OGGETTO: L'alternativa emiratina
DATA: 16 Giugno 2023
SEZIONE: Finanza
FORMATO: Analisi
Dopo la fine della neutralità svizzera, Dubai si sta proponendo come nuovo hub finanziario globale, facendo da sponda strategica a Londra.
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La storia degli Emirati Arabi Uniti rappresenta un unicum nello scenario del vicino Medio Oriente per via dell’incredibile cambiamento sviluppatosi in un così breve arco temporale. Da un’economia basata prevalentemente sulla pesca, la ricerca di perle, il piccolo commercio e la pirateria favorita dagli sceicchi locali, oggi gli EAU, che nel 2021 hanno tagliato il traguardo dei cinquant’anni dalla loro fondazione, vantano con Dubai un epicentro finanziario su scala globale. L’ultimo decennio, in particolare, che è stato caratterizzato dal processo di diversificazione economica finalizzato a sganciare la federazione dalla dipendenza degli idrocarburi, ha fatto di Dubai un nevralgico centro d’affari per tutto il Medio Oriente, nonché un hub regionale per le aziende che desiderano proiettarsi sia sui mercati locali, sia su quelli dell’Africa orientale e dell’Asia meridionale.

Tale importanza sta registrando un ragguardevole rinvigorimento a seguito degli effetti prodotti dalla guerra in Ucraina per le opportunità offerte in ambito strettamente finanziario. Parrebbe, infatti, che l’allineamento della Svizzera con i Paesi del blocco occidentale, sull’applicazione delle sanzioni alla Russia, stia generando una migrazione verso Dubai di aziende impiegate nel commercio di materie prime. Di recente anche il Financial Times ha prodotto un’inchiesta sull’argomento riguardante una delle principali trader di petrolio, la Paramount Energy & Commodities Sa. Dall’indagine emerge che la società, attiva nel commercio di petrolio dalla Russia verso l’Asia, ha interrotto le sue attività a Lugano, a seguito delle sanzioni imposte a Mosca, riprendendole a Dubai con un nome societario quasi identico: la Paramount Energy and Commodities Dmcc. Il tutto avvalendosi di operatori negli Emirati Arabi e navi-cisterna registrate a società di Paesi come l’India e la Cina. 

Gli altri settori che presentano importanti potenziali di crescita sul piano economico sono la metallurgia, il tessile e la gioielleria anche se non è sempre tutto oro quel che luccica, o quanto meno, in questo caso è oro ma non del tutto “pulito”. Su Dubai, infatti, converge l’oro proveniente da Paesi in conflitto. Un universo di interscambio caotico in cui gruppi criminali hanno gioco facile nel controllare la filiera sostituendosi agli intermediari legali, grazie anche alle connessioni con compagnie straniere in cerca di facili guadagni che, attraverso l’operato di abili trafficanti, riescono ad occultare i loro legami con i gruppi armati e immettere l’oro nel mercato legale. 

L’imponenza di Dubai, non offusca l’emirato di Abu Dhabi che, tra i sette Emiri da cui è composta la federazione, oltre a essere quello che detiene il maggior numero di giacimenti è il più interessato dal processo di diversificazione. Industrializzazione, commercio, servizi, infrastrutture, turismo, difesa, nucleare e aerospazio stanno rendendo Abu Dhabi protagonista di un nuovo corso. Ne è prova l’impianto Barakah, situato a Gharbiya nella zona ovest dell’emirato, dove i quattro reattori di cui è dotato stanno entrando a pieno regime per la produzione di energia, ottenendo così un importante primato sugli altri Paesi arabi. Il tutto ovviamente, sigillato dal “gold standard” statunitense firmato, nel 2009. 

Primati importanti, in ambito regionale, sono stati raggiunti dall’intera federazione anche in campo aerospaziale grazie all’invio della sonda su Marte avvenuto nel febbraio 2021, un progetto a cui hanno lavorato, per circa sei anni, oltre duecento ingegneri emiratini. Un altro asset importante dell’economia degli EAU sono le circa cinquanta zone franche che gli hanno permesso di competere con l’Arabia Saudita nella caccia alle imprese straniere, spingendosi fino al punto di proporre una riduzione del 94% sulla tassazione per coloro i quali intendessero investire in loco. 

La competizione economica saudita si sta facendo sentire anche in campo turistico dove l’Arabia saudita sta cercando di accaparrarsi fette di mercato, di cui Dubai detiene il primato, cercando di valorizzare il suo patrimonio naturalistico delle regioni del Mar Rosso e archeologico della città di al-Una patrimonio dell’UNESCO, nel nord-ovest del Regno, dove sono presenti ben 27.000 siti archeologici risalenti all’epoca dei Nabatei. 

Sotto il profilo infrastrutturale sono stati compiuti importanti investimenti a partire dal 2016 e in vista dell’Expo 2020. Tra i grandi progetti in cantiere vi è anche quello del sistema sotterraneo di trasporto, Virgin Hyperloop one, tra Abu Dhabi e Dubai che prevede dei pod lanciati all’interno di tubi sotto vuoto ad alta velocità che raggiungeranno le rispettive città in 12 minuti. Mentre la Khalifa Industrial Zone Abu Dhabi (Kizad), la Dubai Industrial City, che rappresenta un importante hub per le realtà industriali, la nuova area urbana di South Dubai, l’espansione della Dubai Airport Freezone Authority (Dafza) e la realizzazione del nuovo polo industriale di al Saja’a nell’emirato di Sharjah, sono tutte opere che rientrano nei piani di diversificazione economica del paese come parte della strategia per garantire un’economia basata sull’innovazione e rendere gli Emirati uno dei principali centri mondiali per lo sviluppo sostenibile. La sostenibilità, infatti, è un elemento che non può di certo mancare nel profilo di chi, come gli EAU, mira a poter godere di un certo blasone a livello internazionale. Non vi è dubbio che in questo processo la prossima Cop. 28, che si terrà a Dubai in dicembre e che metterà al centro del dibattito le tematiche sulla “finanza sostenibile”, ne costituirà il marchio di garanzia da esibire insieme a quello ereditato da Expo 2020.

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