Intervista

«La vera differenza strutturale è tra coloro che conoscono e coloro che sono ignoranti». La società del XXI secolo secondo Giuliano Noci

Stiamo regredendo per nasconderci di fronte alla complessità del mondo? O stiamo livellando il piano per l'arrivo delle macchine, che, forse, non saremo in grado di dominare? Per rispondere a queste e ad altre domande abbiamo interpellato Giuliano Noci, Prorettore del Politecnico di Milano, membro del Comitato della Presidenza del Consiglio dei Ministri per la definizione delle strategie nazionali per l’intelligenza artificiale, ed editorialista de Il Sole 24 ORE.
«La vera differenza strutturale è tra coloro che conoscono e coloro che sono ignoranti». La società del XXI secolo secondo Giuliano Noci
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Se l’Occidente è in declino, allora la causa è da ricercarsi primariamente negli occidentali. Il tempo dei costruttori è il tempo di una profonda mutazione antropologica: l’informazione passa dalla rete, che rende il mondo interconnesso e diviso tra fazioni a favore o contro i nuovi sacerdoti di questo sistema. Politici, finanzieri, industriali: tutti rigorosamente influencer che devono attrarre attenzione ancor prima che consenso. Il dibattito è ridotto a uno slogan mentre il mondo sembra essere mediato da un’enorme opera di gamification, ovvero dalla riduzione a gioco di qualunque dinamica sociale. L’acquisto di un bene, il voto, il confronto delle idee, nulla sfugge al decadimento cognitivo. Stiamo regredendo per nasconderci di fronte alla complessità del mondo? O stiamo livellando il piano per l’arrivo delle macchine, che, forse, non saremo in grado di dominare? Per rispondere a queste e ad altre domande abbiamo interpellato Giuliano Noci, Prorettore del Politecnico di Milano, membro del Comitato della Presidenza del Consiglio dei Ministri per la definizione delle strategie nazionali per l’intelligenza artificiale, ed editorialista de Il Sole 24 ORE.

– Professore, viviamo tempi senza dubbio interessanti. Nuovi attori politici sono emersi e sgomitano per prendersi la scena: tutto viene messo in discussione, addirittura la democrazia e il libero mercato. Finanza e tecno-utopismo trainano un Occidente confuso e senza più punti di riferimento. La trova una visione troppo declinista? Siamo più in salute di quanto non crediamo? O forse non siamo circondati da giganti in grado di metterci in discussione…

L’Occidente è decisamente molto confuso in questo momento. Diviso in una dicotomia tra libertarismo (ovvero individualismo) e democrazia (ovvero potere al popolo). Con sullo sfondo un problema: quello dello stato sociale. La mancanza di stato sociale è quello che ha creato i problemi negli Stati Uniti e ha portato Trump alla vittoria elettorale. Presto questo potrebbe arrivare anche in Europa, per via del fatto che l’intelligenza artificiale mina alle radici quella che è l’identità culturale manifatturiera in cui si caratterizza il vecchio continente. Quindi se non avremo la capacità di modificare, attraverso il sistema educativo, cultura e competenze di riferimento ci sarà un problema molto significativo anche in Europa. Mi lasci dire: l’Occidente è in declino, i cinesi lo pensano dal 2008, con la crisi di Lehman Brothers, e certamente sentire alcune affermazioni di Trump nello Studio Ovale non fa altro che confermare questa posizione.

⁠- È vero senza dubbio che stiamo assistendo ad una profonda mutazione antropologica. Ci si informa scrollando i social, il dibattito italiano riguardo la natura di figure che italiane non sono: Donald Trump, Elon Musk, Vladimir Putin, Ursula Von der Leyen, e così via. Proprio quando si discute di ritorno a logiche nazionali il mondo è più interconnesso che mai. Dove sta la verità dunque?

Il mondo è interconnesso. Il commercio globale è l’elemento fondamentale su cui regge lo sviluppo economico del pianeta. Basti pensare che incide per circa il 65% del Pil del globo. Questa interconnessione è peraltro elemento che farà desistere Donald Trump dalla sua intemerata. Molto presto, siccome non partono più navi dai porti cinesi, gli scaffali degli Stati Uniti saranno vuoti. Allo stesso modo sarà sempre più complesso realizzare prodotti visto che, ad esempio, un componente di un’automobile realizzata negli Stati Uniti rischia di uscire e rientrare 3-4 volte dal Nordamerica ricevendo ogni volta dazi. Questo giusto per dare un esempio di quanto il fatto di essere interconnessi e globali sia un elemento strutturale che non può essere, come dire, interrotto con semplici affermazioni per quanto eloquenti e forse arroganti di Donald Trump.

Roma, Marzo 2025. XXV Martedì di Dissipatio

– ⁠L’approccio del cittadino medio con la politica e l’economia è sempre più mediato da logiche di gamificazione. Criptovalute con nomi di animali attirano miliardi di dollari, la risata provocata da un video montato con qualche effetto sonoro è sufficiente per decidere a chi affidare il proprio voto. Di fronte ad un mondo complesso stiamo volutamente o inconsciamente regredendo?

Sicuramente vi è una regressione di natura cognitiva, nel senso che l’arrivo dei social ha abbassato il livello medio del dibattito, del dialogo, financo portando il politico, l’eletto al livello dell’elettore. E da qui ne è nata, appunto, la politica da social con l’aggressività, e spesso le fake news che la contraddistingue. La tecnologia in questo senso è un distrattore di massa rispetto alla possibilità e opportunità che gli individui hanno di approfondire attraverso letture, attraverso libri e quindi costruirsi competenze che hanno fondamento, competenze e conoscenze che permettono di identificare e affrontare problemi. Viviamo quindi in un contesto in cui il sistema educativo deve riprogettarsi, deve trovare nuove chiavi di ingaggio per riguadagnare terreno e fare in modo che assolva la sua funzione obiettivo: quella di costruttore di società, di una società consapevole e in grado di conoscere e quindi di affrontare il futuro con sostenibilità.

– ⁠Si semplifica e si abbandona il confronto. È l’epoca delle eco-chamber che da Internet prendono forma nella vita reale. Un relativismo ideologico che si autoalimenta a suon di feedback loop. Le chiedo dunque se secondo lei sarà questo il motore di profondi conflitti sociali? Nazioni frammentate in mille parti, ciascuna con una propria verità e una propria narrativa internamente valida.

Il vero tema è che i conflitti nascono tra paesi, e da questo punto di vista Trump ne è la rappresentazione plastica di come addirittura il principale polo del mondo democratico arrivi a edificare una sorta di battaglia globale rendendo tutti più poveri. Poi ci sono conflitti interni. Conflitti non solo tra ricchi e poveri, ma io direi che la vera differenza strutturale è quella tra coloro che conoscono e coloro che sono ignoranti. Da questo punto di vista ancora una volta si comprende quanto la più importante sfida del futuro sia quella di creare conoscenza, di aumentare il livello medio dell’istruzione delle persone. Lo dico in un paese che è tra gli ultimi per livello di istruzione in Unione Europea.

– ⁠Il tecno-utopismo, incarnato da Elon Musk, l’oligarca più esposto fra tutti, vuole ricostruire un’idea di futuro che oggi – e ce ne accorgiamo da quanto cinema e letteratura abbiamo smesso d’immaginare mondi possibili – sembra mancare. Secondo lei è un’operazione sensata o è solo fumo negli occhi per nascondere mancanza d’idee?

Elon Musk è certamente la rappresentazione di polarità molto marcate. Da un lato è figura che ha un’immagine di futuro nitida e per certi versi è in grado attraverso le sue aziende, attraverso le sue visioni di contribuire a rendere oggettiva, reale questa sua visione di futuro. Dall’altro ha delle rappresentazioni e delle modalità di interlocuzione con la società che appaiono naif. Probabilmente in questa polarità sta anche la singolarità e genialità del personaggio, personaggio certamente da prendere a piccole dosi. Comunque, una cosa è certa: il futuro lo potremo costruire se e solo se saremo in grado di incorporare consapevolmente la tecnologia.

⁠- ⁠Anche se qualcosa di nuovo c’è. L’intelligenza artificiale, intesa come strumento e non come operazione di marketing per attirare dati fondamentali alla sua crescita, è un grande tema. Siamo inevitabilmente condannati a fare affidamento sulle strutture altrui o possiamo sviluppare una nostra indipendenza in questo campo?

L’intelligenza artificiale sarà un copilota nella vita dell’uomo, semplificando una serie di attività e decisioni, ciononostante non sostituirà l’intelligenza umana in quanto l’intelligenza artificiale non è senziente, non è in grado di introdurre quelle discontinuità che sono tipiche del pensiero umano. Dovremo però imparare a conviverci evitando che l’intelligenza artificiale prenda delle derive strane, delle derive sbagliate in quanto addestrata da persone che non rispettano canoni etici.

⁠- ⁠Una domanda provocatoria: chi sta addestrando chi? I nostri cervelli sono sommersi di stimoli ventiquattr’ore su ventiquattro. Scrolling compulsivo; sempre più lavori scanditi dall’arrivo di una notifica; applicazioni che ci fanno attraversare città per una gratificazione momentanea e immateriale. Stiamo diventando noi le macchine?

Nulla di provocatorio. Chi sta addestrando chi? È molto chiaro. Gli uomini stanno addestrando l’intelligenza artificiale, è chiaro poi che l’intelligenza artificiale avendo la capacità di eseguire compiti senza istruzioni sviluppa delle analisi, propone delle decisioni, induce delle azioni nei robot. Tuttavia, dev’essere chiaro: è l’uomo che programma l’intelligenza artificiale, che senza addestramento sarebbe vuota, vuota di conoscenza. È chiaro che l’uomo ha quindi una funzione importante in fase di addestramento ma anche la responsabilità di supervisionare quello che esce dall’intelligenza artificiale. E questo vale soprattutto per i task, per le attività che sono a più alto rischio e a più alto impatto.

– ⁠Infine una previsione: il futuro sarà segnato da politici basati sull’archetipo dell’attuale Presidente statunitense? Mi spiego meglio: è chiaro che dietro Trump ci sia la volontà di cedere all’emozione. Razionalmente non si può credere che sappia ciò di cui parla o che rappresenti coloro che dice di rappresentare. Eppure il sostegno dietro di lui è forte. Dietro il voto e dietro l’acquisto impulsivo su Amazon si cela oggi la medesima logica?

Daniel Kahneman, premio Nobel, ha sempre esplicitato che le emozioni inducono all’azione, la ragione induce all’analisi. Quindi è evidente che le emozioni sono la determinante fondamentale dei comportamenti umani, financo il voto politico. Da questo punto di vista tutti cercano di lavorare sulle emozioni, la politica giocando il ruolo del marketing della paura, per certi versi ne abbiamo rappresentazioni chiare quando si evoca la caccia all’immigrato, la chiusura rispetto alla minaccia esterna, la chiusura nella tana. Allo stesso modo Donald Trump lavora sulle emozioni di coloro che sono spaventati, sono spaventati della globalizzazione, evocano un nemico esterno ma il vero problema è interno: la loro mancanza di conoscenza.

di Lorenzo Cerani e Davide Arcidiacono

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