L’elezione del Presidente della Repubblica da parte di un Parlamento allo sfascio ha svelato agli addetti alla materia lo stato di salute dello Stato profondo. L’Italia è una pentola a pressione con un coperchio sopra. I partiti politici, in fase terminale, hanno dovuto richiamare i boiardi della Prima Repubblica per rallentare il collasso del sistema delle istituzioni. Con Sergio Mattarella, capo dello Stato; Giuliano Amato, presidente della Corte costituzionale e Mario Draghi, premier a Palazzo Chigi, il Paese è stato blindato per un po’, anche se non sappiamo fino a quando. Intanto, nella terra di mezzo, tra il Parlamento e i vertici dello Stato, è cominciato il gioco al massacro. L’abuso di potere è insopportabile per chi ha sete di potere. Ora che l’epidemia sta diventando un tema secondario, è iniziata la fase di riassestamento del peso di ogni apparato all’interno della piramide istituzionale, e di ogni personalità all’interno di ogni apparato. C’è dunque una crisi profondissima in quelli che nel gergo vengono chiamati “corpi intermedi dello Stato”, cioè media, servizi, magistratura. Una sorta di regolamento di conti è in atto, su tutti i livelli, siamo nella teoria del micropotere di Foucault. E i partiti, privi di una cultura politica – come ha di recente ammonito il Professor Natalino Irti sulle colonne del Sole 24 Ore – anziché rimettersi in discussione, rincarano la dose, alimentano la grande fitna, sparano le ultime cartucce prima della fine della legislatura, ora che col numero di parlamentari dimezzato, molti torneranno nell’oblio.
Se sul piano mediatico l’offensiva di alcuni giornali, in primis Il Riformista diretto da Piero Sansonetti, contro la trasmissione Report di Sigfrido Ranucci (da poco nominato dall’ad della Rai Carlo Fuortes, vice-direttore ad personam) e il suo metodo di inchiesta; e su quello dei servizi, con la delegittimazione della nuova direttrice del Dis Elisabetta Belloni, bruciata nella corsa al Quirinale da Matteo Renzi, al punto da doversi scattare il day after una fotografia atipica col ministro degli Affari Esteri Luigi Di Maio, al punto che l’autorità delegata per la sicurezza della Repubblica Franco Gabrielli ha dovuto ammonire tutta la classe politica, passano più in sordina; ben più mediatizzata per quanto delicata invece è la partita che si gioca nel campo giudiziario. C’è infatti un’offensiva trasversale contro la magistratura, scoppiata con l’affaire Palamara e il suo libro “Il Sistema” firmato a quattro mani con Alessandro Sallusti (con oltre 300mila copie vendute), che merita parecchia attenzione. Anche perché non finisce qui. Alle stampe è stato da poco dato il sequel: “Lobby&Logge”, sempre per Rizzoli.
Intoccabile, fino a qualche anno fa, infallibile, fino a prova contraria, la magistratura non è mai stata messa così alle strette. Nella pubblicistica, come in Parlamento, dato che a fine marzo l’Aula di Montecitorio dovrebbe cominciare l’esame della riforma dell’ordinamento giudiziario, tra cui il sistema elettorale del Csm. E poi c’è anche il referendum richiesto da leghisti e radicali, che se approvato dalla Consulta, aumenterà radicalmente il volume dello scontro nei prossimi mesi. Persino Sergio Rizzo, storica firma di quel Corriere della Sera che nel 1994 pubblicò in esclusiva l’avviso di garanzia della procura di Milano ai danni dell’allora premier Silvio Berlusconi, nonché autore nel 2007 de “La Casta” con Gian Antonio Stella (libro che vendette 1 milione e 200mila copie), cioè il testo che inconsciamente diede vita al Movimento 5 Stelle, il partito giustizialista e anti-casta per eccellenza, è entrato a gamba tesa nel dibattito con un nuovo libro intitolato “Potere assoluto. I cento magistrati che comandano in Italia” (Solferino). Un libro violentissimo in cui svela, si cita testualmente la quarta di copertina, “storie, protagonisti, conflitti d’interesse e retroscena inediti della casta più nascosta e potente del Paese”. Tutti contro tutti. Giornalisti contro giornalisti contro magistrati contro magistrati contro politici contro politici contro uomini e donne dei servizi contro uomini e donne dei servizi. Nella migliori delle ipotesi finirà con un vincitore nel regolamento di conti, e un riassetto del micropotere alla prova del potere, nella peggiore invece sarà un terremoto nelle istituzioni.