Nel dibattito politico, ma anche nell’attualità più stringente, è emerso già da tempo il tema della sicurezza nazionale, stella polare dell’azione di ogni governo. Soprattutto con riferimento alla riforma dell’architettura dei servizi segreti, la cui regolamentazione risale al 2007 quando venne introdotta una struttura tripartita (DIS, AISI, AISE) con al vertice un centro di coordinamento delle attività di spionaggio svolte da due agenzie, una interna e l’altra esterna, lasciando inalterata l’architettura separata – seppur discussa – tra intelligence civile e militare.
Il tre febbraio scorso il Presidente del Consiglio ha proceduto alla nomina, sentito il CISR, dei due vicedirettori dell’AISE, sostituendo l’ammiraglio tarantino Carlo Massagli, già consigliere militare di Giuseppe Conte a Palazzo Chigi, in età pensionabile, e Luigi Della Volpe, generale della Guardia di Finanza, in scadenza di mandato. I nuovi vicedirettori dell’agenzia di informazioni e sicurezza esterna nella sede unitaria di Piazza Dante a Roma sono Carlo Zontilli, generale dell’Esercito e croce di bronzo al merito per l’impegno in Afghanistan, e Nicola Boeri, già capocentro a Mosca e direttore del reparto analisi. Nomine che gli analisti ritengono espressione della rassicurante continuità necessaria al buon andamento ed efficiente funzionamento dei meccanismi del potere. Soprattutto, per quanto concerne l’articolazione delle attività di spionaggio e controspionaggio, utili alla comprensione della realtà, opportune nella costruzione di verità, necessarie per l’ordinamento del caos che regna sulla scacchiera internazionale.
I servizi segreti sono l’anima della politica, poiché l’essere umano ha non solo il bisogno di conoscere l’altro, che sia amico o nemico (nella logica disvelata del pensiero schmittiano), sapere cosa faccia o abbia intenzione di fare, ma anche di carpire informazioni e dati, studiarne le debolezze, impulsi, indagarne i vizi. Il tutto per un bisogno di sicurezza e di tutela dei propri interessi essenziali, dietro i quali si celano ritmi vitali che non possono essere scalfiti, modificati o alterati, pena l’irrilevanza o, nei casi estremi, l’estinzione. Ed allora, prima della decisione politica, interviene l’esigenza di conoscere l’oggetto, i soggetti, il contesto dentro cui la realtà accade. Soprattutto quando essa (la realtà) accade senza che se ne possa né antivedere né leggere, né modificare il progredire degli eventi – che spesso sono inarrestabili – ancor di più è evidente interpretare, analizzare, elaborare le informazioni.
In modo simile a Machiavelli nel “Principe”, anche Guicciardini, ne “I Ricordi” non può negare la necessità di simulare specie durante l’azione di governo, benché egli ritenga maggiormente lodevole una condotta schietta e leale (che però non è sempre possibile per l’uomo politico). Egli rivolge la sua attenzione non tanto ai sovrani, costretti anch’essi all’arte della simulazione, ma soprattutto ai consiglieri di questi e ai funzionari di Stato, che spesso non possono manifestare liberamente il loro pensiero per ragioni di convenienza.
«È lodato assai negli uomini, ed è grato a ognuno lo essere di natura liberi e reali, e come si dice in Firenze, schietti; è biasimata da altro canto ed è odiosa la simulazione, ma è molto piú utile a sé medesimo; e quella realità giova più presto a altri che a sé. Ma perché non si può negare che la non sia bella, io loderei chi ordinariamente avessi el traino suo del vivere libero e schietto, usando la simulazione solamente in qualche cosa molto importante, le quali accaggiono rare volte. Cosí acquisteresti nome di essere libero e reale, e ti tireresti drieto quella grazia che ha chi è tenuto di tale natura: e nondimeno nelle cose che importassino più, caveresti utilità della simulazione, e tanto maggiore quanto, avendo fama di non essere simulatore, sarebbe piú facilmente creduto alle arti tue.»
Difatti, non sempre per l’uomo politico (specie se impegnato in affari di grande importanza) è conveniente svelare sempre il proprio pensiero, perciò è necessario ricorrere talvolta all’arte della simulazione benché odiosa, per una naturale attenzione al proprio “particulare”. Proprio per la sopravvivenza del Principe-Stato il consigliere deve corrispondere alle esigenze che il reale impone, ben sapendo distinguere l’opportunità di simulare e dissimulare. Così, l’attività di spionaggio offre al politico gli strumenti per analisi e valutazione dei fenomeni reali che intersecano gli interessi dello Stato, utili alla sua sopravvivenza.
Francesco Cossiga in un saggio dichiarò che in uno Stato ci sono degli interessi da tutelare che non sono giuridicamente proteggibili. Questi «sono infatti interessi che necessitano di attività non convenzionali svolte con modalità e con mezzi non ordinari, la cui legittimità si fonda su quegli interessi fondamentali dello Stato la cui difesa o la cui realizzazione attengono alla vita stessa dello Stato». Capire il rapporto tra segreto e potere significa rispondere al famoso brocardo latino Quis custodiet, ipsos custodes? Uno Stato, seppur democratico, deve controllare la diffusione informativa consapevole che «la rivoluzione dell’informazione porta in larga misura alla sovrabbondanza e alla incoerenza dei dati, aumentano le situazioni ambigue e la nostra necessità di discernere tra notizie vere, verosimili, false, esagerate, tendenziose, malvagie, paranoiche».
In questa prospettiva, in virtù di quella salus rei pubblicae invocata già da Cicerone per giustificare l’uccisione di Catilina nel carcere Mamertino, l’esigenza di conservare lo Stato, e la democrazia non sono in antitesi ma necessitano di continui adattamenti alla ricerca di nuovi equilibri. La stessa esigenza di creare una zona esclusiva, una sorta di cono d’ombra su alcuni interessi e sulle connesse azioni poste in essere a loro tutela dallo Stato con il ditterio arcana imperii, quel medesimo bisogno di individuare «taluni argomenti, che – per ragioni più o meno evidenti di opportunità politica – venivano gelosamente ed accuratamente sottratti alla pur legittima curiosità dei più» è riscontrabile anche nelle odierne democrazie.
Nell’attuale società, caratterizzata da una ipertrofia informativa che provoca un «surriscaldamento cognitivo ed indifferenza emotiva», si pensa che «le nuove tecnologie della comunicazione abbiano aumentato la visibilità del processo politico, rendendo più incisivi i condizionamenti dei cittadini sulle élites politiche, in particolare per quelle scelte strategiche che un tempo erano tenute completamente segrete». Leggendo Koselleck «sarebbe follia giocare a carte scoperte quando l’avversario nasconde il proprio gioco».