OGGETTO: L'aborto rimane centrale
DATA: 06 Maggio 2024
SEZIONE: Società
FORMATO: Scenari
Due anni fa il ribaltamento della sentenza Roe v. Wade restituiva la competenza in materia di aborto ai singoli Stati che compongono gli Usa. Da allora il tema è tornato centrale nella dialettica politica non solo oltreoceano, ma anche dalle nostre parti, divenendo così ulteriore motivo di polarizzazione che inevitabilmente si rifletterà alle prossime chiamate elettorali.
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Affinché sia possibile analizzare correttamente gli eventi che portano uno Stato a riformare il proprio assetto legislativo su tematiche dalla forte componente etica, è fondamentale considerare il contesto, inteso non solo come localizzazione geografica, ma soprattutto come assetto sociale in cui dette modificazioni si vanno ad inserire. Dimostrazione di ciò è il fortissimo dibattito scaturito, anche nel nostro Paese, in seguito al ridimensionamento voluta dalla Corte Suprema USA della sentenza Roe v. Wade, che dal 1970 al 2022 ha sancito l’esistenza del diritto di aborto a livello federale.

Difatti la Corte Suprema USA ha stabilito che Roe v. Wade fosse in realtà priva di due dei cinque pilastri costitutivi del principio dello Stare Decisis, ovvero le condizioni necessarie affinché una sentenza sia espressione di un diritto costituzionale vincolante in tutti gli Stati Uniti. L’argomentazione della Corte, composta a maggioranza repubblicana, con sei posti su nove occupati da giudici nominati dall’area conservatrice, è particolarmente complessa: in sostanza si può riassumere con la rilevazione che la sentenza Roe v. Wade sia stata viziata dall’inizio dall’assenza di una base costituzionale solida attraverso un’interpretazione eccessivamente estensiva del XIV emendamento della Costituzione Americana. Di conseguenza il diritto all’aborto non è più regolamentato a livello federale, ma la competenza a legiferare in materia è deferita ai singoli Stati, in pratica ad oggi i cinquanta Stati che compongono gli Stati Uniti potrebbero avere cinquanta leggi diverse in materia di aborto.

La questione che si pone è significativa: tenuto conto che la decentralizzazione di competenze legislative e amministrative sia alquanto consueta nel mondo occidentale, non si può dire lo stesso della sfera dei diritti individuali, concettualmente appartenenti ad un complesso di principi ritenuti necessariamente comuni per il corretto mantenimento, sia dell’unione che dell’ordine sociale, di un’entità statale. Ne deriva che ad oggi non tutti gli americani godono degli stessi diritti, con differenze notevoli. Infatti, le stonature e divergenze per i singoli cittadini americani sono evidenti, passando da Stati in cui è sostanzialmente impossibile accedere al diritto di aborto, ad altri Stati in cui è comune che la procedura farmacologica si svolga attraverso l’invio dei farmaci necessari all’indirizzo del paziente in seguito ad un semplice colloquio telematico con un medico abilitato alla prescrizione.

Negli Stati Uniti, ad esempio, convivono la legge dello Stato della Georgia, in cui l’aborto è vietato dopo la “rilevazione del primo battito cardiaco del feto”, dunque intorno alla sesta settimana, con la legge dello Stato di New York, che ha formalmente codificato la sentenza Roe v. Wade nel Reproductive Health act del 2019. Altro caso emblematico è quello della Florida, roccaforte repubblicana, in cui dal primo maggio 2024 è entrato in vigore il divieto di aborto dopo appena sei settimane dal concepimento, norma che però, affronterà un referendum abrogativo nel medesimo giorno delle elezioni presidenziali. Il quesito referendario sarà un banco di prova idoneo a condizionare l’operato del Presidente che sarà eletto, soprattutto in caso di successo di Donald Trump.

La rilevanza della questione è notevole, oltre che nel merito, anche in relazione alla crescente polarizzazione della società americana, in particolare tra Stati a maggioranza democratica e repubblicana, causa di frizioni che mettono in luce divisioni che si pensavano superate dalla storia, come l’impasse tra il governo del Texas e la Casa Bianca sul tema immigrazione a cavallo tra gennaio e febbraio 2024. Ad avallare le riflessioni esposte vi è anche da considerare come il dibattito sull’aborto sia un punto centrale nella campagna elettorale che porterà alle elezioni di novembre, tema sul quale i candidati esprimono le posizioni tipiche della propria area politica, ma con quella che sembra la promessa comune di sostenere una proposta con la medesima cornice legislativa per tutti gli Stati Federali.

Infatti, mentre il Presidente Joe Biden sostiene una proposta di legge federale confermando le garanzie precedenti al ribaltamento di Roe v. Wade, il candidato Repubblicano Donald Trump, allo stato attuale, ha promesso di introdurre una legge che limiterà il diritto di aborto a livello federale alla quindicesima settimana. Sulla questione, nelle frange più progressiste della politica americana e nella maggior parte della popolazione europea, si ha la netta percezione che gli Stati Uniti, per definizione il Paese più attento alle libertà individuali, stia facendo marcia indietro sul diritto d’aborto, tema al centro dell’opinione pubblica ormai da decenni. 

Si ha l’impressione che in Italia la legislazione nazionale sia decisamente progressista rispetto agli standard del Paese. Ciò è vero solo in parte. La legge 194/1978 sancisce il diritto di aborto nel limite di novanta giorni dal concepimento, ovvero dodici settimane, periodo più breve di quello promesso dal candidato repubblicano alla Casa Bianca. I termini attuali appaiono condivisi dalla nostra popolazione, quale espressione di una classe politica nazionale che è più interessata alla garanzia del mantenimento della legislazione attuale che non al suo ampliamento. Ad oggi, nel contesto italiano, è inimmaginabile un leader, ancor di più conservatore, che proponga una delimitazione temporale per il diritto all’aborto analoga a quella promessa da Donald Trump negli States.

È assolutamente indiscusso che, qualora fosse approvata una legge a livello federale negli Stati Uniti dopo le elezioni, bisognerà valutare – al di là del provvedimento astratto – quali saranno le concrete modalità di attuazione. La pratica nella teoria, in tema di aborto spesso concetti profondamente diversi.

di Andrea Avallone e Francesca Ferro

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