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Urbano Kairos

Tra la zarina dell’Impero (Marina Berlusconi) e la vedova-madrina di Forza Italia (Marta Fascina) si è aperta una finestra spazio-temporale per l’allievo che non supererà mai il maestro.
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Marina, la zarina dell’Impero di Silvio Berlusconi, è la primogenita di ferro, la prescelta per attitudine, temperamento e vocazione, tanto che al funerale, mano nella mano con Marta Fascina, ha saldato l’alleanza degli affari sentimentali con quelli economici. Affetti e denari, nella situazione – elettorale e debitoria – in cui si trova Forza Italia, sono gli elementi necessari, affinché quel patrimonio politico possa continuare a esistere. I familiari infatti, a conferma di quanto annunciato in conferenza stampa dal vice-premier Antonio Tajani, sosterranno Forza Italia dall’esterno, e faranno in modo che fino alle elezioni europee nulla cambierà anche se nulla sarà più come prima. Una direzione ad interim dunque, per tutelare il centro-destra al governo, mentre Gianni Letta, è stato già incaricato da Arcore, pur non avendo la tessera di partito, a garantire questa road map, e parallelamente a bilanciare i personalismi. Per ora non vedremo cavalcate improvvise. Tutti si guarderanno, anche intorno, tutti studieranno tutti. La stessa Giorgia Meloni, non ha interesse a spostarsi al centro, ora che è tornata la dicotomia destra-sinistra, eccetto che per convenienza nel grande gioco delle alleanze a Bruxelles.

Intanto Marta Fascina, attende l’esito delle carte testamentarie, alla ricerca di un segnale forte lasciato in eredità come il simbolo di Forza Italia ad esempio (di cui è depositario al momento il tesoriere Alfredo Messina). Se dovesse ottenere soltanto la villa ad Arcore, rischia di diventare vedova di Silvio Berlusconi e madrina nobile di Forza Italia, a protezione del mausoleo. Il punto di congiunzione tra gli affari sentimentali, quelli familiari e anche politici. Il suo può diventare un ruolo di rilegatura, con diritto di veto, senza incarichi formali. Anche perché l’eredità politica è una questione spirituale prima ancora che affettiva.

Matteo Renzi, onnipresente durante le commemorazioni, ne sarebbe l’emanazione perfetta, memore del “Patto del Nazareno”, ma per carattere resta un battitore libero, stanco poi di giocare una partita collettiva. La sua chance in fondo, ce l’ha già avuta. Conosce l’apparato, e sa che l’apparato è impossibile da sconfiggere. Una sola filosofia esistenziale guida Matteo Renzi da qualche anno a questa parte: fotti il potere e fatti fottere dal potere. Ora che è slegato da Carlo Calenda, sogna di entrare nella maggioranza di governo, ma ancora una volta, lo farà diventare il sogno di qualcun altro. E lo esaudirà al momento opportuno.

Ecco allora che di fronte a questo scenario di attesa, vince chi si finge disinteressato nella terra di mezzo, ma tesse le fila nel sottosuolo. Vince chi, come Quinto Fabio Massimo, politico e guerriero romano dell’età seconda guerra punica, sarà in grado di conquistare il soprannome di “Cunctador”, il temporeggiatore. E quindi raccogliere i consensi quando tutti saranno andati a sbattere. Da qui, l’ipotesi più inverosimile secondo il politologo Roberto D’Alimonte, sul futuro di Forza Italia, cioè “quella di un leader esterno al partito e esterno alla famiglia e gradito alla famiglia” diventa la più plausibile. Si è già aperta infatti una finestra per Urbano Cairo, suo allievo, allievo di Berlusconi da giovanissimo, come ha ricordato sulle pagine del Corriere della Sera all’indomani della morte. In un Paese popolato in maggioranza da moderati come è l’Italia, la sua personalità poco spiazzante quanto rassicurante diventa segnale di macchinazione dunque di consacrazione. Urbano Cairo non è abbastanza carismatico da fondare un partito, ma abbastanza competente per rilevarlo. Gli indizi sono tre: ha prima chiuso la trasmissione di Massimo Giletti senza alcun preavviso, ha dimostrato grande interesse per Mediaset, e, nell’unica vera tribuna politica rimasta il 12 giugno, si è unito a Enrico Mentana e Paolo Mieli nel tentativo di passare in rassegna tutto ciò che il Berlusconismo è stato. Adesso, da qui alle elezioni europee, non deve fare altro che riprendere quel insegnamento che proprio Silvio Berlusconi, gli diede: “Non è che mi diceva ‘fai così’, era come i maestri cinesi, che ti consentivano di guardare quello che facevano. Mi diceva: vieni dentro quando vuoi e ascolta”. Ecco il segreto di Urbano per conquistare un altro soprannome, greco anziché latino: quello di Kairos. Che nell’Antica Grecia significava “momento giusto o opportuno”.

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