OGGETTO: I retroscena di una partita a scacchi
DATA: 11 Febbraio 2025
SEZIONE: Recensioni
FORMATO: Letture
AREA: Europa
La Conferenza di Monaco del 1938 fu un compromesso che illuse l’Europa con l’appeasement. Oggi, mentre si prepara l'annuale Conferenza sulla sicurezza nel capoluogo bavarese, con focus su possibili piani di pace per l’Ucraina, il passato invita alla riflessione: la diplomazia è uno strumento di pace o un preludio a nuove crisi? L'ultimo libro di Maurizio Serra - Scacco alla pace (Neri Pozza, 2024) - ricostruisce i giorni dell'ultimo dialogo prima del secondo conflitto globale, analizzando le personalità che infiammarono Monaco ormai quasi cent'anni fa.
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Maurizio Serra ambasciatore italiano e accademico di Francia, ha dedicato il suo ultimo libro alla Conferenza di Monaco del settembre 1938 dandogli un titolo ampiamente esplicativo, “Scacco alla pace”. Occorre fare una premessa: in più occasioni la pubblicistica occidentale ha identificato come “spirito di Monaco” quegli eventi, interpretandoli come una resa a sistemi totalitari. È stato identificato, con questo senso, l’Atto finale di Helsinki che nell’agosto 1975 stabilì la rinuncia all’uso della forza nel confronto tra gli Stati europei, l’URSS, gli USA e il Canada. Più in generale, lo spirito di Monaco identifica un progetto di potenze regionali di risolvere un contenzioso alle spalle del soggetto protagonista.

A Monaco, il 29 e 30 settembre 1938 si riunirono i vertici di Germania, Italia, Francia e Regno Unito che decisero le sorti della Cecoslovacchia. Maurizio Serra ben illustra, in primo luogo, la realtà della Cecoslovacchia uscita dalla Conferenza di Versailles: uno stato multietnico con una importante minoranza tedesca nella regione dei Sudeti; una componente slovacca desiderosa di autonomia; una minoranza magiara nella parte meridionale del paese.

La cosiddetta Prima Repubblica Cecoslovacca (1919-1938) non seppe dare a questa situazione una soluzione alternativa a quella di uno stato centralizzato con sede a Praga. Occorre, tuttavia, riconoscere che quella Cecoslovacchia, guidata prima da Masaryk e poi da Benes, era l’unico stato democratico circondato da sistemi totalitari ovvero autoritari: la Germania, principalmente, ma anche la Polonia e l’Ungheria. L’autore ci riassume con efficacia le tappe principali della politica revisionistica di Hitler rispetto ai Trattati di Versailles: l’uscita dalla Società delle Nazioni (ottobre 1933); il plebiscito che riassegna la Saar alla Germania (gennaio 1935); la reintroduzione della coscrizione obbligatoria (marzo 1935); l’Anschluss (marzo 1938). La tappa successiva della politica revisionista di Hitler fu appunto la Cecoslovacchia ed il pretesto la richiesta di incorporare la regione dei Sudeti al Terzo Reich.

In realtà, spiega molto bene Maurizio Serra, la questione dei Sudeti (dove abitavano 2,8 milioni di tedeschi) era, appunto, solo un pretesto. La regione dei Sudeti non era mai stata territorio germanico ma semmai parte dell’Impero austro-ungarico e l’obiettivo autentico di Hitler era impossessarsi di Boemia e Moravia, ricche di un evoluto apparato industriale. La Cecoslovacchia, oltre ad essere un’isola democratica (pur in presenza di una struttura istituzionale estremamente fragile) era pertanto anche una potenza industriale, almeno a livello regionale. La Conferenza di Monaco è preceduta da tentativi di mediazione di Lord Runciman su incarico del governo britannico (agosto 1938) e poi dello stesso Primo Ministro britannico Neville Chamberlain che si reca in Germania (settembre 1938) ben due volte a distanza di pochi giorni.

La Conferenza di Monaco viene convocata in extremis alla vigilia dello scoppio di un conflitto bellico su richiesta britannica all’Italia con l’invito a Mussolini per una mediazione risolutiva. Maurizio Serra ci offre un ritratto psicologico e quindi estremamente coinvolgente dei protagonisti che si siedono al tavolo: Hitler, Chamberlain, Daladier e Mussolini. Questi ritratti psicologici ci fanno capire non solo la complessità dei personaggi in gioco, ma anche dei loro collaboratori e più in generale delle dinamiche interne ai rispettivi paesi.

Roma, Marzo 2024. XVI Martedì di Dissipatio

Due dati emergono dalla Conferenza di Monaco. Innanzitutto, la riluttanza britannica a risolvere il contenzioso con la Germania tramite un conflitto. Questa riluttanza conosciuta come politica dell’appeasement ha radici lontane. Una parte dell’élite dirigente britannica era favorevole ad un accordo globale con la Germania. Dall’altra parte, la Germania, a differenza di quanto accaduto nella Prima Guerra Mondiale, non aveva ambizioni marittime o nello stabilimento di colonie extra-europee: il territorio da colonizzare, il Lebensraum era ad est.

Pertanto, gli interessi anglo-tedeschi non erano necessariamente confliggenti. A Monaco l’appeasement britannico si portò dietro quello francese, nonostante la Francia fosse legata alla Cecoslovacchia da un trattato di assistenza. A pesare sul comportamento franco-britannico fu anche il timore del bolscevismo e della politica sovietica.

Maurizio Serra dà un ampio spazio anche ai protagonisti assenti dalla Conferenza: Stalin, Roosevelt ed il Presidente cecoslovacco Benes. Il coinvolgimento di Stalin in una strategia di difesa dell’integrità territoriale cecoslovacca venne reso vano proprio dal timore della natura del potere sovietico (sul piano interno e internazionale) e dalla richiesta sovietica di permettere l’ingresso di truppe nei territori di Polonia ed Ungheria al fine di difendere la Cecoslovacchia. Tale richiesta, di per sé oggettiva se si voleva difendere la Cecoslovacchia, si scontrò con la netta opposizione proprio di Polonia ed Ungheria. In questo contesto la Conferenza di Monaco non poteva non avere l’esito che effettivamente ebbe.

Il ruolo da protagonista lo ebbe, in primo luogo Mussolini, che fece una sintesi delle proposte franco-britanniche e tedesche. Maurizio Serra, già autore del libro “il caso Mussolini” si sofferma sul lato psicologico di Mussolini, sulla sua complessità, sullo stesso suo modo di lavorare: “Se non si pone attenzione, dall’inizio alla fine, al lato dissimulatore dell’uomo, alla sua doppiezza istintiva e al tempo stesso ragionata, al suo rifiuto di decisioni avventate, non si arriverà mai a comprendere le sue scelte come le sue mancate decisioni, l’essenza stessa del suo mistero”.

Immediatamente dopo la Conferenza di Monaco la regione dei Sudeti venne incorporata nel Terzo Reich come da accordi; Benes preferì dimettersi e si cercò di avviare un’effimera Seconda Repubblica e una nuova struttura istituzionale in Cecoslovacchia. Quello che mancò, da subito, fu l’impegno dei soggetti firmatari del Patto di Monaco di garantire la sicurezza delle nuove frontiere della Cecoslovacchia; ciò avvenne per volontà della Germania e costituì uno schiaffo (uno dei primi) assestato a Mussolini che aveva ottenuto questo risultato. All’indomani del Patto di Monaco si avvia, in realtà, lo smembramento della Cecoslovacchia a cui parteciparono (con notevoli doti di miopia) la Polonia che ottenne il distretto di Teschen (ottobre 1938) e l’Ungheria che con l’Arbitrato di Vienna (novembre 1938) ottenne ampie porzioni della Cecoslovacchia meridionale.

Nel marzo 1939 la Germania procedette alla incorporazione di Boemia e Moravia e la Slovacchia ottenne l’indipendenza sotto la guida del prelato cattolico Tiso. Solo dopo la dissoluzione della Cecoslovacchia si avviò una strategia di reazione da parte di Francia e Regno Unito con le garanzie di assistenza militare fornite a Polonia e Romania. Il libro di Maurizio Serra lascia aperti, proprio come in una partita a scacchi, alcuni interrogativi. Non è banale ricordare che proprio a Monaco, a latere del Patto, fu firmato da Hitler e Chamberlain un accordo bilaterale sulla rinuncia all’uso della forza per risolvere eventuali contenziosi reciproci.

Perché ciò che poi avvenne nel 1939 con la decisione franco-britannica di affrontare l’espansione nazista ad est non venne posto in essere prima? Perché interessi non confliggenti, come erano quelli anglo-tedeschi, lo divennero poi?

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