OGGETTO: Il 2049 si avvicina
DATA: 26 Aprile 2025
SEZIONE: Geopolitica
FORMATO: Scenari
AREA: Asia
Il presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, visita il sud-est asiatico, mentre Trump si ammorbidisce nei confronti di Taiwan, già appesantita dalle recenti e preoccupanti esercitazioni militari di Pechino. Il viaggio della delegazione cinese guidata dal presidente ha avuto come itinerario paesi come il Vietnam, la Malesia e la Cambogia, cui è stato ricordato che in caso di accordi commerciali con Washington ci saranno ritorsioni. L’ondata di dazi lanciati dalla Casa Bianca e la politica estera isolazionista di Trump favoriscono l’intento di costruire un nuovo asset geopolitico e commerciale in Asia, a conduzione ovviamente pechinese.
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Il 18 aprile, atterra a Taipei la delegazione inviata dal presidente USA. Trump ha in precedenza imposto dazi alle importazioni provenienti dall’isola pari al 32%, escludendo però i semiconduttori, che rappresentano la punta di diamante dell’export taiwanese. La squadra inviata dalla Casa Bianca era formata da due senatori repubblicani, Pete Ricketts e Ted Buss; e da un senatore democratico, Chris Coons. Si tratta della prima vera visita ufficiale dell’amministrazione Trump a Taipei post-insediamento; i senatori sono stati ricevuti dal presidente Lai Ching-Te. I punti salienti dell’incontro sono stati il rafforzamento delle relazioni bipartisan sulla sicurezza dell’isola, a seguito delle crescenti e minacciose esercitazioni militari cinesi, e la ricerca una maggiore intesa commerciale, aggravata dalle uscite del Presidente Trump, in una delle quali considerava l’industria dei microchip “made in Taiwan” una minaccia al settore high-tech statunitense, che è in caduta libera. 

A preoccupare Taipei, non basta l’aggressiva politica commerciale trumpiana; in questo articolato e stordente contesto, si inserisce anche la Cina, che intensifica quotidianamente la sua strategia del terrore; continuando ad intensificare l’attività interforze con importanti esercitazioni di sbarco, usando le navi ponte conosciute come classe Shuiqiao, progettate per operazioni speciali e per facilitare sbarchi anfibi. Quella di Pechino appare come una chiara mossa psicologica, ma che è altresì allarmante. In sua risposta da anni ormai, la tattica adottata da Taiwan è quella del “porcospino”, difficile da prendere, ancora più pericoloso da maneggiare. È una strategia, che ha come punto di forza la difesa asimmetrica con armi mobili, missili antinave e droni di ricognizione-attacco; guerra urbana e potenziamento delle difese civili. 

Pechino ha le carte in mano per giocare una partita da protagonista, proponendosi come unica reale alternativa agli USA per i mercati del Sud-est asiatico. Xi Jinping ha sollecitato ai paesi dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (ASEAN), di firmare il protocollo di aggiornamento dell’area di libero scambio Cina-ASEAN. Una mossa quasi machiavellica, che ha lo scopo di creare una sfera di influenza cinese su tutta la costa orientale. Un’altra azione intrapresa dalla Cina è quella di isolare gli alleati regionali di Washington in Asia, come Giappone, Corea del Sud e Taiwan. Nonostante la sospensione dei dazi per 90 giorni, e la conseguente corsa dei paesi indocinesi a trattare con Trump, le intese con la Repubblica Popolare si intensificano, grazie ad una arguta politica di soft power, ormai abbandonata invece dall’amministrazione Trump. Gli USA hanno imposto ad esempio al Vietnam dazi al 46%, Pechino sfruttando probabilmente l’ostilità, o la cecità a stelle e strisce; si accorda per investimenti, costruzione di infrastrutture e ferrovie e un’ovvia intesa commerciale, ma anche politica, tra i rispettivi partiti comunisti. 

In Malesia, il leader cinese, stringe accordi, riguardanti la fiorente industria di intelligenza artificiale ed economia digitale promossa da Kuala Lumpur. In Cambogia, invece, ultima tappa del viaggio cinese, Pechino ricostruisce la ex base militare USA di Ream, la quale in un futuro non troppo lontano, potrebbe divenire un avamposto dell’esercito popolare, con ampio controllo difensivo sui mari cinesi. Le risposte di Washington sono diplomatiche ed economiche; come risposta all’avvicinamento delle aziende del Sud-est asiatico alla Cina, gli Stati Uniti preparano un pacchetto ad hoc, come annunciato dal Dipartimento del Commercio. Si tratta di dazi doganali fino al 3.521% sui pannelli solari importati da Vietnam, Cambogia, Malesia e Thailandia. Mentre oggi, Trump invia un suo delegato, Sean O’Neill, che durante il 37° dialogo USA-ASEAN a Siem Reap, in Cambogia, difende il programma “America First”. In particolare, O’Neill afferma che Trump sta proseguendo una politica estera, al fine di rendere l’America più forte e sicura; aggiungendo però che esistono aree in cui gli interessi si allineano ai paesi ASEAN. 

Roma, Aprile 2025. XXVI Martedì di Dissipatio

Lunedì 21 aprile, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi e quello della Difesa Dong Jun si incontrano con i loro omonimi indonesiani, in un dialogo ministeriale congiunto. Durante l’incontro le rispettive parti si sono accordate per un’intesa riguardante la sicurezza marittima nel Mar Cinese Meridionale, nonostante le preoccupazioni di Giacarta riguardo le pretese di Pechino sull’arcipelago di Natuna, un insieme di 272 isole, in un’ottima posizione strategica tra la penisola di Malacca ad ovest e il Borneo ad est; che la Repubblica Popolare rivendica nella sua interezza. Le parti non si sono limitate alla sicurezza, ma si sono accordate anche per quanto concerne le infrastrutture e lo sviluppo minerario. Il ministro degli Esteri cinese – ha dichiarato – che sia la Cina che l’Indonesia devono opporsi a ogni forma di protezionismo commerciale, e accelerare lo sviluppo economico bipartisan per la stabilità industriale. 

Il quadro non è ancora completo, ma appare sempre più chiaro agli occhi degli analisti che si stanno spostando gli equilibri di potere nella regione. Gli Stati Uniti non sono sempre stati vincolati dalla presenza della Cina nel Sud-est asiatico, è stata la radicale riforma del socialismo di mercato pechinese a partire dal 1978, con Deng Xiaoping, a far risaltare sempre di più il gigante rosso, soprattutto nel settore economico e manifatturiero. Siamo stati abituati a vedere almeno fino al 2022 una Cina pronta a fare affari con tutti; mentre adesso sembra che il Dragone stia stringendo la coda attorno ad un perimetro ben delineato. E adesso anche nel commercio si inseriscono nuovi raggruppamenti economici come il BRICS; di cui la Cina insieme alla Russia sono gli attori protagonisti. A far impallidire gli Stati Uniti, non sono soltanto le esplicite politiche di de-dollarizzazione promosse da tale gruppo, ma anche il progressivo rafforzamento di un nuovo e sempre più attivo attore geopolitico.

È la prassi di ogni impero, al suo declino, quello di attuare misure drastiche, che è quello che Washington sta dimostrando di fare, e le assonanze con la storia e la sua ciclicità sono molteplici. Inoltre, la Cina possiede – secondo i dati del Dipartimento del Tesoro USA – circa 784,3 miliardi di dollari in titoli del Tesoro statunitense. In Cina non sono pochi quelli che fanno pressioni affinché il debito venga usato come arma geopolitica verso Washington, e non stupirebbe di certo se ciò accadesse a fronte della posizione isolazionista degli Stati Uniti. Pechino tende la mano anche verso gli alleati storici della Casa Bianca, esortando la Gran Bretagna e l’Unione Europea a rafforzare la collaborazione per contrastare i dazi di Trump, in quest’ottica il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha fatto un giro di telefonate, con l’omonimo austriaco e con quello britannico. 

Si è creato un clima al limite della tensione, dove la Cina continua ad agire però con il solito sangue freddo, concludendo accordi commerciali ed economici, e creando un nuovo asset geopolitico in Asia. L’occidente invece rimane seduto a guardare, e forse presto la via della seta sarà di nuovo la destinazione del commercio europeo; per adesso la partita è aperta, ma è chiaro che siamo di fronte ad un cambiamento storico delle relazioni internazionali. 

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