OGGETTO: Rifondazione
DATA: 23 Giugno 2023
SEZIONE: Ritratti
Giovane, ma con molta esperienza maturata al fianco del padre: la Open Society di George Soros è ora passata nelle mani del figlio, Alexander.
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È di questi giorni l’avvicendamento, ai vertici delle Open Society Foundations, tra il vecchio leone della finanza George Soros, e il suo giovane figlio Alexander. Bisogna ricordare che George Soros non è un magnate come tutti, e, allo stesso modo, la sua creatura non è un classico fondo a fine filantropico. Stiamo parlando di un colosso da circa 25 miliardi di dollari , con uffici in 37 paesi e con una lunga e precisa tradizione di investimenti in ogni parte del mondo. Il fondo è finora rimasto nelle mani di Soros Sr., che si è preoccupato di chiarire al mondo come la Open Society sia la missione della sua vita, il mezzo attraverso cui favorire l’insorgenza della “società aperta” preconizzata da Popper. Alexander si trova quindi a raccogliere un’eredità pesante dal punto di vista strutturale. Inoltre, siccome le OSF dona in maniera strategica – i suoi analisti sono tra i migliori al mondo – è effettivamente un elemento in grado di spostare l’ago della bilancia delle politiche di un Paese.

Da che mondo è mondo, regalare soldi è un ottimo modo per farsi nuovi amici, ma anche nuovi nemici. Non sorprende dunque che Soros e la OSF godano di una fama piuttosto opaca in diversi ambienti. Ora questo vecchio leone va in pensione, e al suo posto si erge un erede, suo figlio. Chi è, dunque, Alexander Soros? Chi è l’uomo che si appresta a mettere le mani sulla seconda fondazione per potere d’acquisto dopo la Bill e Melinda Gates? Nato a New York, Alexander – che preferisce farsi chiamare con il rassicurante diminutivo “Alex” – si laurea nell’università della Grande Mela per poi perfezionare la sua formazione con un dottorato in Storia alla Berkeley, in California. Contestualmente, e in maniera completamente antitetica rispetto alla famiglia, comincia ad apparire sulle riviste di gossip americane per la sua vita da ricco e giovane ereditiero. Intervistato a questo proposito, nel 2012 confessa al Times di sentirsi pronto a fare sul serio: 

“I have the incentive of failing my own reputation, if I don’t succeed, then I’m just another deadbeat lazy trust-fund kid.”

Nonostante gli impegni universitari, le presenze in giro per il mondo, le grandi feste, il giovane Alex è sempre presente nel consiglio direttivo dell’OSF, anche se “raramente parlava” ricorderà l’ex presidente Aryeh Neier. La sua prolificità su Instagram permette di osservare una crescente quantità di post in cui appaiono membri direttivi di aziende e Paesi, a fronte di una diminuzione esponenziale di personaggi dello spettacolo. Certo, ancora nel 2016 un giornale scandalistico pubblicò un reportage su una storia di modelle fatte portare a Villa Maria (Hampton, Ny), dove il giovane era ospite. Ma a qualche capriccio, Alex Soros riusciva ad accostare un crescente impegno negli affari famigliari e suoi personali. Addirittura, nel 2012 crea la sua Alexander Soros Foundation, che si occupa di difesa dell’ambiente e di sviluppo sostenibile. Comincia ad intessere relazioni profonde nei Balcani e nell’Est, convinto che la stabilità dell’Europa passi necessariamente per la pacificazione della regione, forte anche della presenza, a Budapest, della CEU, l’università di famiglia. Incontra più volte Edi Rama (lo chiama “my brother”), il premier macedone Kovachevski, la politica bielorussa in esilio Tsihanuskaja. Ma anche in casa non si fa mancare incontri con Obama, Chuck Schumer, Nancy Pelosi, Kamala Harris.

Una grande schiera di politici, su cui Alex Soros fa deciso affidamento nelle questioni politiche che gli interessano da principio. Nell’intervista al Wall Street Journal di questi giorni, Soros Jr. ha già chiarito che continuerà a sovvenzionare i dem americani e che i 25 miliardi di dollari del fondo di famiglia serviranno senz’altro a garantire diritto di voto e di aborto ad un grande numero di persone. Nel frattempo, asserisce di essere “più politico” del padre, e non fa molti giri di parole nel descrivere Trump come un malfattore, mettendo in chiaro che le prossime elezioni americane non saranno affatto tranquille. 

Una delle passioni condivise con il padre è quella della filosofia e, in veste di esperto, Alex Soros si è spesso trovato a dibattere i suoi interessi in biblioteche ed università. Ma al freddo Popper, adorato dal padre, Alex preferisce il dionisiaco Nietzsche, il geniale Spinoza, il sensuale Heine. In rete si trovano diversi di questi suoi interventi, tramite i quali è possibile tracciare un ritratto – in linea generale – alla maniera antica. La sua figura non incombe, anzi, sembra voler occupare meno spazio di quanto naturalmente predisposto. È vestito con sobrietà, con un tocco di arroganza un po’ nerd e un po’ blasé, il che lo rende la perfetta immagine del 37enne moderno di successo, più portato ad accompagnare che a comandare. L’incarnato è pallido, i grandi occhi azzurri accarezzano di tanto in tanto la platea, poi si rifugiano negli appunti, che tiene stretti come fossero un talismano. La voce è roca, a volte pastosa e l’eloquio è basso e rapido. Comunica un’impressione di grande fragilità, ma allo stesso tempo di efficienza. Sembra una persona schiva, non particolarmente versata per il dialogo, né per un discorso infuocato. Il suo regno di elezione è infatti la carta stampata: ha scritto molto sul Guardian e sul Miami Herald, niente che rivoluzioni il giornalismo, ma la cadenza dei suoi contributi fa capire che non è solo un passatempo. Nelle interviste successive, va appena meglio – fissa la telecamera con curiosità a volte, altre volte addirittura con intensità. 

Eppure è proprio il suo profilo fresco, la sua presenza sapiente sui social, le sue reti di conoscenze alla luce del sole che porteranno novità nella Fondazione. Dopotutto, riuscire a togliersi di dosso un po’ di diffidenza dando un nuovo volto – giovane, smart, politicamente impegnato – potrebbe essere considerata una bella vittoria per la OSF e per la famiglia Soros. Di certo, secondo analisti autorevoli, Alex non era l’erede designato. Il primogenito di George, Robert Soros, nonché fondatore della CEU, ha creato una sua azienda privata di investimento: la Soros Capital Management e forse questo lo ha allontanato dalla linea di successione. Ma quello che sembrava più avviato a prendere le redini della Fondazione è senz’altro Jonathan Tivadar Soros. Questi è atletico, prestante, ha già salvato un paio di volte il fondo del padre. In più è dottore in legge ad Harvard, è Senior Fellow alla Roosevelt Foundation, ed è un profilo rispettato ad alti livelli nell’establishment democratico. Eppure, quando è stato chiesto a Soros Sr. il motivo della sua scelta, questi si è limitato a rispondere “se l’è meritato“. Non resta che osservare attentamente come cambierà – se cambierà – il volto della OSF con questo cambio della guardia. La famiglia Soros si prepara per un profilo più catchy, pur senza intaccare la direzione puntata diversi anni fa dal vecchio George.

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