Luce e oscurità, ordine e caos, anima e corpo. Sono gli estremi in cui è contenuto l’animo umano, tra gli schemi della provvidenza e i capricci dell’io, il cuore e la ragione, i due stendardi che contendono, sfidano l’uomo portandolo di fronte ad una domanda cruciale, un destino fatidico, se scegliere la santità o la dannazione, l’incenso di Cristo o lo zolfo del Diavolo. Un dubbio a cui viene portato il lettore dopo la straordinaria lettura del capolavoro dell’anima nera del collaborazionismo, ovvero I due stendardi di Lucien Rebatet (Settecolori). I due stendardi è uno dei capolavori segreti del Novecento, giudicato dal critico George Steiner come uno dei testi che compone la trinità del Novecento francese, insieme alla Recherche di Proust e al Voyage di Celine. Una grande overture wagneriana che riprende gli schemi del miglior ottocento letterario, aggiornandoli, compiendoli alla luce delle deformazioni dell’espressionismo, delle innovazioni del cinema, delle porte della notte lasciate spalancate sui segreti dell’io.
L’opera segue le vicende di un giovane intellettuale dissidente francese, tra anarchia e aristocrazia, imbevuto di wagnerismo decadente, estetismo aristocratico, la religione della terra di Nietzsche e il tramonto occidentale di Spengler. È un aspirante scrittore con una disprezzata educazione cattolica che cerca di scrivere un grande capolavoro in una Parigi vitalista e sprezzante. Nelle sue peregrinazioni l’incontro con l’amico Regis, imbevuto di ascesi e rigore cristiano, e la sua amante platonica, Anne Marie, diventa l’innesto per un grande romanzo di idee, un trattato sulle passioni, un testo di mistica, un saggio di musica e cinema fatto più che di parole e citazioni, di note, immagini e sequenze. Un romanzo mondo in cui questi tre protagonisti si incontrano, si scontrano, dissanguandosi e rinascendo, prosciugandosi e innalzandosi, attraverso un confronto sui grandi temi dell’animo umano che vengono vissuti, incarnati, tragicamente. Tutte le emozioni, le intransigenze, le crisi della giovinezza si manifestano nelle pagine del capolavoro di Rebatet attraverso il triangolo amoroso che vivono Regis e Michel con Anne Marie, in una storia d’amore definitiva tra una donna angelica che vive una relazione spirituale degna di Abelardo ed Eloisa, ed un giovane Anticristo che verrà a tentarla rompendo quell’idillio. Un duello tra questi due assoluti che diventano il palcoscenico per una grande sinfonia letteraria. Attraverso il canto di Rebatet che con la sua eleganza classica, viva ed esplosiva, tra Stendhal e Proust, Racine e Celine, rende ogni pagina un libro a parte, un testo a sé. Un carnevale di emozioni e che regalano al lettore l’incanto di riscoprire le passioni come per la prima volta. La delusione di un amore non ricambiato, i dubbi del diventare sé stessi, la paura di mettere il proprio cuore a nudo, i turbamenti della carne, le delizie di uno sguardo che ti fanno sembrare l’ultimo, l’unico.
Ne I due stendardi c’è tutto questo e molto altro ancora. Un romanzo tra la Montagna incantata e i 400 colpi, Il diavolo in corpo e gli esercizi spirituali di Sant’Ignazio, che ora può essere finalmente letto per la prima volta in Italia grazie ad una splendida traduzione di Marco Settimini, promossa dall’attività della Settecolori di Manuel Grillo e da Stenio Solinas. Solinas, tra i massimi intellettuali contemporanei, autore di testi come Compagni di Solitudine e Atlante ideologico sentimentale, tra i protagonisti della Nuova Destra e di una visione della letteratura imperdonabile e raffinata, ha insieme a Pino Grillo di portare Rebatet in Italia già negli anni Settanta. Un tentativo che oggi è stato coronato e che vede una straordinaria prefazione di Solinas in apertura delle oltre 1400 pagine dell’edizione italiana. Un testo di una canaglia che scrisse il suo ultimo testamento come una lotta contro il tempo e con la sua condanna a morte per collaborazionismo, da cui fu graziato, ma non gli permisero la rivincita contro l’oblio dei pregiudizi dell’epoca. Un oblio da cui fu riscattato in quanto I due stendardi non sono un libro, un sogno, un ricordo come gli altri degli uomini. Ma sono un ricordo che brilla nella notte della letteratura. Sono un ricordo luminoso.
Stenio Solinas, come nasce l’idea di pubblicare in Italia I due stendardi?
Il progetto di pubblicare Les deux etendards nacque negli anni Settanta, quando leggendolo ho capito di essermi trovato di fronte ad un capolavoro segreto del Novecento francese. Con Pino Grillo, l’allora editore di Settecolori, con cui avevo rapporti di amicizia e lavoro molto stretti, ci venne l’idea un po’ folle di presentarlo al pubblico italiano, nonostante sia per le dimensioni, sia per i costi, fosse un’impresa proibitiva. Cercammo un traduttore, il primo fu un giapponesista con una buona conoscenza del francese che però tradusse solo il primo dei due volumi poiché dovette partire per ragioni di studio, lasciando momentaneamente monca la traduzione. Il progetto si arenò per i costi eccessivi e poi per un periodo perdemmo la traduzione (che successivamenteritrovammo) e quando nel 2000 Pino morì l’idea della pubblicazione sfumò. Solo con la rinascita della Settecolori, ad opera del figlio di Pino, Manuel Grillo, il progetto si compì definitivamente, con una traduzione di Marco Settimini, offrendo al lettore quello che sono oggi I due stendardi
Quali sono i due stendardi del titolo e che duellano tra le pagine di Rebatet e chi sono i duellanti che li rappresentano?
Il libro è lo scontro tra una visione nietzschiana ed una concezione cattolica, tra la vita pagana dionisiaca e vitalista e quella rettamente intesa e castamente proseguita della fede. È un romanzo adolescenziale in cui i personaggi incarnano quelle grandi passioni assolute della vita che sono tipiche della giovinezza, fatte di sogni, ambizioni, desideri, di una intransigenza che non ha tempo per i compromessi e per la carriera e che lo rendono un perfetto romanzo di formazione.
George Steiner ha inserito il testo di Rebatet nella trinità del novecento francese insieme al Voyage di Celine e La Recherche di Proust, cosa rende I due stendardi una delle vette della letteratura europea?
Definirlo uno dei capolavori della letteratura francese è fuori discussione e, aldilà di ciò che dice Steiner, io lo valuterei oltre la lente dei paragoni. Ci troviamo di fronte ad un romanzo straordinario dalla tessitura stilistica molto particolare, che si presenta come un “classico” di impostazione ottocentesca, fatto di visioni, rivelazioni e tradimenti, scritto però da un romanziere novecentista nato e cresciuto con gli -ismi del Novecento, che sa che non è più possibile una riproposizione pura e semplice degli schemi del secolo passato. Infatti, il narratore alterna la terza e la prima persona, l’epistolario e il diario, un impianto costruito da un autore che sa come si siano moltiplicati gli stilemi letterari e che ne tiene conto. Ad esso si aggiunge il racconto in presa diretta della Parigi degli anni 20 che permette al lettore di trovarsi di fronte ad un libro sui generis. Bisogna ricordarsi che Rebatet fu inoltre un critico musicale e cinematografico di estremo spessore e nel romanzo alle straordinarie pagine dedicate alla musica e all’arte si alternano sequenze squisitamente cinematografiche, dei racconti in presa diretta degni del miglior cinema, come quello del ritrovamento di questa coppia di giovani ad Istanbul fatta dalla sorella di Anne Marie. C’è poi la gioia narrativa di un autore che rende vivi e appassionanti i suoi personaggi.
Perché descrivi questo come un vascello corsaro e fantasma della letteratura?
Poiché Rebatet nel dopoguerra, quando il libro esce, è un nome proibito in Francia, in quanto era stato un esponente dell’estrema destra culturale francese, fascista, antidemocratico ed antisemita. Che aveva scritto un pamphlet spietato come Les decombres, il best seller del collaborazionismo, che fu un testo contro gli ebrei e la Francia sconfitta di una violenza profondamente maggiore degli anatemi di Celine. Rebatet paga questo suo passato con l’ostracismo, con una condanna a morte commutata in lavori forzati a vita, e l’aver scritto questo libro rinchiuso in carcere in attesa della propria fine senza sapere nemmeno se riuscirà a completarlo prima della sua esecuzione, che poi non arriverà mai. Un testo che poi perdonerà a Rebatet i suoi errori, infatti verrà liberato in occasione dell’uscita del libro. Il libro ha una accoglienza relativa, amato da una certa critica, che però non si è trasformato in un successo editoriale. È quindi un romanzo fantasma che si è imposto nel tempo come un long seller che poi in realtà in pochi hanno letto e molti hanno sentito nominare.
Chi sono i maestri oscuri di questa teologia lionese?
Wagner, poichè Rebatet era un wagneriano convinto come del resto Michele, dall’altro lato sicuramente Proust, per la costruzione di cattedrali letterarie e per la sua concezione del tempo, cìè la grande tradizione dell’Ottocento stendhaliano. Il risultato finale è dovuto all’abilità che ha lo scrittore di possedere la letteratura francese del suo tempo, senza fare una operazione di pedissequa riproposizione di questi schemi. Inserendo in questa cornice classica l’oralità, l’argot, la crudezza espressionista, ad una eleganza raffinata che scavalca l’ombra del proprio tempo.
Anne Marie è un personaggio tra la Natasha di Tolstoj e le donne atmosfere di Drieu La Rochelle, in cosa sta l’originalità di questa figura?
L’originalità sta nella capacità di renderla presente e viva. È intelligente senza essere saccente, è bella senza essere provocante. Una ragazza spiritosa ma anche molto femminile e delicata. La grande abilità di Rebatet nel fare questo personaggio è di suscitare un senso di conoscenza, di identificazione verso questo personaggio. Ognuno di noi ha avuto un grande amore, per cui ha molto sofferto ed ha dovuto lottare nonostante poi questo amore sia finito, forse senza nemmeno un perché, lasciandoci un grande senso di nostalgia. Rebatet ci consegna dei personaggi che evocano dentro di noi delle conoscenze dei raffronti delle emozioni che ci fanno vivere il libro da protagonisti.
Chi è Michel, questo Radiguet wagneriano tra Nietzsche e Spengler?
Michel siamo noi. È un concentrato di tutto quello che è o è stato un ragazzo che vive i cambiamenti della formazione, delle grandi passioni e conquiste tra i 16 ed i 26 anni, in cui non si è sottoposti al ludibrio della professione. È un sognatore che vuole una storia sentimentale come nessuno lo ha avuta. Sogna di diventare un grande scrittore, un grande esperto musicale. Siamo noi prima che la realtà ci svegli dalla capacità di sognare in grande la vita e le sue possibilità. Malraux diceva che non c’è grandezza senza una parte di infanzia, e la giovinezza è quella integrità di sogni e valori che ti permettono di mantenere un gusto per le cose che bisogna conservare per mantenere una vitalità col crescere degli anni. E Michel è tutto quello che invece dovrebbe essere un giovane: avventuroso, romantico, idealista, sognatore.
Quale è il fascino di Regis?
È quello di essere l’altra faccia dei due stendardi. Quella della santità e della castità, che vive il sacerdozio come fosse una armatura, che, come Michel, è un grande sognatore, ma di sogni di redenzione. Che vuole riformare la Chiesa e salvare l’umanità, vivendo con intensità inaudita la propria tensione religiosa, con la stessa intransigenza e ferocia con cui Michel vive la sua vitalità. Due concezioni molto simili che però hanno come discrimine da una parte il cattolicesimo dall’altra la paganità e l’irrazionale.
Che cosa troviamo soltanto in Rebatet?
Troviamo la giovinezza, la nostalgia per quei grandi sogni e quelle grandi illusioni che raccontano come siamo stati e come ci piacerebbe essere stati. Ci ricorda la frustrazione dell’impotenza, l’ebrezza delle passioni, la sconfinatezza dei propri desideri di diventare scrittore. Siamo noi con le nostre piccole miserie e vanità, le gelosie e le mascalzonate che accompagnano i sogni della vita a trent’anni.
Ha delle nuove pubblicazioni in programma?
Viene ripubblicato, con delle nuove integrazioni, Vagamondo per Settecolori, uscirà per Gog un testo di argomento marino Acquatica, che comprenderà alcuni miei scritti precedenti, poi ci sarà una ristampa dei Compagni di solitudine della Bietti, che vengono ripresentati con nuove integrazioni ed aggiunte.