Dal 15 marzo gli Stati Uniti hanno intensificato le offensive contro gli Houthi dello Yemen, bombardando le principali città e le posizioni che ospitano i membri del gruppo di ribelli. Nella giornata di venerdì 29 marzo si sono verificati degli attacchi aerei da parte delle forze armate statunitensi, le quali hanno colpito almeno 40 siti, compreso l’aeroporto internazionale di Sanaa e la città portuale di Hodeida, fondamentali a livello logistico. L’obiettivo però non è solo quello di indebolire strategicamente i nemici attaccando punti nevralgici, ma anche eliminare il personale di alto rango, in modo da mettere in crisi il sistema di comando, procedendo ad aumentare i bombardamenti per portare il conflitto verso la sua conclusione. Donald Trump si ritiene soddisfatto di come stanno andando le operazioni militari, e ha anche aggiunto che gli USA sono disposti a combattere a lungo per sconfiggere gli avversari e costringerli ad arrestare le loro aggressioni alle navi statunitensi nel Mar Rosso. Al momento però gli Houthi continuano a non dare segni di cedimento, nonostante i diversi colpi subiti, i quali hanno generato numerosi morti e feriti; i ribelli yemeniti non demordono, come dimostrano i sei missili che secondo N12 hanno lanciato contro Israele, che ha prontamente intercettato.
Per il portavoce Capo del Pentagono Sean Parnell l’obiettivo è chiaro, ovvero fermare gli attacchi alle navi americane, i quali mettono a rischio le vite dei propri connazionali; la volontà dei nemici però non è esclusivamente quella di far perdere uomini agli avversari, ma soprattutto arrecare ingenti danni economici all’Occidente, osteggiando il commercio internazionale nell’area. I bombardamenti aerei sui siti strategici in Yemen continuano senza sosta, come dimostrato dai video pubblicati sul social network X nelle ultime ore, i quali mostrano lanci di missili da crociera e il decollo di cacciabombardieri. Affermare che gli americani stiano affrontando questo dossier con una tale aggressività e fermezza esclusivamente per proteggere le navi e per permettere il regolare svolgimento degli scambi commerciali potrebbe risultare poco realista, in virtù del fatto che le grandi potenze non basano la propria politica estera su quelle che sono le dinamiche commerciali, ma effettuano appunto una politica di potenza, volta ad indebolire i nemici strategici, ovvero l’Iran, in questo caso. Ciò vale specialmente se si pensa alla linea politica di questa amministrazione, che sta attuando misure protezionistiche senza scrupoli, anche ai principali partner commerciali, come quelli latinoamericani ed europei. Il tratto tipico dei grandi imperi è tendenzialmente quello di subordinare l’economia ed il commercio alla potenza; grazie a questi strumenti è possibile legare a sé gli altri attori, sottoponendoli alla propria influenza.
Le mosse attuate da Washington in queste settimane testimoniano la volontà di mettere sotto forte pressione gli avversari strategici da più fronti, cercando di togliere loro tempo e risorse, esponendoli a continui attacchi diretti ed indiretti, sia a livello tattico-militare che sul piano della comunicazione. Ciò non viene dimostrato solo dai bombardamenti e dalle dichiarazioni del Presidente Trump, il quale minaccia continuamente di aggredire Teheran qualora dovesse rifiutarsi di trattare sulla questione nucleare, ma anche dallo spostamento di quattro bombardieri stealth a lungo raggio B-2 a Diego Garcia; si tratta di una base militare nell’Oceano Indiano, fuori dal raggio d’azione degli Houthi. Da un punto di vista strategico è una mossa potenzialmente vincente, perché la posizione è a circa 4000 chilometri di distanza dalla Capitale persiana, risulta quindi possibile poter attaccare i nemici grazie all’ampio raggio dei B-2, evitando peraltro di affidarsi a basi collocate nello spazio mediorientale, e quindi vulnerabili alle mire degli avversari. Questo sito è estremamente importante per la storia americana, dato che da qui sono iniziate diverse operazioni militari, come quelle contro l’Iraq e l’Afghanistan, a testimonianza della rilevanza di questo mossa effettuata dagli apparati statunitensi, e di quanto essa potrà potenzialmente pesare sull’esito di questo conflitto nello specifico. Di fatto, questo è un ulteriore messaggio lanciato alla Repubblica Islamica, la quale viene sottoposta gradualmente sempre a più pressione, e necessita di proteggersi dalle minacce, che si moltiplicano costantemente.
Gli Houthi sono strategicamente sostenuti da Teheran, la cui sicurezza è posta a serio rischio su diversi fronti, dal Medioriente all’Indopacifico. Tuttavia, anche l’Iran cerca di non mostrarsi debole al cospetto dei nemici, ma risponde con grande fermezza alle minacce del Presidente statunitense, il quale conferma la volontà di bombardare la Repubblica Islamica qualora non dovesse essere disponibile a negoziare sul nucleare. La Guida Suprema Ali Khamenei ha riposto senza esitazione al tycoon, ribadendo che, qualora gli americani dovessero sferrare un attacco commetterebbero un grave passo falso, e verrebbero contrattaccati duramente. Inoltre, il Consigliere del leader persiano, Ali Larijani, ha aggiunto che nel caso in cui i nemici dovessero commettere un errore nei confronti dell’Iran sul dossier nucleare, sarebbero costretti necessariamente a ricorrere all’utilizzo delle armi atomiche per potersi difendere dalla pressione di Washington. La volontà di Teheran è chiara, non è possibile mostrarsi deboli nei confronti del nemico, ma bisogna difendere la propria sicurezza, non solo da un punto di vista militare ma anche a livello comunicativo. Nonostante le minacce sorgano ormai da molteplici fronti l’impero persiano stringe i denti, consapevole però che sostenere questa situazione sul lungo periodo sarà estremamente complicato, e costosissimo sotto differenti punti di vista.
Sarà opportuno seguire con attenzione gli sviluppi di una vicenda estremamente importante per quanto concerne il futuro dell’assetto geopolitico internazionale, ed in particolare per quanto riguarda gli equilibri di potere nell’Indo-pacifico, dove la proiezione iraniana è messa a rischio quotidianamente, così come quella nel Vicino Oriente. Gli attacchi continuano imperterriti nel Mar Rosso, come i bombardamenti sullo Yemen, e pare di essere ancora all’inizio di un conflitto che potrà dilungarsi per diversi mesi.