Il lettore di “Cuore di cane” (1925) e “Le uova fatali” (1925) non può non accorgersi del lungimirante spirito critico con il quale Michail Afanas’evič Bulgakov, durante i tragici e complicatissimi avvenimenti degli anni Venti del secolo scorso, esegue un’anamnesi completa ed esatta di una società ancora in via di formazione. Molto prima de “L’Homo Sovieticus” (1981) di Alexander Alexandrovich Zinoviev, Bulgakov è stato in grado di individuare tutte quelle contraddizioni che hanno accompagnato e profondamente caratterizzato la storia dell’Urss a tutti i suoi livelli. Leggere oggi questi due romanzi brevi, non significa solo conoscere una realtà passata, infatti “Cuore di cane” e “Le uova fatali” costituiscono per il lettore un “vademecum” per una comprensione profonda anche dell’attuale realtà russa. È proprio durante gli anni Venti che, in Russia, si crea per la prima volta, o sarebbe meglio dire viene creata, un’unica cultura di massa omogenea. Sarebbe un errore molto grave, e ciò in Bulgakov è chiarissimo, ridurre questa cultura di massa all’ideologia socialista dell’Urss. Con “cultura di massa” non si devono pertanto intendere solamente gli ormai vecchi valori sovietici, ma piuttosto una mentalità, un approccio generale al mondo e alla realtà che ancora oggi, spogliati della loro coltre socialista, caratterizzano l’uomo russo. Se il tema principale di questi due romanzi (al di là di temi altrettanto importanti come il rapporto fra scienza, natura e morale) è l’analisi critica del nascente “Homo Sovieticus”, non vengono risparmiati nemmeno i rappresentanti di quel mondo spazzato via dalla rivoluzione. Leggere Bulgakov significa quindi conoscere “l’Uomo russo” in toto.
Ne “Le uova fatali” il personaggio che più di tutti incarna il nuovo uomo sovietico si chiama Rokk, nome graficamente simile e foneticamente identico alla parola russa “rok”, destino. La storia di questo personaggio ci permette di capire in che cosa consista la critica bulgakoviana all’”Homo Sovieticus”. Aleksandr Semenovic Rokk è un suonatore di flauto che dal 1917 al 1927, dopo aver brevemente partecipato alla Prima guerra mondiale, è stato destinato a svolgere diversi compiti in nessun modo attinenti alle sue competenze prima a Mosca e in Crimea, per poi finire in Turkmenistan “come redattore di un giornale e membro locale della Commissione Economica Centrale”. Dopo essere tornato a Mosca nel 1928, viene a conoscenza della scoperta del Professor Persikov. Quest’ultimo infatti, a sua insaputa, è riuscito ad isolare un “raggio rosso” che velocizza enormemente tutti quei processi biologici legati alla crescita di qualsiasi organismo vivente. Questo “raggio della vita” però non si limita a velocizzare i processi biologici, esso infatti altera profondamente ogni organismo a cui è applicato: delle piccole ranocchie di laboratorio possono ingrandirsi fino a raggiungere le dimensioni di un cane e assumere “un’espressione molto crudele”. Di questo raggio lo stesso Persikov non sa ancora nulla. Nonostante sia assolutamente privo di qualsiasi competenza tecnico-scientifica, Rokk, fulminato da un’idea semplice e apparentemente geniale, decide di applicare questo raggio a delle uova di gallina nel villaggio di Steklovsk in cui era in corso una terribile moria di pollame. Gli strumenti del professor Persikov vengono pertanto confiscati e inviati Steklovsk, mentre l’applicazione del “raggio della vita” ai polli viene condotta da Rokk, una cuoca, un guardiano e sua moglie; gli effetti di tutto ciò sono naturalmente tragici.
Anche in “Cuore di cane” il tema di una sensazionale scoperta scientifica dalle conseguenze inimmaginabili per l’intera umanità costituisce il punto di partenza per una critica della società sovietica. Sia in “Cuore di cane” sia ne “Le uova fatali”, l’inaspettata scoperta scientifica viene gestita dal potere in maniera caotica e disordinata: ogni nuova scoperta si trasforma subito in un affare segreto di stato in cui partecipano spie, giornalisti e infiltrati. Tutto ciò, naturalmente, a danno della scienza e del reale progresso che da questa rivelazione sarebbe potuto scaturire. Il potere centrale, ignorando completamente la vera natura della scoperta in questione e focalizzandosi esclusivamente su quei risultati pratici e immediati che si ritiene possibile conseguire a beneficio del popolo e della collettività, ora cerca di nascondere la scoperta e lo scienziato che l’ha effettuata, ora la esaltano ed ergono a salvatore del popolo quello scienziato che, alla fine, proprio a causa dell’azione del potere centrale, ci rimetterà principalmente in due modi: nel migliore dei casi, come in “Cuore di Cane”, sarà costretto dagli avvenimenti a rinunciare a quella stessa rivelazione da cui tutto ebbe inizio cancellandone ogni traccia (Poligraf Poligrafovič Pallinov ritorna ad essere il cagnolino Pallino), nel peggiore dei casi perirà per mano di una folla inferocita che lo reputa colpevole delle conseguenze perniciose dovute in realtà ad una gestione inadeguata da parte del potere centrale. Se di primo acchito gestire direttamente una nuova scoperta scientifica al fine di migliorare le sorti del popolo sembra essere un fine nobile, la cecità che ne deriva è spietata. La principale preoccupazione del compagno Švonder diventa infatti quella di certificare parossisticamente a livello burocratico prima la presenza e poi la trasformazione di Šarikov (Pallino) in Poligraf Poligrafovič Pallinov, con il fine di inserirlo nel tessuto sociale senza tenere minimamente conto che, essendo il risultato di un esperimento scientifico strabiliante, meriterebbe di essere studiato a lungo, non potendo così iniziare a lavorare per contribuire al benessere della collettività.
Egli si spingerà fino ad affermare che “la burocratizzazione è l’essenza del mondo”. Chiunque oggi abbia a che fare con la Russia può comprendere la lungimiranza di queste parole. Prima vengono i documenti e la burocrazia, poi la realtà: non è quindi la prima a adeguarsi alla seconda, ma viceversa. In altri termini è completamente assente un approccio sociologico al diritto e alla burocrazia: se le leggi vengono prima del mondo, è perfettamente comprensibile perché in questo primo momento astratto non possono non essere semplici. Le difficoltà emergono quando il diritto incomincia a scontrarsi con la magmatica realtà del quotidiano: la semplicità originaria del diritto deve complicarsi correggendosi più e più volte attraverso l’introduzione palliativa di una serie illimitata di documenti che, tenendo conto di condizioni e fatti precedentemente ignorati, confermano o negano la validità di documenti già emessi. Da ciò scaturiscono quella complessità e farraginosità che hanno sempre caratterizzato la macchina amministrativo-burocratica sovietica. Per quanto riguarda l’approccio generale al diritto e non quindi le singole leggi, oggi non è cambiato nulla.
Proprio per questo la critica di Bulgakov è geniale: dopo la rivoluzione, “burocratizzazione” era sinonimo di diritti, uguaglianza sociale e civile, libertà dai soprusi, tutela di ogni individuo da parte dello stato, collettivizzazione equa. Bulgakov decide di non scontrarsi frontalmente con tutti questi valori, ma genialmente ne mostra l’irrazionalità a livello pratico. Non a caso, un altro punto fondamentale è la disorganizzazione. Ne “Le uova fatali”, nel momento in cui Rokk si accorge che i gusci sottoposti all’azione del “raggio della vita” si sono già di dischiusi e che i pulcini si erano già dileguati, dopo aver chiesto spiegazioni al custode addetto alla sorveglianza delle uova, riceve questa risposta: “Non lo so, non è affar mio. Il mio compito è sorvegliare gli apparecchi (cioè gli strumenti di Persikov) perché nessuno li porti via, e io l’ho fatto. Eccoli qui, gli apparecchi. Ma la legge (scritta naturalmente) non mi obbliga a riprendere i suoi pulcini. Chissà che razza di pulcini saranno usciti, magari neanche in bicicletta li si acchiappa”. I personaggi appena citati pensavo di avere a che fare con uova di gallina, ma in realtà, a causa di un errore da parte del governo centrale di Mosca, erano state inviate a Steklovsk le uova di serpenti (precisamente di anaconda acquatico) che erano state ordinate dall’estero da Persikov.
Disorganizzazione, incompetenza e noncuranza delle conseguenze sono i principi che permettono di comprendere nella sua totalità l’agire (non solo politico) dell’”Homo Sovieticus”: a differenza di quanto si potrebbe pensare di primo acchito, il comportamento dell’”Homo Sovieticus” non è inizialmente mosso né dalla crudeltà né dalla sete di potere, bensì da una razionalità claudicante e da una cieca ignoranza inebriata di valori nobili come l’uguaglianza sociale e la fratellanza dai quali, per eterogenesi dei fini, possono scaturire feroci repressioni e autoritarismo. Un esempio chiaro di questa eterogenesi dei fini si trova nei capitoli conclusivi de “Le uova fatali”. Quando il governo centrale, temendo l’invasione di Mosca, dichiara guerra a tutte le creature mostruose generatesi dall’esperimento di Rokk, vengono utilizzate armi chimiche a gas su tutto il territorio del distretto di Steklovsk senza alcune previa evacuazione della popolazione civile. Oggi l’”Uomo russo” si trova ancora in balia di questa razionalità claudicante. Nonostante ne riconosca tutte le imperfezioni, per il momento non cerca né di migliorarla, né di cambiarla. Il rapporto di questa “Weltanschauung” con la politica, dopo la caduta dell’Urss, è diventato molto più complesso: il potere ora agisce anche (ma non solo) secondo nuovi criteri dettati dall’economia di mercato. È inoltre cessata la violenza politica di regime nei confronti dei civili.
Se da un certo punto di vista il famosissimo giudizio di Stalin secondo cui ne “I giorni dei Turbiny (adattamento teatrale de “La guardia bianca”) sono la dimostrazione dell’onnipotente forza del bolscevismo” è vera, ciò non toglie a Bulgakov il merito di aver saputo cogliere non solo la potenza e la necessità storica della rivoluzione, ma anche, ante litteram, tutte quelle contraddizioni del bolscevismo che hanno profondamente segnato la storia e la coscienza russa.
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