OGGETTO: Lo sfondamento nel Donbass
DATA: 17 Agosto 2025
SEZIONE: Geopolitica
AREA: Asia
L’11 agosto 2025 le forze armate russe hanno ottenuto un successo tattico di vasta portata sul fronte orientale, sfondando le difese ucraine a nord-est di Pokrovsk, città strategica nel Donbass. L’avanzata su un fronte di oltre 13 chilometri e la rapida penetrazione per almeno 15 chilometri in profondità hanno interrotto le principali vie logistiche delle truppe ucraine, determinando un accerchiamento operativo di Pokrovsk e compromettendo la tenuta dell’intero settore.
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L’ora più buia per il Donbass, segnalata da fonti russe e parzialmente confermato da osservatori indipendenti come l’Institute for the Study of War (ISW), potrebbe rappresentare il punto di svolta più importante del conflitto dal 2022. L’11 agosto 2025 le forze armate russe hanno sferrato un’offensiva mirata contro le linee ucraine nel settore nord-orientale di Pokrovsk, in una manovra che ha rapidamente assunto i tratti di uno sfondamento strutturale del fronte. In meno di 48 ore, le truppe di Mosca hanno oltrepassato le difese ucraine su un fronte di circa 13 chilometri e avanzato per almeno 15, con punte oltre Dobropillia, centro nevralgico che le forze di Kiev hanno dovuto abbandonare il 12 agosto.

Secondo fonti russe, confermate da una crescente convergenza di fonti ucraine e internazionali, l’avanzata ha avuto luogo in un’area scarsamente difesa, dove la mancanza di truppe e riserve ha impedito una reazione tempestiva da parte di Kiev. L’utilizzo intensivo di droni, bombe plananti (fino a 500 alla settimana nel solo settore di Pokrovsk), e piccole unità di fanteria ha permesso a Mosca di superare facilmente le postazioni difensive ucraine.

L’Istituto americano per lo Studio della Guerra (ISW) ha parlato di un possibile preludio a una “svolta operativa”, mentre il quotidiano britannico Financial Times ha definito l’offensiva “una delle più significative vittorie tattiche russe dell’ultimo anno”.

Pokrovsk (nota ai russi come Krasnoarmeysk) non è soltanto un centro urbano di medie dimensioni: è il nodo logistico che collega le ultime grandi roccaforti ucraine nella regione di Donetsk, tra cui Kramatorsk, Sloviansk, Kostyantynivka e Druzhkivka. Per questo, la caduta – o anche solo l’isolamento operativo – di Pokrovsk rappresenta una minaccia mortale per la stabilità dell’intero fronte orientale ucraino.

Con l’interruzione dell’autostrada Dobropillia-Kramatorsk e l’impossibilità di far affluire rinforzi e rifornimenti in modo sicuro, il rischio di una sacca simile a quella che determinò la caduta di Bakhmut o Avdiivka appare sempre più concreto. Alcuni canali militari ucraini già parlano di “sfondamento irreversibile”. Le dichiarazioni ufficiali ucraine si muovono tra la minimizzazione e il silenzio. Il presidente Zelensky ha ammesso una penetrazione russa su alcuni tratti del fronte, ma ha liquidato l’operazione come un attacco condotto da “piccoli gruppi di sabotatori con armi leggere”.

In contrasto, diverse fonti militari indipendenti e canali Telegram ucraini parlano apertamente di una situazione critica. Il canale DeepState ha descritto l’avanzata russa come “un’infiltrazione in profondità”, mentre Strana.ua ha ipotizzato che l’Ucraina possa perdere “centinaia di chilometri quadrati” nei prossimi giorni. Il generale Oleksandr Syrskyi, già sotto pressione politica da mesi, ha ordinato il dispiegamento del 3° Corpo d’Armata Azov nel settore, ma le forze a disposizione sono limitate e prive di un retroterra fortificato su cui appoggiarsi.

L’operazione russa sembra ricalcare il modello della “pressione distribuita”: una strategia militare lenta, ma continua, che punta al collasso delle linee nemiche non tanto per schiacciamento quanto per esaurimento. È lo stesso approccio che ha consentito a Mosca di logorare il fronte ucraino da metà 2023 in poi.

Dopo Pokrovsk, i prossimi obiettivi sembrano essere Kostyantynivka e Kramatorsk. La conquista di Zolotoy Kolodets da parte delle forze russe ha ulteriormente accresciuto il controllo territoriale a nord del settore, mentre i segnali di evacuazione di massa di civili da 14 località nella regione di Donetsk confermano la gravità della situazione. Se la pressione russa dovesse estendersi verso nord, fino ad avvicinarsi a Sloviansk e Kramatorsk, le ultime linee difensive ucraine nella regione rischierebbero l’aggiramento o il collasso.

Il tempismo dell’operazione non è casuale. Il 15 agosto è previsto un vertice riservato in Alaska tra Vladimir Putin e Donald Trump. Per il Cremlino, presentarsi con una vittoria tangibile sul campo rafforzerebbe enormemente la propria posizione diplomatica.

Sono già in discussione diverse ipotesi di compromesso territoriale: tra queste, lo scambio di porzioni della regione di Kherson con il pieno riconoscimento dell’annessione russa del Donbass. Tuttavia, è lo scenario del congelamento del fronte – con la completa acquisizione delle regioni di Donetsk e Lugansk – a sembrare oggi il più realistico.

Le difficoltà di Kiev sono multiple e profonde: dalla carenza cronica di munizioni e truppe (molte brigate operano con meno del 30% degli effettivi), alle diserzioni crescenti (quasi 400.000 dall’inizio del conflitto), passando per gli attacchi russi sistematici ai centri di addestramento e alle infrastrutture ferroviarie. Anche il morale delle truppe risulta gravemente compromesso, complici le continue perdite sul campo, gli arruolamenti forzati e la restituzione da parte della Russia di oltre 6.000 salme di soldati ucraini nei soli ultimi due mesi.

L’offensiva russa a nord di Pokrovsk segna con ogni probabilità un punto di svolta nel conflitto. L’accerchiamento operativo, l’interruzione delle vie di rifornimento e la progressiva erosione della resistenza ucraina nella regione del Donbass indicano che la Russia è riuscita ad aprire una breccia significativa non solo nel fronte, ma anche nella narrativa occidentale di una guerra in “stallo”. Il futuro immediato dipenderà da due fattori chiave: la capacità di Mosca di rafforzare e consolidare i guadagni recenti, e la risposta di Kiev, che potrebbe optare per un ripiegamento strategico o tentare un disperato contrattacco. In entrambi i casi, il conflitto entra ora in una fase decisiva che potrebbe ridefinire i confini – politici e militari – dell’Ucraina stessa.

In una guerra segnata più dalla logorante permanenza che dalla rapidità delle conquiste, la battaglia di Pokrovsk potrebbe rivelarsi la miccia che riaccende un’offensiva russa su vasta scala o l’ultima resistenza significativa dell’Ucraina nel Donbass. Entrambe le ipotesi convergono su una sola certezza: il conflitto è ben lontano dal congelarsi. Sta, anzi, mutando forma.

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