Negli scorsi giorni il Mar Rosso è stato teatro di guerra fra gli Stati Uniti e gli Houthi dello Yemen, sostenuti strategicamente e politicamente dall’Iran. Il 16 marzo gli americani hanno effettuato un raid sul Paese, bombardando rispettivamente la Capitale Sanaa, i governatorati di Saada e Al-Baydae la città di Radaa; stando ai dati riportati dal Ministero della Salute gli attacchi aerei hanno prodotto 31 morti e 101 feriti. Il Presidente statunitense Donald Trump ha annunciato preventivamente l’operazione sul social media Truth, aggiungendo che nel caso in cui gli Houthi non stoppassero gli attacchi alle navi, che vengono sferrati ormai da diversi mesi, sullo Yemen si scatenerebbe l’inferno. Il raid che si è abbattuto sul Paese è un messaggio molto chiaro, gli Stati Uniti mirano a chiudere questo fronte il prima possibile per cercare di stabilizzare il Mar Rosso, strategicamente fondamentale a livello globale, ed in particolare per Washington, a causa della sua rilevanza per quanto concerne le dinamiche commerciali internazionali.
Il Presidente americano nel suo messaggio ha anche avvisato la Repubblica Islamica dell’Iran di interrompere il sostegno agli Houthi, i quali grazie a Teheran possono contare su un appoggio strategicamente importante, che permette loro di giocare un grande ruolo nella grande contesa che si sta consumando fra i due attori. La questione yemenita va inquadrata nella situazione di alta tensione che nelle ultime settimane sta caratterizzando le relazioni fra Stati Uniti e Iran; Trump, dopo essere ritornato alla Casa Bianca, ha immediatamente cominciato ad attuare una politica di massima pressione nei confronti della potenza mediorientale, cercando di ridurre la sua proiezione geopolitica e militare nell’area. Inoltre, un tema centrale è quello relativo al nucleare; gli USA vorrebbero trattare con gli iraniani per poter monitorare le loro operazioni e la potenziale futura proliferazione. Stando a quanto riportato da Axos, nella lettera inviata nelle scorse settimane dal Presidente all’Ayatollah Ali Khamenei, la scadenza per il raggiungimento di un accordo sarebbe di due mesi, e oltre questo limite temporale verrebbe sferrato un attacco militare nei confronti della Repubblica Islamica.
L’Iran ha già annunciato di non avere alcuna intenzione di cadere nella trappola americana, e ha anche aggiunto che non accetteranno alcun tipo di intromissione nella sicurezza del Paese e nessuna indicazione in materia di politica estera da parte di alcuna potenza del sistema internazionale. Le possibilità di un negoziato con esito positivo sono di per sé relativamente basse, certamente le recenti tensioni nel Mar Rosso non possono che appesantire ulteriormente la situazione. L’attacco lanciato dagli americani agli Houthi non può essere interpretato come una semplice operazione militare atta ad indebolire i nemici yemeniti, ma può essere percepita anche come un avviso a Teheran; Washington ha intenzione di proseguire con forza la linea politica di massima pressione, arrivando anche ad utilizzare la propria potenza bellica qualora dovesse essere necessario. La riduzione della proiezione strategica e geopolitica iraniana è un obiettivo primario sia dell’attuale presidenza che degli apparati, che sostengono all’unanimità il loro leader in questo dossier. In questo momento i rivali si trovano in difficoltà sul piano strategico e faticano a contrastare gli israeliani e le loro operazione militari nello spazio mediorientale, così come in Yemen, dove gli americani hanno dimostrato di non avere alcun freno nel ricorso all’utilizzo della forza nel perseguimento dell’obiettivo di indebolire i proxy dei persiani.
È difficile aspettarsi che la Repubblica Islamica, dopo aver resistito per decenni alla pressione geopolitica ed economica dei propri avversari, si pieghi alle minacce dell’egemone senza tentare di contrattaccare; inoltre, è improbabile che dopo il raid americano in Yemen le autorità iraniane si siedano al tavolo per trattare sulla questione nucleare. Piuttosto, è lecito credere che verrà data continuità alla linea politica attuale, cercando di contrastare con forza l’espansione geopolitica israeliana nella regione mediorientale e continuando a fornire supporto strategico agli Houthi nel Mar Rosso, tenendo in scacco le sorti del commercio internazionale nell’area. La Guida Suprema ha condannato gli attacchi statunitensi, accusando Washington di aver violato il diritto internazionale, uccidendo persone innocenti.
Secondo la più alta autorità politico-spirituale dellaRepubblica, i crimini che stanno commettendo i rivali necessitano di essere fermati immediatamente e non possono essere tollerati; inoltre, l’accusa si estende anche al dossier palestinese, con l’Ayatollah che sottolinea la complicità degli USA, principale alleato strategico di Israele. Il contrattacco però non è avvenuto solo verbalmente, ma vi sono stati dei concreti segnali anche sul piano militare. Infatti, gli Houthi hanno sferrato un attacco missilistico diretto verso l’aeroporto di Tel Aviv, il quale è stato prontamente intercettato dell’IAF. Questa tentata offensiva può essere interpretata anche come una risposta iraniana alla rottura del cessate il fuoco da parte di Israele, che ha ripreso i bombardamenti nella striscia di Gaza. In un momento complesso come quello che sta vivendo l’Iran, la tregua avrebbe permesso quanto meno di allentare il senso di accerchiamento e la pressione nello spazio mediorientale; il ritorno del fuoco nell’area e gli attacchi statunitensi nell’indo-pacifico appesantiscono la già gravosa morsa imposta a Teheran, che ora si ritrova a dover reagire con forza, consapevole del fatto che qualora dovesse mostrarsi eccessivamente debole potrebbe essere divorata dai suoi avversari, che non aspettano altro che un suo passo falso.
La Repubblica Islamica si trova in una situazione estremamente complicata, e dovrà cercare di resistere all’elevata pressione a cui è sottoposta da parte dei propri avversari; la sua proiezione geopolitica è già stata sensibilmente ridotta negli ultimi mesi, e dovrà cercare di riguadagnare terreno per non vedersi costretta ad inginocchiarsi al cospetto dei rivali. Sarà importante gestire efficacemente gli Houthi e le loro capacità strategico-militari per mettere in difficoltà gli Stati Uniti nel Mar Rosso e per scatenare attacchi missilistici nei confronti di Tel Aviv.