OGGETTO: Il conflitto epidemico
DATA: 15 Marzo 2021
La corsa sudamericana ai vaccini.
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Dopo aver subito per mesi gli effetti del Covid-19, la comunità scientifica è riuscita a mettere a punto diversi tipi di vaccini che permettono un salto di qualità nella pianificazione dello scontro. Più che di una battaglia tout court, si potrebbe parlare di una battaglia legale che si sta infiammando a varie latitudini per riuscire a fare scorta delle tanto preziose munizioni. La posizione geopolitica dei vari Stati e la loro organizzazione socioeconomica gioca un ruolo fondamentale in questa corsa vaccinale. Si potrebbe tracciare una mappa delle relazioni tra i governi e le grandi case farmaceutiche e mostrare in che modo la forza negoziale delle parti si traduce in accordi più o meno favorevoli. Il contratto privato è lo strumento fondamentale su cui si incardina il sistema capitalistico e in questa fase di emergenza appaiono in maniera evidente le sue caratteristiche e i suoi coni d’ombra. Nel 2003 il giurista Guido Rossi manda alle stampe un libro dal titolo evocativo “Il conflitto epidemico”, in cui mostra le storture e le torsioni dei rapporti tra politica, economia e diritto. Nel sistema contemporaneo occidentale il diritto privato e lo strumento del contratto prendono il sopravvento sul diritto pubblico e la contrattazione politica alimentando una situazione di conflitto d’interessi che si diffonde in maniera capillare ed eterogenea come un’epidemia. Quando la differenza tra grandi manager e statisti si riduce al lato della scrivania sui cui si apprestano a siglare un contratto, posizione che spesso viene invertita nel giro di una tornata elettorale, le dinamiche di imparzialità e giustizia rischiano di venire meno.

Nella corsa spasmodica all’acquisto dei vaccini gli Stati hanno firmato degli accordi con le grandi multinazionali su cui vale la pena soffermarsi. Se prendiamo in considerazione l’Europa, il modus operandi con cui ha condotto le trattative, sia con l’azienda statunitense Pfizer che con quella anglo-svedese AstraZeneca, è stato simile. I governi nazionali hanno deciso di non stipulare contratti singolarmente, generando un conflitto concorrenziale che avrebbe alzato il prezzo ed escluso i paesi più poveri da un approvvigionamento equo, ma hanno delegato la Commissione a trovare l’accordo più conveniente per tutti. Potendo contare su un piatto da più di 2 miliardi di euro e una popolazione da proteggere di più di 500 milioni di persone, Bruxelles è riuscita a far pagare ai suoi cittadini il vaccino AstraZeneca circa un terzo in meno rispetto ai Britannici e la metà in confronto agli Americani.

Se si rimane al dato puramente economico della transazione non si colgono i vari meccanismi che plasmano l’intera vicenda. Gli Stati hanno garantito grandi somme di finanziamenti alla ricerca scientifica e lo snellimento delle procedure burocratiche e amministrative e in cambio hanno chiesto all’apparato tecnologico e logistico delle multinazionali farmaceutiche la velocità nell’ottenere il vaccino. I contratti privati segreti (come nel caso di Pfizer) o parzialmente pubblici (AstraZeneca) hanno suggellato la situazione win-win che le case produttrici si sono ritrovate fra le mani. Da una parte un mercato assicurato e immenso, dall’altra un rischio d’impresa di fatto assente dettato dalle clausole contrattuali favorevoli alle aziende. Nelle ultime settimane, infatti, si è parlato molto di possibili azioni legali contro Pfizer e AstraZeneca per i loro ritardi nelle forniture, ma a una lettura più dettagliata dei contratti disponibili appare una battaglia molto difficile da vincere. Negli accordi siglati sono previste delle penali per la mancata consegna di dosi, ma esse vanno applicate su base trimestrale, ciò significa che fino al 31 marzo non possono esserci contestazioni. L’entità e la modalità di applicazione di queste penali possono far riflettere sulla loro reale efficacia. L’azione legale per la mancanza della fornitura non è automatica, ma si deve prima percorrere la strada del “rimedio” all’inadempienza che prevede diverse opzioni: il rimborso, la cessazione del contratto e solo infine la penale del 20% sulle dosi non inviate. Questo punto ha fatto irritare perfino il docile parlamento europeo, che ha definito il contratto con Pfizer iniquo e sbilanciato a favore dell’azienda e ha richiesto alla Commissione di desecretarlo per valutarlo in maniera obiettiva.

Un’altra condizione che caratterizza i contratti è la clausola che impegna i singoli Stati a sostenere i costi delle eventuali cause civili dovute agli effetti collaterali del vaccino in alcuni pazienti. Sull’equità di questa condizione si potrebbe aprire un interessante dibattito: i favorevoli potrebbero argomentare che la velocità con cui le case farmaceutiche hanno risposto alle esigenze dei governi le debba salvaguardare da inevitabili e occasionali reazioni impreviste del vaccino; mentre i contrari potrebbero sottolineare come gli immensi guadagni derivati dalla campagna vaccinale ripagano ampiamente tutti i rischi connessi. Tralasciando questa disputa, è interessante capire come avviene la negoziazione tra Stati e aziende produttrici. L’inchiesta del giornale peruviano Ojo Público smaschera le condizioni illegali che la Pfizer avrebbe richiesto a diversi paesi Sud Americani. Secondo alcune indiscrezioni di fonti anonime, la casa farmaceutica statunitense avrebbe chiesto come garanzia alcuni beni pubblici dei Paesi, tra cui anche quelli di valore strategico. Un caso eclatante è quello dell’Argentina. Dopo i primi contatti e le richieste di esenzione di responsabilità nell’eventualità di cause civili, il parlamento argentino ha promulgato una legge ad hoc che autorizza l’indennità all’industria farmaceutica relativa alla reazione avversa del vaccino. La Pfizer, però, ha protestato chiedendo un allargamento dell’immunità penale anche per atti di negligenza o dolo.

https://twitter.com/IntDissidente/status/1350129510486781952?s=20

Il governo ha provato a smussare la richiesta, definendo con un decreto il significato di “negligenza” come tutto ciò che riguarda problemi relativi alla distribuzione e il trasporto dei vaccini, ma Pfizer non soddisfatta ha chiesto un’ulteriore modifica. A questo punto da Buenos Aires hanno fatto capire che il limite era stato oltrepassato. Il funzionario anonimo che ha assistito alla contrattazione ha affermato che “l’Argentina può compensare gli effetti negativi del vaccino, ma non se Pfizer commette degli errori. Per esempio, che cosa succederebbe se Pfizer interrompesse non intenzionalmente la catena del freddo del vaccino e un cittadino la volesse citare in giudizio? Non sarebbe giusto per l’Argentina pagare gli errori di Pfizer”. Dello stesso tenore sono state le richieste avanzate dall’industria farmaceutica nei confronti di altri Stati Sudamericani. Ad esempio, al Brasile oltre alla inconsueta richiesta di impegnare asset strategici come garanzia per future cause civili è stato chiesto di depositare un fondo cauzionale in un conto bancario straniero spingendo il ministro della Salute a dichiarare abusive queste clausole. Il governo peruviano, invece, ha dovuto emanare un decreto in cui specificava che avrebbe rispettato la decisione di un arbitrato internazionale nel caso di controversie nei contratti di distribuzione dei vaccini. In questo modo il Perù si è dichiarato pronto a rinunciare alla propria immunità sovrana per accettare la decisione dell’arbitrato.

I rapporti tra multinazionali e Stati e l’esigenza di trovare un numero sufficiente di vaccini in grado di arrestare l’avanzata della pandemia alimentano i meccanismi di esautorazione della sovranità che il sistema contemporaneo già da tempo produce. I governi pagano i vaccini anticipatamente ricorrendo al mercato per chiedere il capitale a debito, con la conseguenza di far schizzare gli indici borsistici delle case farmaceutiche che raggiungono vette impensabili fino a dodici mesi fa. In questa rincorsa, i grandi player internazionali che possiedono sia il debito sovrano degli Stati, sia le azioni della grande industria del farmaco, sono i veri protagonisti che da dietro le quinte condizionano, orientano e si arricchiscono rinforzando sempre di più la loro posizione di forza. Ma esiste un’alternativa? Rimanendo in America Latina si può prendere qualche spunto, almeno etimologico, da Cuba, che con un pil inferiore a quello della Campania sta mettendo a punto un vaccino pubblico e gratuito per tutti i cittadini chiamato “Soberana”.


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