L'editoriale

Il Vaticano è una potenza di cielo

Papa Francesco, col suo viaggio in Iraq si è spinto laddove nessun altro poteva farlo. È la legittimità dell’autorità spirituale che consente a qualsiasi Vicario di Cristo di poter camminare liberamente sui fili elettrici della storia e del tempo, senza dover dare giustificazioni in questa terra ma solo a Dio.
VIVI NASCOSTO. ENTRA NEL NUCLEO OPERATIVO
Per leggere via mail il Dispaccio in formato PDF
Per ricevere a casa i libri in formato cartaceo della collana editoriale Dissipatio
Per partecipare di persona (o in streaming) agli incontri 'i martedì di Dissipatio'

L’ultima volta che un Papa si era spinto così a fondo nel cuore dell’Oriente, per spostare l’attenzione sulle comunità cristiane del Levante, era stato Giovanni Paolo II in un viaggio storico a Damasco. Correva il 2001 e Wojtyla si recava nelle terre sacre percorse prima di lui dall’apostolo Paolo. Accompagnato dal Gran Mufti di Siria Hamad Kiftaro, camminava nella grande Moschea degli Omayyadi, che oltre ad accogliere il Mashad al Hussein, un piccolo mausoleo che custodisce la testa dell’Imam Hussein, figlio di Ali e nipote del Profeta Maometto, mozzatagli dopo la sconfitta nella battaglia di Karbala, c’è ancora la cappella di San Giovanni Battista. Così Giovanni Paolo II disegnava un nuovo ordine prima del disordine mediorientale, che prima o poi sarebbe tornato, questa volta con Papa Francesco e il suo viaggio storico in Iraq, tra Baghdad, Erbil, Ur, Najaf e la Piana di Ninive.

Il Vaticano non è potenza di terra e di mare, ma di cielo. Può spingersi laddove nessun altro può farlo. È quell’autorità spirituale che consente a qualsiasi Vicario di Cristo di poter camminare liberamente sui fili elettrici della storia e del tempo, senza dover dare giustificazioni in terra, ma solo a Dio. In soli tre giorni Bergoglio ha ribaltato schemi geopolitici e confessionali secolari quanto sovversivi. A Ur, vicino a Nassirya, in quella che secondo la tradizione venne edificata la casa di Abramo, dopo che Dio chiese ad Abramo, il patriarca che unisce i destini di Ebrei, Cristiani e Musulmani, di lasciare la sua patria, ha invitato tutti leader religiosi a iniziare un nuovo cammino per l’intero Paese. Il messaggio, potentissimo, è duplice. Da un lato chiama l’Iraq, diviso dall’eredità dello Stato Islamico, dalle rivendicazioni curde e dalla parte meridionale a maggioranza sciita, all’unità nazionale, confessionale e territoriale, ma soprattutto riporta la figura di Abramo nella sua dimensione religiosa, distante da chi invece, con quel patto firmato da Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita, vuole oggi strumentalizzarlo per fini egemonici.

C’è poi la volontà di fermare un’emorragia, quella dei cristiani d’Oriente, e rivendicare il diritto a non emigrare di questi popoli, tornare nelle loro abitazioni, occupate per oltre due anni e mezzo da Daesh. Nel 2014 infatti, poco dopo lo storico discorso da Mosul di Al Baghdadi, i miliziani presero il controllo del Sinjar e della Piana di Ninive, nell’Iraq settentrionale, ancora caratterizzata da una grande varietà etnico-religiosa. Gli abitanti yazidi, popolo che adora il fuoco, subirono massacri mentre i cristiani, eredi dell’arcaica civiltà assira, furono espulsi, costretti a lasciare le loro abitazioni insieme a quei monasteri del sesto secolo scavati nelle rocce delle montagne. L’attenzione ricade finalmente sui numeri, che tornano ad essere uomini, donne, fedeli. Nel 1987 i cristiani d’Iraq erano un milione e 400 mila, cioè l’8 per cento della popolazione del Paese. Oggi sono appena l’1 per cento, circa un terzo sono profughi e vivono principalmente nei campi allestiti tra Erbil e Dohuk, in attesa di poter tornare nei villaggi di Qaraqosh, Karamleis, Bartella e Tilkeif.

Infine, l’incontro con l’Ayatollah Al Sistani, massima autorità religiosa sciita in Iraq, si dice con il passaporto anche iraniano. Fu proprio lui, nel giugno del 2014 a lanciare una fatwa, con la benedizione della Repubblica Islamica dell’Iran, nella quale chiamava tutti gli sciiti iracheni ad unirsi alla guerra di liberazione contro Daesh. In quei mesi nacque Hashd al Shaabi, un’unità di mobilitazione popolare di circa 200mila soldati inquadrata dal governo centrale di Baghdad che raggruppava i principali gruppi armati della regione tra cui la Brigata Bedir e Hebollah Ketibe, che parteciparono negli anni successivi a tutte le operazioni militari a Ramadi, Falluja, Tiqrit, Mosul e nella Piana di Ninive, insieme all’esercito iracheno. Con un’evoluzione rispetto al passato – sulla scia del modello libanese – e col fine non di uno “Stato nello Stato” di tipo confessionale, bensì l’unità dell’Iraq e la riconciliazione di tutte le sue comunità religiose. In pochi se lo ricorderanno, ma quando Donald Trump ordinò in Iraq nel gennaio del 2020 l’uccisione di Qassem Suleimani, capo iraniano delle forze al Qods, nel suo convoglio c’era anche anche Abu Mahdi al-Muhandis che allora era il vice-capo se non il capo, delle unità di mobilitazione popolare Hashd al Shaabi contro Daesh. L’incontro tra Papa Francesco e Al Sistani, preparato da anni dalla comunità di Sant’Egidio, come mi raccontò a Najaf nel 2018 il suo primo consigliere Ahmed Al Husseini, è storico anche per questo. Non solo eleva gli sciiti come interlocutori religiosi autorevoli e imprescindibili, ma soprattutto riconosce ai combattenti sciiti, dalla Siria all’Iran, dal Libano all’Iraq, di esser stati in prima linea nella lotta al terrorismo.


Stiamo creando una “cellula redazionale di media intelligence” che faccia ricerca e sviluppo, monitoraggio e produzione di contenuti, che sia strettamente collegata all’attualità profonda, che dialoghi in codice con attori più o meno istituzionali, che sia in grado di capire i retroscena e indicare gli scenari del futuro, in politica estera come in politica interna, fino a controllare la scacchiera informativa. Raccogliamo candidature su questo indirizzo postale scrivipernoi@lintellettualedissidente.it. Mandateci una mail con le seguenti informazioni: 1) CV allegato 2) Un commento all’articolo che trovate sul sito intitolato “Il linguaggio del potere” 3) La vostra rassegna stampa quotidiana nazionale ed internazionale 4) Le vostre letture sul tema del “linguaggio del potere” 5) Un contatto telefonico. Sarà nostra cura rispondervi personalmente, ed eventualmente ricontattarvi.

I più letti

Per approfondire

Israele con le spalle al muro

L’attacco di Hamas è stato l’11 Settembre d’Israele poiché ha sancito la funesta cesura fra una percezione d'apparente invulnerabilità e la sua scomparsa. Ma rappresenta anche la fine di una convergenza parallela fra Tel Aviv e l'Occidente. Il vallo orientale fra il mondo dei buoni e quello dei cattivi ha perso ogni ragion d'essere, così come il credito politico su cui si fondava la Nazione, finito bruciato assieme a Gaza.

Le spalle coperte iraniane

Ripubblichiamo un contributo del 2021 uscito a margine della firma di un accordo di cooperazione fra Pechino e Teheran. Un momento cardine che ha visto la formazione di un'asse pronta a opporsi ai desideri egemonici di Israele e Stati Uniti. La libertà di risposta iraniana nasce anche e soprattutto dalla consapevolezza di avere le spalle coperte dai propri alleati cinesi e russi.

Il futuro dei conservatori dopo Trump

J.D. Vance è stato scelto come candidato alla vicepresidenza. Un nome che è un'indicazione netta sul futuro del Partito Repubblicano voluto da Donald Trump. Vance, salito alla ribalta come rappresentante delle battaglie di una classe media indebolita e paranoica, ha in realtà in Peter Thiel uno dei padri politici, quanto di più lontano dalla sua storia personale, al netto delle posizioni conservatrici che li accomunano. È per questo che se dovesse entrare alla Casa Bianca sarebbe più una vittoria per i venture capitalist californiani che non per la Rust Belt.

Tutti gli uomini di Donald Trump

Maga Inc. assume Opinion Architects - un'agenzia che si definisce dotata di “eccezionale professionalità, strategie innovative e totale discrezione” - come consulenti per la campagna elettorale 2024 di Donald Trump. Dall’inizio dell’anno sono stati corrisposti centomila dollari a questa agenzia di pubbliche relazioni registrata nel Delaware.

Ben consigliato e senza pregiudizi

Il ministro degli Affari Esteri Luigi Di Maio sta vincendo la sfida contro « l'espertocrazia ».

Gruppo MAGOG