motivo per cui non c’erano le condizioni ideali per accettare un incarico del genere. Gli avevano promesso di fare il ministro della Pubblica Amministrazione, andava bene per lui”. Con queste parole il dott. Nicola Conte aveva espresso forte contrarietà al fatto che suo figlio fosse entrato in politica direttamente dalla porta principale. Primo Ministro, Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica italiana.

Eppure, se il prof. Avv. Giuseppe Conte, prima di essere giudicato idoneo al concorso di professore di prima fascia (docente ordinario) ha percorso l’intero cammino fino al vertice, non si spiega perché accettare l’incarico di Primo Ministro e non di Ministro della Funzione Pubblica (come gli era stato proposto nel caso di vittoria o affermazione del Movimento 5 stelle) senza coltivare la giusta prudenza, le opportune relazioni, la necessaria ragionevolezza.

L’avvocato, figlio dell’evo contemporaneo, incarnato perfettamente nella triste stagione della liquidità, accetta l’arduo compito di farsi mediatore tra due opposte anime politiche. Così, dal 2018 al 2021 si susseguono il Gabinetto Conte I (gialloverde) e Conte II (giallorosso), differenti per sfumature politiche e tonalità cromatiche. Nonostante l’inesperienza, l’acerba maturità, il Giovin Signore si impone con coraggio e con franchezza oltre i limiti di una realtà irrisolta. La stagione politica detta “Terza Repubblica” ha inizio proprio con il Movimento 5 stelle al potere.

I primi mesi del Governo Conte I sono dedicati alla stesura di una serie di decreti, a partire dal cosiddetto Decreto Crescita. Poi però l’estate viene segnata dal crollo del Ponte Morandi, a Genova. In autunno viene approvata la legge su sicurezza e immigrazione, cavallo di battaglia di Salvini, che dispone la riforma del sistema di accoglienza con il superamento dello Sprar e la riduzione dei fondi, mentre continua la cosiddetta politica dei “porti chiusi” ovvero il blocco dell’arrivo delle navi Ong che soccorrono i migranti. A settembre, al termine del Consiglio dei ministri in cui M5s e Lega trovano l’accordo sul Def (fissando l’obiettivo di deficit/Pil al 2,4%), Di Maio, affacciato al balcone di Palazzo Chigi, con gli altri ministri del Movimento 5 Stelle, annuncia il licenziamento del Decreto Dignità contenente le misure di contrasto alla povertà note come Reddito di cittadinanza. Su spinta della Lega Nord viene approvata la riforma delle pensioni c.d. Quota 100. Il 5 settembre 2019, dopo la rottura tra i due partiti di maggioranza, nasce tra PD, Liberi e Uguali e Italia Viva, il Governo Conte bis con orientamento socialdemocratico. Il Conte-bis, durato fino al 26 gennaio 2021, è sin da subito chiamato ad intervenire su questioni di bilancio per disinnescare, con la legge di Bilancio 2020, le clausole di salvaguardia pendenti che avrebbero portato a un aumento dell’Iva e delle accise sulla benzina. Oltre al fardello delle clausole, a fine febbraio 2020 il Gabinetto è costretto a fare i conti con lo scoppio dell’emergenza coronavirus: una pandemia che impone sacrifici sia dal punto di vista sanitario che economico. Proprio in questo biennio la Presidenza del Consiglio accentra poteri, funzioni e mezzi producendo atti e provvedimenti – DPCM – per far fronte all’emergenza. Decreti e ristori continui con cui lo Stato stanzia (in deficit) oltre 130 miliardi per sostenere famiglie, lavoratori e imprese.

Interrogata dai giudici di merito che avevano sollevato questioni di legittimità, la Corte Costituzionale ribadirà che “i decreti-legge emanati (specie il n.19/2020) non hanno in verità delegato alcuna funzione legislativa, bensì esclusivamente una funzione attuativa del decreto legge, da esercitarsi mediante atti di natura amministrativa”. Riprendendo quanto ebbe a sostenere con la sentenza n. 4 del 1977, la Corte ha distinto tra «atti necessitati e ordinanze necessitate». I primi, come le seconde, fondantisi sulla urgente necessità; ma i primi, emessi in attuazione di norme legislative che ne prefissano il contenuto, le altre, nell’esplicazione di poteri soltanto genericamente prefigurati dalle norme che li attribuiscono e perciò suscettibili di assumere vario contenuto, per adeguarsi duttilmente alle mutevoli situazioni. Nel definire i DPCM adottati in forza del decreto-legge n.19 del 2020 quali “atti necessitati” la Corte salva l’esercizio del potere esecutivo nel biennio 2020-2021. Indirizzo, questo, non condiviso da tutta la dottrina. Non è chi non veda che la possibilità per le Camere di formulare indirizzi rispetto alla adozione dei DPCM, senza intervenire sul contenuto della normativa primaria che la consentiva, vale a dimostrare l’esistenza di un margine di discrezionalità politica che lo stesso legislatore ha ritenuto utile affidare alla cura del Parlamento: ciò risulta incompatibile con la nozione di provvedimento necessitato. 

In questa prospettiva, forse, la Corte Costituzionale sorvola sull’accentramento del potere contiano che s’impone a giustificazione più di un metodo decisionale che del merito (delle questioni). A tratti Giolitti, a tratti Depretis compaiono sotto le spoglie del prof. Conte. Patriota del trasformismo, camaleonte che sguscia come anguilla tra le pieghe del potere, che è diventato lo spazio nel quale dimostra sin da subito di trovarsi a proprio agio. Un premier avvocato, fino all’avvento di Giuseppe Conte, l’Italia non lo vedeva dagli albori della Repubblica. Affermato giurista d’affari, il tratto forense emerge dal tono dei discorsi, dalla metodologia di approccio sistemico alle questioni, nelle trattative con i partiti che lo supportano. Procedure, procedimenti, applicazione meccanica di istituti e prassi, privi di afflato politico. La sostanza politica, che per sua natura è metagiuridica e sfugge alla formalizzazione normativa, nel contesto contiano si confonde con la sostanza giuridica. Il potere ingessato dalla norma, il politico limitato dal giuridico, la sovranità limitata dalla legge. 

Irto, spettral vinattier di Stradella” che a Montecitorio dispensa “celie allobroghe e ambagi”: così Giosuè Carducci definì sprezzantemente Agostino Depretis, primo Presidente del Consiglio del Regno d’Italia appartenente alla sinistra storica (1876). Al suo nome è legata la prima fase della politica trasformistica che nell’annullamento delle distinzioni di destra e sinistra gli assicurò la maggioranza parlamentare. Al predecessore lombardo sembra ispirarsi il delfino del prof. Guido Alpa, lume tutelare del giurista pugliese. 

Roma, Ottobre 2023. XI Martedì di Dissipatio

L’ascesa di Giuseppe Conte, innaturale e subitanea, s’arresta davanti al triste epilogo della creatura politica alla cui guida il cofondatore Grillo lo volle Grande Nocchiero. Ed ora che la barca è in balia del vento, pronta ad arenarsi o ad infrangersi sugli scogli, l’avvocato diventa capro espiatorio dei mali di movimento che voleva farsi partito. Una costituente entità che non s’appressa a farsi entità costituita e gioca tra l’una e l’altra sponda per rimaner viva.

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