Alla presenza del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, il Presidente Guerini (COPASIR) e i Direttori dell’Intelligence Elisabetta Belloni (DIS) Giovanni Caravelli (AISE) e Mario Parente (AISI) è stato presentato il report annuale per il 2022 del Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica italiana. Ovvero sintesi del lavoro di AISE e AISI, i due occhi proiettati verso l’esterno e l’interno del nostro Paese, fondamentale media potenza mediterranea, vittima delle violente turbolenze nei rapporti tra le grandi potenze e alle prese con la recrudescenza di fenomeni, seppur ridimensionati nella loro pericolosità, che parevano ormai parte del passato, ovvero l’eversione organizzata di matrice anarchica e marxista-leninista, convergenti verso una saldatura con i movimenti ambientalisti. Un documento dallo spiccato piglio realista: un approccio alle sfide del presente che solo dallo scoppio della guerra in Ucraina ha iniziato ad imporsi nell’analisi della politica internazionale, con grave ritardo rispetto agli eventi. Grande il dettaglio, soprattutto verso l’estero vicino, confermando l’importante tradizione di profonda cultura informativa dei servizi nostrani verso il continente africano ed i suoi moti intestini. Molta l’attenzione anche verso un vicino Oriente caratterizzato da alleanze tattiche a geometria variabile tra le potenze della regione, ma appena un paragrafo ed un’infografica generale sui Balcani.
Il documento ad ogni modo rimarca che con la guerra in Ucraina, vero e proprio “tornante della storia”, la guerra è tornata sul suolo europeo, ed offre dunque un’analisi sull’andamento del conflitto. Qui confermata la visione delineata da numerosi osservatori, ovvero quella del fallimento degli obiettivi strategici di Mosca con l’invasione e il tentato colpo di mano con il quale la Russia puntava ad un fait accompli che avrebbe potuto evitarle di subire l’imposizione delle sanzioni. I nove pacchetti di tali restrizioni commerciali e finanziarie stanno iniziando a mostrare i propri effetti sia sul complesso militare industriale russo che sulle economie europee, soprattutto l’Italia, a causa della inedita necessità di riorganizzare gli approvvigionamenti energetici e i flussi commerciali. La criticità in questione si colloca inoltre in un quadro ove “la Cina rappresenta l’unico paese dotato sia dell’intenzione di riplasmare l’ordine globale sia, in prospettiva, delle capacità di farlo”. La crescita della potenza e dell’assertività cinese, comparata a quella americana, anche con riferimento allo sviluppo dello strumento militare, preoccupa gli alleati occidentali, tra cui non meno l’Italia che con questo report lo lascia intendere dall’infografica comparativa tra Cina e Usa, dalla quale Washington ne esce circa alla pari con Pechino. Le crisi russo-ucraina e sino-statunitense hanno ricadute, per l’Italia, sui settori siderurgico e dei semiconduttori, duramente colpiti ed esposti a manovre di soggetti esteri, coinvolti nella loro governance, suscettibili peraltro di compromettere i livelli occupazionali di alcune aree del Paese e sulla competitività della nazione. Per questa ragione nel documento è evidenziato come lo Stato abbia deciso di fare ampio esercizio dei poteri speciali di tutela di imprese strategiche a seguito delle 608 notifiche di pericolo pervenute di cui per l’85% nel campo di energia, trasporti, comunicazioni e nuovi settori, il 3% nell’ambito della tecnologia 5g, il 12% nel settore di difesa e sicurezza nazionale.
Oltre le ingerenze di tipo finanziario si fa riferimento a quelle di tipo ibrido, dunque cyber e non solo, e nella diffusione da parte di attori interni narrative filo-russe e filo-cinesi in un contesto di malessere sociale ove tali narrazioni si ritrovano anche in movimenti più o meno organizzati di estremismo politico, quali i noti gruppi di estrema destra, ma anche nella crescente minaccia anarchica del FAI, la Federazione Anarchica Informale, la cui diramazione internazionale ha interessato – a partire da ottobre scorso, con l’inizio dello sciopero della fame da parte del noto criminale e militante anarchico Alfredo Cospito – le tradizionali Spagna e Grecia per poi interessare anche le reti marxiste e leniniste del Sud America, ricalcando dunque le orme delle geografia della tensione degli anni Ottanta. Di particolare interesse per i nostri servizi d’informazione è la convergenza tra i movimenti anarchici, i movimenti operai e soprattutto i gruppi ambientalisti cosiddetti di “nuova generazione”.
Il malessere sociale nelle periferie è uno dei principali fattori suscettibili a contribuire alla radicalizzazione di una parte precisa della società, ovvero quella del proletariato multietnico, che più ha risentito della crescita delle diseguaglianze sociali e che più è suscettibile di cadere vittima dell’influenza di organizzazioni criminali straniere e terroristiche, tra cui emerge l’efficientissima e spietata mafia nigeriana. Parallelamente il documento rileva un tentativo di penetrazione jihadista nel tessuto nazionale, ma secondo una strategia poco definita. Si tratterebbe per lo più di guerrieri solitari, confluiti all’interno del nostro Paese principalmente da: Tunisia, Algeria, Libia, Siria, Libano e Afghanistan, attraverso le due principali tratte migratorie, quella balcanica e quella del Mediterraneo Orientale. Ad ogni modo, i nostri servizi hanno contribuito ad espellere nel 2022 settantanove soggetti dando piena applicazione al decreto del 2018 in quello che risulterebbe essere un trend, per fortuna, negativo.
Il documento in questione viene pubblicato peraltro a ridosso della tragedia consumatasi sulle coste della Calabria, evento particolare di una tendenza generale destinata ad acuirsi. L’insicurezza alimentare del continente africano si è aggravata con la guerra in Ucraina e il fatto che il report evidenzi che sia stato Erdoğan il principale autore e mediatore per l’accordo sulla Black Sea Grain Initiative tra Russia e Ucraina, il quale ha consentito lo sblocco (da parte russa) dell’esportazione di grano dai porti ucraini. È significativo notare quanto, rispetto alla Turchia, l’Italia sia ben lontana dall’obiettivo di riacquistare un’influenza significativa nel continente africano. Infatti proprio le terre della Libia continuano ad essere contese tra “i due governi paralleli” di Fathi Bashaga da una parte e Abd Al Hamid Dbeiba “che rivendicano ciascuno la propria legittimità a operare nell’intero Paese”. Il Paese in questione risulta attualmente diviso in due aree, a Ovest controllate dalle milizie riferibili al Governo di Unità Nazionale di Dbeiba e, a Est dall’Esercito Nazionale Libico di Haftar. Specie nella prima parte dell’anno, poi, i citati tentativi di ingresso nella Capitale da parte delle forze di Bashagha hanno acuito la conflittualità tra i principali gruppi armati tripolini.
I servizi italiani hanno monitorato e analizzato i negoziati per la definizione di una base costituzionale, ma nonostante questo sforzo i contatti diretti tra Dbeiba e il maresciallo Haftar sono stati mediati principalmente dagli Emirati Arabi Uniti. Importante, peraltro la questione attorno alla carica della National Oil Corporation-NOC, che seppur ridefinita a luglio, ha spostato lo scontro su altre posizioni, ad esempio quella del Governatore della Banca Centrale Libica. Oltre alla Libia l’attenzione informativa italiana si è concentrata sulla Tunisia, ove l’instabilità economica e finanziaria resta attentamente monitorata dai nostri servizi soprattutto per il motivo che i migranti di origine tunisina rappresentano i primi nella lista in Italia per quantità. La vicina Algeria, invece, risulta una potenza in ascesa nel Mediterraneo, anche grazie al fatto che essa rappresenta oggi per l’Europa, e per l’Italia in particolare (39% import di gas naturale), uno dei principali fornitori di gas e petrolio, dunque attore più influente che in passato, ma al medesimo tempo non totalmente affidabile a causa delle tensioni con il Marocco per la questione del Sahara occidentale.
Non soltanto il Nord Africa, però, risulta oggetto dell’azione informativa italiana, ma anche il Medioriente dove sempre la Turchia ha fatto progressi positivi nei propri rapporti con Israele ed Egitto. La nuova collocazione di Israele (con gli Accordi di Abramo) “apre a nuovi schemi di alleanza nella regione (USA, Israele, Marocco, Bahrain, Emirati Arabi Uniti)”. A stretto monitoraggio italiano anche la Siria, territorio dove proliferano attività jihadiste, che seppur residue dopo la ripresa del controllo di maggior parte del territorio da parte di Bashar Al Assad, restano queste attività estremamente letali nelle loro azioni e dunque insidiose soprattutto in seguito al tragico terremoto al confine con la Turchia. Terreno, inoltre, di ingerenza di Iran (ragione di frizione con Israele) e Russia (e ovviamente anche di Ankara). Anche il vicino Libano è oggetto di informazione per i nostri servizi, “data la presenza del Contingente militare italiano a supporto della missione UNIFIL presente nel Sud del Libano”. Positivo aspetto per gli equilibri regionali è stata la sottoscrizione di un accordo tra Libano e Israele sulla ripartizione dei confini marittimi. Delicata, poi, la situazione interna nel vicino Iran, attraversato da importanti proteste a livello internazionale mosse da una parte della popolazione, soprattutto nelle province periferiche del Paese. Ulteriore ambito di attenzione di Roma è stato il dossier nucleare, caratterizzato da uno stallo nelle trattative con gli Stati Uniti per il rilancio del Joint Comprehensive Plan of Action-JCPOA, i cui negoziati già avevano subito un forte rallentamento a causa del progressivo allineamento iraniano alle posizioni della Russia in merito al conflitto in Ucraina. In Iraq, invece, si è confermato significativo, per tutto il 2022, l’impegno dei militari italiani collocati nella Coalizione anti-DAESH e nella Missione NATO, “di cui il nostro Paese ha assunto il Comando a maggio, con compiti di addestramento e formazione delle locali forze di sicurezza”. L’attenzione verso la riorganizzazione regionale del terrorismo ha considerato poi il contesto yemenita, aggravato dalle attività di gruppi terroristici tra cui Al-Qaeda oltre agli affiliati locali di Daesh. Anche in quest’area sono importanti le attività italiane volte ad assicurarne la stabilità considerando che il nostro Paese, nel corso del 2022, ha assunto il Comando della European Maritime Awareness (EMASoH), missione marittima europea finalizzata a garantire la sicurezza delle tratte marittime che passano dallo Stretto di Hormuz e a promuovere la riduzione delle tensioni regionali.
Per concludere, l’area saheliana, il Corno d’Africa e la regione dei Grandi Laghi sono state definite come caratterizzate da “pressione demografica, scadimento di parametri economici, violente conflittualità interetniche, accentuate fragilità istituzionali e dalle tensioni tra governi centrali e aree periferiche”. Inoltre in queste aree il ridimensionamento della presenza militare occidentale ha aperto nuovi spazi alla Russia, fenomeno seguito con particolare attenzione e preoccupazione. Tali dinamiche si sono rivelate “più evidenti in Africa Occidentale, soprattutto nella fascia saheliana, area cerniera tra Libia e Golfo di Guinea e tassello fondamentale per il mantenimento della stabilità di Africa Occidentale e sponda Sud del Mediterraneo”. Il 2022 ha, inoltre, visto la proclamazione di due nuove province dello Stato Islamico nel Sahel e in Mozambico, a conferma dell’importanza ascritta dal gruppo al Continente africano. “Al Qaida e DAESH sono impegnati in processi di riorganizzazione interna atta a rinsaldarne i ranghi, acquisire nuovi finanziamenti e adattarsi alle contingenti realtà di sicurezza dell’area, atteso che entrambi potrebbero tornare a ottenere basi sicure, specie lungo il confine siro-iracheno. In Afghanistan, dopo la proclamazione dell’Emirato Islamico nell’agosto 2021, è continuata, con rinnovato vigore, l’attività dei principali gruppi terroristici, che ha messo in luce il rischio concreto che il Paese possa diventare nuovamente una base sicura per l’Islamic State Khorasan Province-ISKP (branca locale di DAESH) e al Qaida”.
Si nota invece, appena un paragrafo (e un’infografica generale) sui Balcani e la ricaduta della guerra in Ucraina su di essi, probabilmente per la ristrettezza del campo di analisi rispetto alla dimensione delle aree sinora prese in esame e per la delicatezza del dossier del Kosovo, nel quale l’Italia figura nel contingente KFOR della NATO. Ad ogni modo il documento risulta un ottimo strumento per comprendere le dinamiche globali e regionali di interesse per il nostro Paese e per comprendere quali siano le ricadute delle turbolenze tra grandi potenze sul nostro status internazionale e sulla sicurezza interna ai nostri confini, confermando per altro quello che sulle colonne della nostra rivista e su altri think tank nostrani si è ribadito più volte, ovvero la vocazione mediterranea dell’Italia, identità strategica che solamente una crisi di questa portata poteva far risvegliare.