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Catabasi nella notte oscura

La straordinaria vita di John M. Hull e del suo "dono oscuro". A precipizio nel mondo buio
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Il dono oscuro è un diario spettrale, fatto di solitudini ed angosce ma anche pieno di sogni, speranze ed approdi. Come echi luminosi che devastano il racconto.

…Ieri mattina a colazione Lizzie mi ha fatto questa domanda:

“Se hai gli occhi perché non ci vedi?”.

“Perché i miei occhi non funzionano”.

“Allora dovrai pregare Dio”.

“Bé,” ho risposto esitante “forse Dio ha altre idee su questa faccenda. Non sta mica lì solo per occuparsi di non sai? Dio ha anche i suoi problemi”.

“Sì,” ha fatto eco Thomas “Dio ha i suoi problemi”.

Ho aggiunto: “anche noi dobbiamo aiutarlo, non è solo lui a dover aiutare noi.”

John Hull, un australiano trasferitosi in Inghilterra nella seconda metà degli anni settanta per insegnare teologia e scienze religiose a Birmingham, a causa di una disfunzione grave alla retina nel 1984 perde definitivamente la vista. Il calvario dura tre anni. Dal 1981 al 1984. L’anno seguente riesce a elaborare il lutto del buio che lo attraversa accettando, anche grazie alla ferrea fede sostenitrice, il suo isolamento visivo permanente pur continuando a insegnare, frequentare persone, tenere conferenze sui suoi argomenti e gestendo la sua famiglia numerosa.

Nel 1990 esce il diario che è la rielaborazione del suo calvario. I suoi quattro anni in cui tutto cambia. Prospettiva, sicurezze, relazioni. Gli anni in cui il suo corpo si amplifica maggiormente (tatto, udito, percezioni) ma la realtà intorno a lui muta, si disintegra fino a scomparire per sempre. Così non solo le persone non hanno più volto, i palazzi non hanno contorni, le strade cessano di essere strade, ma anche i ricordi si fanno via via meno nitidi, cominciando a sgretolarsi come sogni interrotti dal risveglio.

…Ho sognato che ero nel mio ufficio. Imogen mi dava una mano. In modo graduale cominciavo a rendermi conto di vedere la luce. La luce aumentava, si trasformava in una sorta di velato bagliore, dai contorni prima confusi poi sempre più netti…

Nei sogni appunto, che Hull racconta spesso, si miscelano visioni e cecità. Buio e luce. Come un viaggio nel passato, in quasi tutti i sogni descritti nel diario il professore riacquista la vista solo per un attimo, anche durante visioni inquietanti.

…Un’onda enorme si abbatteva sul negozio e ci separava tutti. Io tornavo a cercare i bambini. Tutto era zuppo, rotoli di tessuto, merci di ogni tipo e cadaveri. Marylim, Gabriel e Imogen erano al sicuro in fondo al negozio. Ma Thomas ed Elizabeth non si trovavano. Erano scesi al piano inferiore sotto il livello che aveva raggiunto l’acqua…

Sogni sereni alternati ad incubi tremendi. Quasi sempre protagonista con i suoi figli (Imogen avuto presto, quando ancora non vi erano presenti nella sua vita problemi alla vista) Thomas ed Eilzabeth nati invece proprio negli anni tremendi del cambiamento (dal 1981 al 1984) e l’ultimo, Gabriel nato più tardi, quando Hull era totalmente cieco già da qualche tempo:

…Gabriel ha meno di un mese e già mi godo molto la sua compagnia. Mi piace sentire che gli stanno crescendo i capelli, sentire il suo corpo a contatto con il mio. Tutte queste cose sono rovinate dalla mancanza della vista molto meno di quanto non sia accaduto con gli altri due miei figli. Il suo nome è appropriato.

Il diario di Hull (che lavora in un campus universitario come professore e ricercatore) è anche un vademecum sull’arte di arrangiarsi quando si è totalmente al buio. La difficoltà di cominciare nuovi percorsi, il disagio e la scarsa conoscenza del problema da parte di amici e colleghi, la difficoltà di poter incontrare e parlare con le persone, nonché quella di fare nuove amicizie o conoscenze, il goffo tentativo di aiuto da parte degli altri.

…Ho passato dieci giorni in ospedale. La sala comune era in fondo al reparto. Per raggiungere il telefono dovevo camminare lungo la corsia fino al centro del reparto che aveva una fila di letti da entrambi i lati.

La prima volta è stato un incubo. Ero uno spettacolo. Con il bastone bianco ho attirato gli sguardi. Tutti gli uomini del reparto hanno cominciato ad urlare indicazioni “un po’ a sinistra, un po’ a destra, occhio caro! Adesso vai bene, sempre dritto!”

Tutto questo vociare mi ha mandato completamente in confusione e non riesco a concentrarmi…

Hull, nato nel ’35, ha perso la vista definitivamente all’età di cinquant’anni. Ha continuato a insegnare e tenere conferenze sino all’età pensionabile e anche oltre. Ha avuto quattro figli, una moglie (si è sposato nel ’79) che sempre gli è rimasta accanto. Il diario è lo spartiacque esistenziale tra quello che c’è stato prima (il mondo dei vedenti) e quello che ha vissuto dopo per il resto della sua vita (la cecità totale). Se c’è una cosa che lo ha tenuto saldo, facendo rielaborare velocemente l’accaduto e trasformando il disagio in forza di volontà per proseguire con studi, ricerche, insegnamento e vita quotidiana questa è stata senz’altro la fede in Dio. Nel diario la questione è sempre accennata, poco discussa, quasi assaggiata. Ma si tratta del passaggio chiave, fondamentale, unico. La sua forza (oltre che dalla particolare intelligenza e curiosità del personaggio) arriva prevalentemente da questo.

…in queste settimane è avuto un pensiero ricorrente. Che la cecità può essere un dono. Non ricordo come mi è venuto. Potrebbe essere stato per via di un programma sulla meditazione che ho ascoltato, dove usavano l’espressione il dono del silenzio.

Resisto a questo pensiero perché se la cecità è un dono dovrei accettarlo. Mi ero imposto di imparare a vivere con la cecità ma di non accettarla mai. Eppure quel pensiero continua a riproporsi e stimola la mia curiosità. Possibile quindi che, per vie strane e insondabili, la cecità sia un oscuro, paradossale dono? Possibile che offra un nuovo modo di vivere, una sorti di purificazione, un’economia dello spirito, come una forma di dolorosa catarsi verso la morte? Devo aspettarmi di entrare presto in un una fase nuova e più intensa della vita in virtù di questo dono?

John Hull è morto nel 2015, all’età di ottant’anni. Dopo una vita dedicata all’insegnamento teologico universitario, con alle spalle molte pubblicazioni di saggi sull’argomento e varie conferenze (soprattutto in Europa e Stati Unici) sulla sua condizione di cecità applicata alla fede.

Il dono oscuro è stato ristampato nel 2020 da Adelphi.

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