OGGETTO: Gli azzardi diplomatici di Giorgia Meloni
DATA: 11 Dicembre 2024
SEZIONE: Geopolitica
FORMATO: Analisi
La situazione in Siria è critica. Oltre alle centinaia di migliaia di morti, dal 2001 ad oggi 13 milioni di persone hanno dovuto abbandonare la propria casa. Al fine di combattere il terrorismo e trovare una soluzione alla crisi migratoria, il Premier Giorgia Meloni aveva adottato un approccio più attivo, con la nomina, ad esempio, dell’ambasciatore a Damasco Stefano Ravagnan. Gli ultimi sviluppi, ovvero la fuga di Assad in Russia e la conquista di Damasco da parte dei ribelli, sembrano confermare che la presa di posizione italiana non sia stata la scelta migliore, soprattutto per la mancanza di supporto dai propri alleati.
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«Lo Stato italiano dovrebbe rappresentare un ponte – insieme all’Europa – tra Stati Uniti e Russia per abbattere il nemico comune». Così il Presidente del Consiglio Giorgia Meloni commentava la vicenda siriana in un intervento alla Camera dei Deputati nell’aprile del 2017. A distanza di sette anni sono cambiate molte cose, in primis il ruolo dell’allora Deputata, che oggi ha adottato uno stile comunicativo meno diretto. Anche lo scenario di guerra in Siria ha subito una svolta improvvisa a seguito della marcia dei ribelli verso Damasco, conclusa con la conquista della città e la fuga di Bashar al-Assad in Russia. Un risultato certamente non previsto fino a pochi mesi fa dal Premier italiano, focalizzato sulla lotta a quel “nemico” menzionato anni fa, ossia i terroristi dell’ISIS. 

È proprio in questa direzione che lo scorso luglio si è mosso il governo, confermando la decisione di riaprire l’ambasciata italiana a Damasco. Le motivazioni dietro questa scelta sono molteplici. Scavando tra le numerose affermazioni controverse del Premier, si scopre che già in un’intervista del 2015 Giorgia Meloni si dichiarava pronta a sostenere Bashar al-Assad – e il suo alleato Vladimir Putin – per eradicare i terroristi dell’ISIS e risolvere la crisi migratoria. Allo stesso modo, la recente iniziativa italiana ha rappresentato un’indiretta normalizzazione nei confronti del regime siriano, implicando una ripresa dei rapporti diplomatici tra i due governi. Seppur espresse con maggior cautela da Giorgia Meloni, le idee attuali sembravano dunque essere coerenti con quelle passate. Tuttavia, la rinnovata disponibilità a confrontarsi con Assad nascondeva dei veri e propri errori di calcolo da parte del Premier italiano, troppo intento ad occuparsi di questioni interne e poco lungimirante a livello internazionale.

Per quanto apparentemente proficua, la nomina dell’ambasciatore Stefano Ravagnan ha infatti evidenziato una inedita rottura con la posizione assunta finora dai paesi occidentali. Basti pensare agli Stati Uniti, che sin dalla presidenza Obama si sono sempre dichiarati contrari all’operato del regime di Assad, indipendentemente dal partito al potere. Trump nel corso del suo primo mandato ha imposto sulla Siria sanzioni economiche note come Caesar Syria Civilian Protection Act, riconfermate poi dall’amministrazione Biden al fine di disincentivare qualsiasi tipo di supporto al governo siriano. Al contrario, va menzionato il profondo legame tra Assad e Putin, che nel 2015 era intervenuto militarmente a fianco del regime ricevendo in cambio il controllo di due punti strategici: la base aerea di Hmeimim e quella navale di Tartous. L’asilo per “motivi umanitari” concesso dal leader del Cremlino a Bashar al-Assad dopo la fuga dalla Siria ha rappresentato un’ulteriore prova della loro intesa. In aggiunta, anche l’Iran – coinvolto nei conflitti arabo-israeliani e nemico degli Stati Uniti – ha fatto parte delle forze vicine al regime. E’ a sua volta uno dei grandi sconfitti in Siria, uscendo indebolito dagli ultimi risvolti. Gli schieramenti appaiono dunque molto chiari, e si fa presto ad intuire il motivo per cui la riattivazione dei rapporti con il governo siriano non sia stata accolta con entusiasmo dalle potenze alleate.

Nel tentativo di rimettere insieme i pezzi, il ministro degli esteri Tajani ha sottolineato i motivi alla base dell’iniziativa: indirizzare l’Occidente verso una politica più attiva in Siria, fornire un maggior numero di canali diplomatici diretti e soprattutto affrontare la crisi migratoria. Quest’ultimo punto ha costituito la principale giustificazione dietro la presa di posizione del presidente Meloni, che durante la scorsa campagna politica ha fatto spesso leva sul tema dell’immigrazione in Italia ed avrebbe dunque forzato la mano per dimostrare al suo elettorato di voler mantenere la parola data. La promessa era infatti di una significativa stretta sugli sbarchi. Dati alla mano, questo non è successo. Come riscontrato dalle ultime indagini, nel 2023 essi sono aumentati del 50% rispetto all’anno precedente e addirittura del 130% in confronto al 2021, con la Siria tra i primi paesi di provenienza. Una diminuzione è stata invece registrata nel 2024, i cui dati attualmente non tengono conto del mese di dicembre ma seguono una tendenza decisamente al ribasso. Ulteriore segno che il governo stia rinforzando l’attenzione in merito.

Ecco allora che il riavvicinamento al regime di Assad assume dei contorni ben delineati: il governo italiano aveva intenzione di rappresentare a livello europeo – se non globale – l’apripista per una nuova ondata di rimpatri grazie ad un’inedita intesa con il presidente siriano. Il Premier Meloni ne sarebbe uscito doppiamente vincitore. Da una parte avrebbe dimostrato di aver rispettato i patti con il proprio elettorato, dall’altra avrebbe rinnovato la figura di paese mediatore storicamente riconosciuta all’Italia. Così, il dilemma tra un potenziale attrito con le potenze occidentali e la possibilità di essere più presenti nella vicenda siriana sembrava essersi risolto a favore di quest’ultima. 

Roma, Aprile 2024. XVII Martedì di Dissipatio

Tuttavia, gli ultimi avvenimenti hanno fatto suonare un campanello d’allarme a Palazzo Chigi. In soli quattro mesi, le intenzioni del governo si sono rivelate fallimentari. Assad è stato sconfitto e costretto a fuggire, ma non solo. La questione immigrazioni è più aperta che mai, e proprio in questi giorni sono state documentate lunghe code ai confini costituite dai rifugiati che ora desiderano rientrare in Siria. Autonomamente. Senza spinte mediatiche né iniziative ad hoc da parte di alcun governo. Allo stesso modo, bisognerà attendere per conoscere gli sviluppi del dato sugli sbarchi. Non è ancora chiaro se vi sarà una diminuzione dovuta alla fine del regime oppressivo o un aumento per timore di ciò che riserverà il futuro. In un contesto di estrema incertezza come quello attuale, la presenza di un’ambasciata a cui poter fare riferimento è senz’altro utile per la gestione dei cittadini italiani sul territorio siriano e la ricezione di notizie in tempo reale. Tuttavia, le numerose implicazioni negative hanno trasformato il piano italiano in un buco nell’acqua, causando molte incomprensioni con Stati Uniti, Nazioni Unite e Paesi europei. L’Italia non può prescindere dalla cooperazione internazionale, ed andare controcorrente in uno scenario critico come quello di Damasco è stata una mossa azzardata che attualmente non ha ripagato.

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