OGGETTO: I cinesi non credono più in nulla
DATA: 12 Novembre 2024
SEZIONE: Economia
FORMATO: Analisi
AREA: Asia
La crisi demografica, l’incognita immobiliare e il calo dei consumi non possono essere letti sotto la mera lente economica, ma riflettono il cambiamento di una società che evolve. Le faglie interne impongono a Xi Jinping di cercare consenso e mostrare assertività all’esterno.
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«Wáng yáng bǔ láo» è un motto cinese che suona come un avvertimento: «Ripara il recinto dopo che le pecore sono scappate». E sembra ben descrivere l’aria che tira di questi tempi nella Repubblica Popolare Cinese, dove dal recinto di un sistema statale dittatoriale e verticistico pare stia iniziando a uscire la popolazione locale: i cinesi nutrono un senso sempre più forte di sfiducia nei confronti del sistema politico e istituzionale. Lo dimostrano i dati economici in rallentamento e le relative cause ma, soprattutto, lo dimostrano gli scarsi effetti delle misure fiscali e monetarie introdotte da Xi Jinping. Eppure, dopo aver superato il Covid-19 e i ripetuti lockdown che avevano inevitabilmente arrestato la grande catena produttiva del paese, era prevista una ripresa efficiente e duratura. Che, in parte, c’è stata e c’è ancora. L’economia cinese ha marciato a livelli positivi persino durante il 2020. Tuttavia, nonostante i dati iniziali fossero ancora incoraggianti, nel secondo trimestre del 2024 la classe politica cinese ha dovuto fare i conti con un calo della crescita economica. Nello specifico, sono tre i settori in cui il colosso asiatico sta riscontrando particolari difficoltà: PIL, immobiliare e consumi interni.

Il prodotto interno lordo è aumentato di soli 0.7 punti percentuali a fronte dell’1.1% preannunciato dagli analisti, dimezzando così il dato del primo trimestre pari ad un promettente 1.6%. A contribuire a questa frenata è senz’altro la crisi del mercato immobiliare, che rappresenta una delle sfide più significative per il governo cinese – basti pensare alla storia del colosso Evergrande. Nonostante l’instabilità edilizia sia una realtà da ormai tre anni, nel 2024 è stato registrato un peggioramento riconducibile in primo luogo al settore residenziale. Come riportato dal Fondo Monetario Internazionale, è proprio sull’edilizia residenziale che si basa principalmente il suo settore immobiliare. Dunque, considerando che quest’ultimo contribuisce a formare circa il 20% del PIL del paese, non sorprende che l’economia ne risenta.

Viceversa, il dato inerente ai consumi risulta legato al più recente indebolimento della domanda interna. Le famiglie cinesi sono attualmente meno fiduciose e meno inclini a sostenere spese discrezionali. Lo dimostra il calo delle spese, che ha fatto registrare un aumento di appena il 2% dei consumi interni a fronte del 3.7% dell’anno precedente. L’importanza di questo settore è centrale poiché esso fornisce un quadro generale del benessere economico delle famiglie cinesi, oltre che una rappresentazione del sentimento popolare verso le iniziative intraprese dal governo per stimolare l’economia. Se i cittadini sono pronti a spendere, l’indicazione che si può ricavare è che il paese abbia prospettive solide e di crescita. Nel caso della Cina, che storicamente ha costruito la propria stabilità sullo sviluppo economico trainato da una considerevole produzione manifatturiera, questi dati assumono un’importanza ancora maggiore. 

Ecco allora, nella molteplicità di cause, la presenza del fattore comune: il senso di sfiducia della popolazione cinese nei confronti del sistema istituzionale e politico. Che, a sua volta, si riflette sugli indicatori economici. L’incredibile sviluppo degli ultimi 30 anni è stato conquistato grazie al progresso industriale del paese, che in passato ha dovuto lottare per raggiungere lo status attuale. Ora che la popolazione finalmente inizia a sperimentare i frutti di un impegno decennale, crescono le ambizioni e i desideri dei singoli cittadini. Questa nuova consapevolezza, però, è limitata dalla presenza del regime, notoriamente caratterizzato da controlli, burocrazia eccessiva, corruzione dilagante: con o contro di esso, non vi sono mezze misure. Non sorprende quindi che tra la popolazione cinese stia crescendo un senso di frustrazione che genera scetticismo verso le iniziative del governo. Tanto più se esse prevedono spese economiche. Al contrario, si preferisce risparmiare, evitando investimenti a lungo termine e scommesse sul futuro. Inevitabilmente, una prospettiva così individualista ha delle ripercussioni sul concetto di famiglia: sempre meno coppie sono disposte a comprare casa e avere figli. Il fatto che Pechino abbia delineato una serie di passi per sostenere la famiglia e favorire la natalità in una fase di crisi demografica è simbolico: lo scorso anno il tasso di natalità ha raggiunto un minimo storico e l’India ha superato la Cina per popolazione.

Il calo demografico diventa così l’esempio capace di racchiudere tutti questi aspetti. L’origine di tale fenomeno è da attribuire ad un piano implementato da Pechino nel 1979 sotto il nome di “politica del figlio unico”. Quest’ultima era stata introdotta per contenere il numero di nuove nascite ponendo il limite di un figlio a famiglia, ad eccezione di rari casi. I risultati ottenuti con il passare degli anni hanno evidenziato i molteplici errori di calcolo alla base dell’iniziativa governativa, al punto che nel 2021 il regime ha modificato il limite espandendolo a tre figli per famiglia, per poi rimuoverlo definitivamente negli anni successivi. Tale decisione è stata necessaria a fronte delle rilevazioni sui tassi di fecondità totale. Come dimostrato dai report delle Nazioni Unite, il numero medio di figli per donna in Cina si attesta tra 1.1 e 1.3 a partire dal 2022. Ciò significa che attualmente la popolazione è in diminuzione, un record in negativo che non si verificava dal 1961, anno della grande carestia cinese. La conseguenza diretta del calo demografico – abbinata al miglioramento della qualità della vita – è stata un aumento dell’età media. L’invecchiamento della popolazione potrebbe non essere percepito come un problema immediato, ma sarà cruciale per definire il futuro del paese, soprattutto in ottica geopolitica.

In questo senso, si pensi al confronto con l’India che, grazie a un’età media molto più bassa, è riuscita a superare il numero di abitanti della Cina. E, di fronte a una competizione basata tanto sulla demografia quanto sull’economia e sulla strategia regionale, non è un caso che i due leader Narendra Modi e Xi Jinping si siano incontrati durante il vertice BRICS in Russia del 23 ottobre scorso. I due – a distanza di cinque anni dall’ultimo meeting – hanno avuto un confronto concentrato principalmente sull’importanza della cooperazione economica e sugli obiettivi di sviluppo condivisi. Il risultato dell’incontro è stata dunque una parziale distensione dei rapporti. Se da una parte il recente accordo sul disimpegno al confine tra i due paesi è stato d’aiuto per intraprendere una discussione senza tensioni, dall’altra anche la situazione economica e sociale di Pechino influisce sul suo atteggiamento.

Insomma, un fronte interno instabile costringe a cercare maggiore consenso all’esterno, ed il primo modo per farlo è adottare la “crescita pacifica” cui faceva riferimento Barry Buzan: un approccio basato sul dialogo, che proietti un’immagine affidabile del paese – come avvenuto in quest’occasione grazie alle parole del presidente cinese. 

Roma, Marzo 2024. XVI Martedì di Dissipatio

Ma ci sono anche esempi opposti in cui il regime, volendo dimostrare la sua forza non accetta di scendere a patti. Questo è il caso del rapporto tra Cina e Filippine per la zona del Mar Cinese Meridionale, questione che ha rubato la scena in occasione del vertice annuale dell’ASEAN tenutosi dal 6 all’11 ottobre. Pechino rivendica l’80% dell’area utilizzando la linea dei 9 tratti, mentre Manila si oppone fermamente e denuncia il comportamento della controparte, che non si è detta disponibile a negoziare. Appare dunque evidente uno sforzo da parte di Xi Jinping volto ad ottenere maggiore consenso sul fronte esterno, con o senza l’uso della forza. A questo punto, però, la vera sfida sarà riconquistare maggiore stabilità tra le proprie mura.

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