Italia Viva. Un nome, un’attitudine. Con la vitalità di chi non ha nulla da perdere. Era nell’aria ormai da qualche settimana ciò che sta accadendo in queste ore. Bastava aggirarsi nelle vie del centro storico di una Roma desertificata. Nel silenzio totale ogni cospirazione fa rumore e non passa inosservata. Il movimento intorno alle centrali di potere aumentava col trascorrere dei giorni fino al punto di rottura. I grandi registi della politica – Giancarlo Giorgetti, Gianni Letta, Goffredo Bettini e non solo – erano in allerta e in azione. E poi bastava attivare le antenne della “media intelligence”: la grande ricomposizione nei giornali italiani e di conseguenza il riallineamento delle direttrici editoriali – dai nuovi direttori responsabili al mercato degli editorialisti – è un segnale inequivocabile. Cambiare pelle per non rimanere fuori dal Grande Gioco.
Tutti sapevano che Matteo Renzi questa volta sarebbe andato fino in fondo e così è stato. Scrive bene Giuliano Da Empoli: “A trent’anni dalla caduta del Muro di Berlino, l’Italia resta il sismografo più sensibile alle variazioni degli equilibri internazionali”. Perché spesso le variazioni degli equilibri internazionali possono trasformarsi in sponde imprescindibili per conquistare il potere a casa nostra. Il leader di Italia Viva, abile giocatore, non ha fatto altro che sfruttare le congetture del periodo storico – spaccatura dell’anglosfera e tramonto di Angela Merkel – ma soprattutto rispolverare il suo canale privilegiato con i democratici americani, costruito nell’era Obama. L’accanimento sulla delega ai servizi segreti trattenuta da Giuseppe Conte era un messaggio in codice indirizzato all’amministrazione Biden, il nome di Mario Draghi un’operazione di “psyop”, di guerra psicologica, in vista della nomina del prossimo presidente della Repubblica, e ora la crisi di governo scatenata da Matteo Renzi è il segnale di attivazione di una cellula (dormiente) sulla quale gli americani possono puntare alle prossime elezioni (ora che Matteo Salvini si è bruciato ogni chance con la fine dell’epoca Trump, anche se la politica resta il regno dell’impossibile).
Il Governo Conte II nasce per impedire le elezioni anticipate e la vittoria del leader della Lega. Il Covid, è riuscito a distanziare i populisti dal popolo, e ad accelerare quel processo di sovranità europea (ruolo della Bce, parità di bilancio, Recovery Fund, lotta al Big Tech atlantico) che molti anti-europeisti ante litteram chiedevano da tempo. Matteo Renzi, con pochissimi punti percentuali nei consensi, può solo giocare la partita nei Palazzi, e lo fa da Davide contro Golia. Non è il più impopolare che attacca il più popolare come scrivono in molti analisti, bensì il più debole che attacca frontalmente il più forte. A breve termine è una sconfitta totale, ma il leader di Italia Viva, si proietta nel medio periodo, e alla lunga, può tornare sulla scena da protagonista. Da solo o col suo partito. La stessa strategia che ha adottato Luigi Di Maio, rifugiandosi alla Farnesina. Dentro aveva tutto da perdere, all’opposizione può solo crescere (e nel frattempo riorganizzare il partito). Poi, nell’attimo opportuno, giocare di sponda Oltreoceano, e col Quirinale. A Giuseppe Conte, per sopravvivere, non sarà sufficiente creare un brand “Insieme” per riconfermarsi leader, ma circondarsi di persone con una visione del mondo, fotografi della “Big Picture”, insomma, perché il soldato Travaglio è solo un indiano con frecce a cortissima gittata.