OGGETTO: Una lucida follia
DATA: 13 Maggio 2023
SEZIONE: Ritratti
FORMATO: Analisi
Nelle parole - ma soprattutto nelle azioni - di Theodor J. Kaczynski, alias Unabomber, c'è un odio profondo verso una modernità intrisa di consumismo e di "sovrasocializzazione".
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«La rivoluzione industriale e le sue conseguenze sono state un disastro per la razza umana. Esse hanno incrementato a dismisura l’aspettativa di vita di coloro che vivono nei Paesi in via di sviluppo, ma hanno anche destabilizzato la società, reso la vita insignificante, assoggettato gli esseri umani a trattamenti indegni, diffuso sofferenze psicologiche – nel Terzo mondo anche fisiche – e inflitto danni notevoli al mondo naturale.»

Essere d’accordo con questa affermazione significa, in una certa misura, comprendere il motivo per il quale l’ecoterrorista Theodor J. Kaczynski – meglio noto come Unabomber – ha fatto quello che ha fatto, ovvero: compiere sedici attentati dinamitardi, uccidendo tre persone e ferendone ventitré, nell’arco di diciotto anni. Un uomo solo, in guerra contro il mondo, animato da un odio profondo per la tecnologia, ossessionato dal progresso, dal predominio delle macchine e dallo svuotamento del ruolo dell’individuo nella società moderna. Gli obiettivi di Kaczynski si rivolsero principalmente verso alcune categorie: il mondo accademico, i docenti di discipline scientifiche e informatiche, gli alti funzionari e le compagnie aeree. Venne arrestato solamente nel 1996, quando la cognata – che pur poco lo conosceva – riconobbe in alcune lettere che aveva scritto al fratello le stesse rivendicazioni di Unabomber, che erano state pubblicate dalla stampa.

Superata l’iniziale repulsione per una condotta tanto violenta, analizzare il Manifesto scritto da Kaczynski – intitolato “La società industriale e il suo futuro” – ci aiuta a comprendere il crescente sentimento di rifiuto delle persone nei confronti del sistema. Non solo, serve anche a comprendere come questo malcontento venga abilmente strumentalizzato dalla stessa élite che lo ha esacerbato per decenni, e che ora tenta di riempirsi ulteriormente le tasche sfruttando proprio il desiderio di cambiamento delle masse. Insomma: creato il problema (e guadagnato a dismisura con esso) ora si vende la soluzione, così da guadagnarci due volte.

Kaczynski se la prende, innanzitutto, con quella che definisce “la sinistra moderna”, rea di essere diventata un movimento frammentato che vive un complesso d’inferiorità; la ricerca del collettivismo, quindi, condurrebbe alla demonizzazione delle élite come pretesto per esprimere il proprio bisogno frustrato di potere. «Se la nostra società non avesse alcun problema sociale, la gente di sinistra li inventerebbe, così da procurarsi un motivo per protestare.»

Un altro problema della sinistra, oggi, sarebbe quello della “sovrasocializzazione”, che condurrebbe ad amplificare il processo attraverso il quale le persone vengono addestrate a pensare e ad agire come la società richiede. «Il codice morale della nostra società è così esigente che nessuno può pensare, sentire e agire in una maniera completamente morale.» Dunque, secondo Kaczynski questo tipo di persone cercano di liberarsi dal guinzaglio psicologico e di asserire la propria autonomia attraverso la ribellione, ma di solito non sono così forti da sollevarsi contro i valori fondamentali della società.

Le problematiche evidenziate portano ad una riflessione importante, che riguarda la critica di una delle idee progressiste al centro del dibattito odierno: il cosiddetto Greenwashing, ovvero l’ambientalismo di facciata che molte grandi imprese, organizzazioni e istituzioni statali occidentali vogliono imporre ai cittadini. La società moderna appare come estremamente permissiva, ma fintanto da non incoraggiare gli individui a porre in essere comportamenti che risultino pericolosi per il sistema e, dunque, il processo del potere viene spezzato da una mancanza di scopi reali. Tuttavia, la maggior parte delle persone si lascia facilmente suggestionare dal marketing e finisce con l’adattarsi alla grande rivoluzione ecologica proposta dalle élite che, però, va unicamente a suo vantaggio. 

L’avanzare rapido e inarrestabile della tecnologia crea continuamente nuovi prodotti, fomentando la costante e insaziabile bramosia degli individui per accaparrarseli. Nel documentario Planet of the Humans (scritto, prodotto e diretto da Jeff Gibbs, il cui produttore esecutivo è il famoso documentarista e attivista Michael Moore) si esamina la decisione dei principali gruppi e leader ambientalisti di collaborare con miliardari, corporazioni e ricche fondazioni nella presunta lotta per salvare il pianeta. Il film si domanda se l’energia verde possa risolvere il problema dell’esaurimento delle risorse pur senza ridurne il consumo, anche se tutte le forme esistenti di generazione di energia richiedono l’utilizzo di risorse limitate. Fondamentalmente, bisogna chiedersi se le fonti di energia rinnovabile come l’energia derivante dalle biomasse, l’energia eolica e l’energia solare siano davvero pulite e rinnovabili come vengono descritte. Tuttavia, mettere in dubbio la buona fede dei governi e delle aziende quando si parla di tutela ambientale fa parte proprio di una di quelle critiche che la sinistra moderna non si sogna nemmeno lontanamente di sostenere. 

Secondo Kaczynski la motivazione del “beneficio per l’umanità” per quanto concerne la scienza e la tecnologia è solamente un pretesto; bisogna, effettivamente, ammettere che sia quanto meno naïf credere che chi dispone dei mezzi finanziari per svilupparne l’avanzamento lo faccia per ragioni filantropiche. Nonostante la paura del restringimento delle libertà individuali, la maggior parte delle persone sostiene che la società industriale tecnologica non possa essere riformata. «Per libertà intendo l’opportunità di passare attraverso il processo del potere con obiettivi reali e senza interferenze, manipolazioni e supervisioni di alcuno, soprattutto quelle di qualche organizzazione. Nessuno è libero se qualcun altro (specialmente una grossa organizzazione) lo ha in suo potere, non importa con quanta benevolenza, tolleranza o permissivismo questo potere sia esercitato.»

Il sistema non può dunque essere riformato in modo tale da conciliare la libertà con la tecnologia; il solo modo sarebbe quello di fare completamente a meno del sistema industriale tecnologico e questo implicherebbe una rivoluzione radicale e fondamentale nella natura della società, ma non necessariamente un’insurrezione armata. In seguito a questo cambiamento, le persone vivrebbero vicino alla natura, perché in assenza di tecnologica non vi è altro modo in cui la gente possa vivere.

Unabomber conclude il suo Manifesto spiegando come il ruolo decisivo nella grande partita per la sopravvivenza umana venga giocato dai complessi di inferiorità, dalla bassa autostima e dal senso d’impotenza dalla sinistra moderna. Non si può dargli torto, d’altronde è sotto gli occhi di tutti come la tracotanza e la spregiudicatezza del potere delle élite sia proprio quello che ne ha fatto il giocatore vincente di un match che dura da quando è iniziata la storia dell’uomo. Questo è ciò di cui Kaczynski non è riuscito a farsi una ragione e che è conseguito nello sfogo violento delle sue passioni. 

Immaginando un lieto fine, il Kaczynski attivista avrebbe vinto contro l’Unabomber dinamitardo e invece, come scrisse Doestoevskij: «Ci sono due modi di giocare: uno da gentleman, l’altro invece plebeo, venale, insomma il modo di giocare di una canaglia qualsiasi.»

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