Siamo a marzo, a Sebastopoli è nevicato, ma a Yalta la temperatura è abbastanza mite. Nell’archivio cinematografico del campo giovanile Artek, Vladimir Podznoev e Nikolay Gerikhov, soprannominati “i Fratelli Lumiere”, sono come sempre all’opera nel loro laboratorio. Vladimir – 80 anni, ballerino provetto di tango argentino – conosce bene ogni fotogramma dell’archivio cinematografico del campo, perché dal 1965 è stato l’operatore e il montatore dei filmati. Ha insegnato i primi rudimenti dell’arte del cinema a migliaia di ragazzi provenienti da tutto il mondo, ha ripreso e intervistato Gagarin, Nehru, Berlinguer, Krushev, Reza Palhevi, Samantha Smith, Gorbachev e molti altri in occasione delle loro visite al campo.
L’edificio che occupa la sezione cinema, è l’unica struttura di Artek nella quale il tempo sembra essersi fermato all’epoca sovietica. Vladimir mi precede nel suo archivio, fa scorrere l’indice sulle pizze classificate con la sua grafia minuziosa, ne sceglie una, quindi si reca in sala proiezione. Pochi abili gesti e parte il filmato. La voce narrante parla italiano. In video si vedono alcuni bambini, camicia bianca e fazzoletto rosso al collo, intenti a mettere in mare un’imbarcazione. Si tratta di un filmato che documenta la visita al campo di una delegazione di ragazzi italiani nei primi anni ’70. Quando le immagini dagli inequivocabili toni vintage si arrestano, il maestro inizia a raccontarmi la storia del campo.
È il 16 giugno 1925 quando a Gurzuf, nella penisola di Crimea, ai piedi del monte Ayu-Dag, viene inaugurato il campo Artek, un centro ricreativo destinato ai giovani pionieri dell’Unione Sovietica. I pionieri, ovvero i ragazzi di età compresa tra i 6 e i 18 anni facenti parte di organizzazioni giovanili legate ai partiti comunisti, svolgevano durante l’anno diverse attività educative con il fine di condividere e diffondere gli ideali comunisti. L’organizzazione si ispirava nelle forme e nei motti allo scautismo di matrice cattolica. L’idea di un’organizzazione comunista per il lavoro con i bambini fu proposta da Nadežda Krupskaja che, il 20 novembre 1921, pubblicò un rapporto “Sul boyscoutismo” in cui invitò il Komsomol ad adottare metodi degli scout per creare un’organizzazione scoutistica nella forma e comunista nei contenuti.
Al termine dell’anno scolastico tutti i bambini aspettavano con trepidazione l’inizio della loro avventura estiva in uno dei campi dei Pionieri. A finanziare i poutevki, cioè i biglietti di viaggio che i lavoratori ricevevano per i propri figli, ci pensavano i sindacati. I campi estivi sorgevano in luoghi pittoreschi, al mare o in montagna, vicino a un lago o a un bosco: all’inizio assomigliavano molto a spartani accampamenti scout, ma a partire dal 1925 cominciarono a trasformarsi in piccole colonie estive con baracche di legno, guide ed educatori professionali. La prima edizione di Artek vide coinvolti 320 tra bambini e adolescenti e l’attività fu limitata al solo periodo estivo; ma già dall’anno successivo, visto il grande successo dell’iniziativa, si decise di mantenere attivo il campo per tutto l’anno. Dal 1926, gli ospiti non furono solo sovietici ma anche giovani di tutto il mondo: negli anni comparvero delegazioni di ragazzi da Germania, Olanda, Francia, Danimarca, Spagna, Italia e Stati Uniti, dal secondo dopoguerra vi furono numerose delegazioni di adolescenti provenienti dai paesi non allineati. Nel giro di pochi anni Artek divenne il fiore all’occhiello delle politiche giovanili dell’Unione Sovietica; essere selezionati per passare le vacanze là era un privilegio riservato ai più meritevoli.
Era il 1941 quando un nuovo gruppo di bambini appena arrivato ad Artek per trascorrere le vacanze, ricevette la notizia dell’invasione della Crimea da parte delle truppe naziste. Mentre una parte del gruppo riuscì a far ritorno a casa, quelli provenienti da zone anch’esse occupate furono evacuati ad Altai dove passarono insieme tre lunghi anni seguendo, lontano dalle famiglie e dalle città occupate, lo scorrere degli eventi bellici fino alla fine della guerra. Ancora oggi alcuni testimoni, tra cui Natalia Petrova che attualmente vive a Mosca, raccontano quella incredibile epopea agli ospiti del Campo. Anatoliy Annenkov, l’attuale architetto paesaggista di Artek, visitò il campo nel 1946, all’età di 11 anni, quando ancora vi lavoravano i prigionieri tedeschi. Per arrivare al campo impiegò tre settimane di viaggio in treno. Partì con la neve alta due metri e arrivò che c’era il sole e faceva caldo; a suo dire “sembrò di essere finiti su un altro pianeta”. In pochi giorni ingrassò 10 chili. Ancora oggi ricorda di quando giocava con gli altri ragazzi ai partigiani e mettevano i sassi nella minestra dei nazisti che erano ai lavori forzati nel campo.
Nel 1958 Artek venne ufficialmente riconosciuto “campo internazionale della gioventù” e diverse personalità illustri vi si recarono in visita. Erano gli anni della guerra fredda e figure politiche del calibro di Jawaharlal Nerhu, Fidel Castro, Hailé Selassié, scrittori come André Gide, Gianni Rodari, furono ospitati con regolarità. Jurij Gagarin, dal 1961 al 1967, si recò in visita ad Artek partecipando a diverse attività e nel 1968, dopo la sua morte, venne inaugurata in suo nome un’esposizione con pezzi originali dell’equipaggiamento della prima divisione spaziale.
La collezione comprende anche una curiosa tutina da cane-cosmonauta appartenuta a Cernuska, la cagnolina che il 19 Marzo 1961 orbitò per un’ora e quaranta minuti attorno alla terra all’interno della navetta Korabl Sputnik 4. È curioso come in Occidente siano giunte notizie solo della triste sorte di Laika, il primo esemplare ad essere lanciato nello spazio, mentre poco o nulla si sa dei suoi successori. Tre anni dopo Laika ad esempio fu la volta Bielka e Strielka, due randagi di Mosca, che girarono intorno alla terra per 17 volte prima di fare ritorno sulla terra. In seguito uno dei suoi cuccioli di Strielka, Pushinka, fu regalato da Nikita Krushov alla figlia di John Kennedy, Caroline, e si accoppiò con il suo cane Charlie, dando inizio ad una stirpe di “cani spaziali” tuttora esistente.
Il 13 agosto 1964, durante un festival della gioventù che si teneva proprio in Artek, Palmiro Togliatti pronunciò il suo ultimo discorso poco prima di essere colto da un ictus fatale. Nel 1983 a fare visita al campo fu l’undicenne Samantha Smith che, dopo aver scritto al segretario generale del Pcus, Yurj Androprov, una preoccupata lettera riguardo un’imminente guerra tra USA e URSS, ebbe un’inaspettata risposta dal leader sovietico che la rassicurava e la invitava a visitare personalmente la Russia prendendo parte alle attività del campo. L’immagine di questa bambina americana in uniforme di Artek divenne presto simbolo di un possibile futuro di pace e la sua fama di giovane ambasciatrice crebbe velocemente in tutto il mondo fino al 1985, anno in cui morì tragicamente in un incidente aereo.
Camminando oggi per le strade di Artek troviamo, accanto alla casa dove soggiornò, un grande viale dedicato a lei. Con il crollo dell’Unione Sovietica Artek subì una fase di declino e, passato sotto la gestione del governo Ucraino, uscì dallo scenario internazionale perdendo prestigio politico e finanziamenti. Con l’adesione della Repubblica di Crimea alla Federazione Russa, Artek è tornato al centro degli interessi governativi: si è aperta una nuova stagione e il campo ha recuperato il suo ruolo storico nell’ambito dell’educazione e della ricreazione dei ragazzi.
Il laboratorio dei Fratelli Lumiere, come dicevo, è l’unico edificio del campo nel quale è possibile respirare l’atmosfera del passato. Per quanto riguarda il resto, Artek oggi si presenta ai visitatori in una veste completamente rinnovata e somiglia più ad un hotel a cinque stelle che ad un campeggio estivo. Dal 2014 al 2017 il governo russo ha investito 10 miliardi di rubli ($ 171 milioni) per rilanciare il leggendario campo. Dei dieci blocchi che comprendevano il complesso originale, nove sono stati completamente rinnovati e sono attualmente operativi.
La sua estensione supera quella del principato di Monaco (218 ettari in totale, con 102 ettari di parchi) e comprende due piscine, sei sale da pranzo, quindici campi sportivi, tre campi da tennis oltre a una parete da arrampicata e un parco avventura. C’è anche una scuola aperta tutto l’anno che consente ai bambini di venire in visita durante l’anno scolastico senza perdere le lezioni. Nel 2014, Artek ha accolto 5.854 bambini, nel 2015 erano 18.858 e nel 2016 ha raggiunto 31.200 bambini provenienti da diverse regioni della Russia, oltre a 1.100 bambini provenienti da 45 paesi stranieri. Dopo il completamento della ristrutturazione, Artek sarà in grado di ricevere 45000 bambini ogni anno. Il governo centrale ha recentemente conferito al campo lo status speciale di piattaforma per l’innovazione educativa per testare e implementare nuove forme di insegnamento.
Oggi, il soggiorno di 21 giorni ad Artek è una ricompensa destinata ai bambini più meritevoli, proprio come in epoca sovietica. I bambini di età compresa tra gli 8 e i 17 anni provenienti da qualsiasi parte della Russia possono presentare domanda attraverso un sistema online. I candidati vengono scelti in base ai risultati scolastici; il 95% dei i posti vengono assegnati gratuitamente, mentre il restante 5% dei posti può essere acquistato. Se il 90° anniversario del campo è stato caratterizzato dalle tensioni diplomatiche tra la Federazione Russa e l’Ucraina, il 95° sarà all’insegna del coronavirus. Ma un’istituzione che ha attraversato indenne una guerra mondiale, l’intero arco della Guerra Fredda e il crollo di un’Impero, saprà sicuramente come regolarsi anche di fronte ad una pandemia.