Ci aveva provato già diversi mesi fa Giuseppe Conte ad istituire una fondazione che si occupasse di Cybersicurezza, ottenendo come unico risultato un fuoco incrociato abbattutosi, dall’interno della stessa maggioranza di governo, contro un esecutivo prossimo alla dipartita. L’ex premier venne addirittura accusato di voler creare un sistema di potere e di intelligence alternativo, un servizio segreto parallelo e personalistico. Così la fondazione privata, deputata alla sicurezza cibernetica, che Conte avrebbe affidato all’ex capo del Dis, nonché fedelissimo, Gennaro Vecchione non ha mai visto la luce, precedendo di poco la fine dell’esperienza di governo del giurista di Voltura Appula. L’avvocato del popolo, a causa anche di una politica estera troppo smarcata dagli Usa, pur mantenendo buoni rapporti con l’amministrazione Trump, si è dovuto accomiatare da Palazzo Chigi, vedendo giorno dopo giorno sgretolarsi la propria rete di potere. Che la caduta di Conte non fosse legata a questioni di politica bassa, ma a ben più complessi imperativi strategici è ormai evidente, tanto che Mario Draghi, che invece della volontà d’Oltreoceano è fedele alfiere, ha potuto esibire una libertà di manovra ben più ampia del suo predecessore, intervenendo senza problemi in ambiti prima fin troppo scivolosi per Giuseppe Conte.
La Cybersicurezza è uno di questi. Il processo di sistematizzazione questa stavolta è stata del tutto diverso, permettendo la nascita del nuovo soggetto deputato alla sicurezza cibernetica senza alzare polveroni o portare sull’altare della dialettica politica l’operazione. Nel decreto, varato in Consiglio dei Ministri la sera del 10 giugno, si legge: –
É istituita a tutela degli interessi nazionali nel campo della cybersicurezza, anche ai fini della tutela della sicurezza nazionale nello spazio cybernetico, l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn).
Un testo, di circa una ventina pagine, elaborato in concerto tra il premier e Franco Gabrielli – sottosegretario ai servizi segreti- e Ministeri strategici come il Mise, il Mef ed il Ministero per la transizione digitale. Un’operazione compiuta col solito metodo a cui il premier ha abituato i partiti dal suo insediamento: basso profilo e coinvolgendo i settori strategici, e una proposta univoca, da prendere o da lasciare lasciare. Un modus operandi diverso, seppur il fine era pressoché identico, quello del suo sfortunato predecessore, che però non godeva dello stesso consensus atlantico (a parte i tweet di Trump) . Mario Draghi sembra conoscere bene l’importanza che la sicurezza cibernetica ricoprirà in futuro, e soprattutto ha ottenuto il via libera da parte di Joe Biden che durante il vertice NATO 2030 il quale ha tracciato una linea di demarcazione netta, come ha sottolineato bene Stefano Folli su La Repubblica, che non ha ha aperto una nuova Guerra Fredda ma ha comunque richiesto alle nazioni europee una forte presa di posizione nei confronti di Russia Cina. La stessa Alleanza Atlantica infatti ha inserito la difesa digitale fra i punti chiave su cui ricostruire l’orizzonte strategico del prossimo decennio. Che la nascita della fondazione italiana, questa volta passata sostanzialmente nell’indifferenza dei partiti politici, avvenga proprio nello stesso periodo non è sicuramente una coincidenza, ricordando sempre la vicinanza del premier Draghi ad alcuni inner circle americani e, soprattutto, quanto il mandato principale dell’ex BCE sia proprio quello di rifondare ed aggiustare gli apparati italiani, per riallineare il paese alla politica d’Oltreoceano.
Alla luce di quest’ultima analisi, anche il premier sa che la nuova Agenzia per la Cybersicurezza è promessa a diventare un centro di potere centrale, tanto per i rapporti transatlantici, quanto per il ruolo “pivotale”che andrà a svolgere nelle relazioni con Bruxelles, sigillando gli investimenti del Recovery Plan. In quest’ottica l’Anc è una garanzia per molti attori: da Washington agli altri Paesi europei – in primis la Francia- preoccupati dalla possibilità che la Germania, primo garante del piano di emissione di debito comune che andrà a finanziare il Recovery, potesse eccessivamente legare a sé il fallimento o la sopravvivenza del sistema paese Italia. La stessa figura di Draghi d’altronde è a Chigi anche per rassicurare sulla buona amministrazione dei fondi europei, controbilanciando proprio la spada di Damocle della garanzia germanica al piano straordinario di finanziamenti. L’Agenzia di Cybersicurezza non è altro che una parte dell’azione, orientato in questo senso, del premier ex-banchiere centrale. L’Anc sarà quindi un nuovo apparato fondamentale dello stato e prevede già un primo piano di assunzioni di circa 300 professionisti, con l’idea di arrivare nel giro di 5 anni a triplicare il numero degli effettivi. Saranno inoltre 34 i dirigenti generali previsti nell’organico, con una retribuzione equiparata agli omologhi della Banca d’Italia, uno dei serbatoi più influenti di uomini di Stato – vi proviene lo stesso Draghi – a riprova dell’importanza assunta dalla nuova agenzia di sicurezza cibernetica.
Il decreto quindi ha delineato le caratteristiche di qualcosa assimilabile a un vero e proprio nuovo Ministero di peso. All’interno dell’ente sarà infatti istituito un Nucleo per la Sicurezza Cibernetica costituito dal premier, da un suo consigliere militare, da rappresentanti del Dis, dell’Aise e dell’Aisi e da alcuni delegati dei Ministeri inseriti nell’anch’esso neo-istituito Comitato interministeriale per la cybersicurezza. Una serie di cerchi concentrici, più o meno aperti a diverse istituzioni, che vanno a designare l’Agenzia Nazionale per la Cybersicurezza quale nuovo centro di potere all’interno del Paese. L’operazione si discosta nettamente da quella perseguita dallo sfortunato predecessore di Draghi, tanto per le modalità del soggetto promotore, quanto per il posto all’interno della geografia del potere prevista per l’Anc. Essa rimane infatti al di fuori del servizio di intelligence ed andrà a operare quale polo gravitazionale dei poteri pubblici, prevedendo i contributi di diversi ministeri di peso, come l’Economia, lo Sviluppo Economico e la Transizione Digitale ed in più come cerniera di collegamento verso le istituzioni europee ed atlantiche, presentandosi come il più draghiano – leggasi il più e fedele – degli apparati italiani. D’altronde la sua istituzione proprio alla vigilia del G7 e del Summit NATO dimostra come la nuova agenzia sia fra i settori dello Stato tramite cui presentarsi e parlare con le grandi potenze in questo campo futuristico.
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