La Modernità ha ucciso Dio e disincantato il mondo per liberare l’uomo dai miti che avevano ritmato la vita nelle civiltà tradizionali, oppure è sorto un nuovo antimito di fondazione? Con Verità della decrescita, Gloria Germani ha indagato la cosmogonia moderna tra spazio, tempo, materia e l’antropogonia egoica: dualismo cartesiano, individualismo, economicismo; svelandone le illusioni. Quindi, Germani ha evidenziato gli errori dell’homo oeconomicus nella maniera più radicale, alla luce del confronto profondo con la sapienza filosofica dell’Oriente. Verità della decrescita ci ricorda così come migliaia di civiltà abbiano cresciuto uomini ed abitato un cosmo armonici, completamente differenti da quelli dell’Occidente liberale in riscaldamento climatico. Altro il principio, altra la direzione.
Il tempo moderno è lineare. L’eccezione giudaico-cristiana si è affermata. Creazione, peccato originale, storia della salvezza, fine dei tempi, tracciano la strada sensata verso un futuro migliore. L’universo ciclico, dimorato dagli antichi, nell’eterno ritorno delle quattro età, dell’Oro, dell’Argento, del Bronzo e del Ferro, nel quale visse la maggior parte delle civiltà umane, è rotto; e quando la corsa è diventata laica, la direzionalità è rimasta. La storia lineare conduce gli uomini dalla magra raccolta, alla produzione industriale di massa; perché l’umanità è unica, l’umo è destinato a dominare la natura e la storia è progresso, come nella rivelazione del Dio di Abramo. Alla stessa maniera, il tempo di Isaac Newton (1642-1726) fluisce uniforme, assoluto, oggettivo, senza relazione con l’esterno. E nel tempo lineare, materia ed io moderni sono nati assieme. L’affermazione di Cartesio (1596-1650): penso, dunque sono, ha innovato il pensiero europeo come non accadeva dai tempi di Platone e Aristotele; ha distrutto l’Universo vivente, separando il soggetto dalla natura inerte. Allora, l’indipendenza tra pensiero e materia, rese possibile l’oggettività; stabilì la base della rivoluzione scientifica di Newton e Galileo Galilei (1564-1642). In conseguenza, dal Seicento, la scienza moderna ha indagato le cause dei fenomeni e tentato di spiegare il mondo, sezionando l’inerte in parti sempre più piccole, isolabili e misurabili.
Mentre, sul lato del soggetto, l’affermazione cartesiana ha dato risalto al lentissimo corso che dal rapporto personale tra Abramo e il Dio unico, attraverso il Rinascimento e la Riforma Protestante, andava incarnando l’individuo e l’individualismo moderni, nell’eccezionalità antropologica che Hegel avrebbe infine riconosciuto e celebrato:
“Nella coscienza orientale la determinazione fondamentale è che l’elemento autonomo è l’universale, nella coscienza occidentale in cima a tutto c’è per noi la singolarità della cose, degli uomini”
Lezioni di filosofia della religione
Così, nella Modernità, anche i mutamenti sociali profondi condivisero la direzione del dualismo cartesiano. La separazione dal Macrocosmo permise al soggetto di relazionarsi con il mondo e con le altre persone in maniera economica, utilitaristica, di manipolare l’altro con razionalità calcolatrice, come mai prima. La concezione organica, olistica delle civiltà antiche fu abbandonata.
Thomas Hobbes (1588-1679) teorizzò il soggetto egoista in fuga dalla morte e la società dell’homo homini lupus. Tra Ugo Grozio (1583-1645), John Locke (1632-1704) e William Blackstone (1723-1780), la proprietà privata si affermò al centro del pensiero giuridico europeo. I comunia medievali furono aggrediti, recintati, aboliti. L’economia divenne la scienza sociale più prestigiosa. Nelle Americhe, il nuovo paradigma poté dispiegarsi nella maniera più coerente, investendo tragicamente le civiltà precolombiane. Lontano dai limiti delle ultime tradizioni comunitarie europee, chiunque poteva diventare proprietario della terra nullius americana. Da ultimo, lo stesso egoismo, la ricerca dell’utile personale che nel Medioevo portava agl’inferi, trovò la sua alta legittimazione nel pensiero di Adam Smith (1723-1790); perché, si creda o meno alla mano invisibile:
“Tanto nel liberismo classico quanto nel neoliberismo.. la fede nel libero mercato è indissolubilmente legata alla fede nell’individuo singolo, nella sua libertà e nell’assoluta opportunità dell’utilitarismo”.
Verità della decrescita
Quindi, a partire dalla Rivoluzione Industriale, l’individuo egoista riuscì a manipolare il mondo con forza sempre maggiore, legando la scienza alla tecnica. Scienza, tecnica e combustibili fossili hanno convinto l’uomo, di essere davvero il padrone della natura, rafforzando la concezione lineare della storia come progresso. Del resto, proprio la tecnologia ha reso possibile il colonialismo, rimanendo -secondo l’espressione evocativa di Raimon Panikkar (1918-2010)- il cavallo di Troia per l’occidentalizzazione del mondo. Infatti, se il colonialismo ottocentesco è finito, l’occidentalizzazione prosegue, riservando, al 60% degli uomini, il 5% della ricchezza; mentre l’ecosistema della Terra viene distrutto. Nel secolo scorso, il comunismo aveva ingannato sulla possibilità di accettare il mito moderno, evitandone i mali:
“Pandit Nehru vuole l’industrializzazione perché pensa che se essa viene socializzata, sarebbe esente dai mali del capitalismo. La mia opinione è che i mali sono inerenti all’industrialismo e nessuna qualità del socialismo potrà mai sradicarli”
M. K. Gandhi, Harijan, 29 settembre 1940
Aveva ragione il Mahatma.
Verso il primo quarto del XXI secolo, la narrazione del progresso avvince sempre meno. Crisi economica, pandemia, collasso ambientale, venti di guerra, si sovrappongono e manifestano come l’avido individuo separato non possa risolvere i problemi con la sua scienza e con la sua economia. L’antimito moderno mostra i segni della crisi:
“Come ci insegnano gli antropologi, quando la struttura del mito di fondazione inizia a crollare, tutto il resto della società cambia intorno ad esso e si aprono prospettive nuove ed inedite, nemmeno immaginabili”.
Verità della decrescita
Con il successo divulgativo del Tao della Fisica (1975), Fritjof Capra ha avuto il merito di far conoscere come la realtà divergesse radicalmente dall’edificio teorico che la fisica classica aveva innalzato sulle antiche basi cartesiano-newtoniane. La Teoria della Relatività di Albert Einstein (1879-1955) e la fisica quantistica hanno scoperto un mondo e un uomo completamente diversi, confermando sorprendentemente la sapienza del Buddismo, del Taoismo, dell’India, di Eraclito e Meister Eckhart. Il primo a sconvolgere il paradigma fu Einstein. Einstein si accorse che spazio e tempo non sono assoluti, che materia ed energia sono la stessa cosa; descrisse la forza di gravità quale curvatura dell’unica dimensione spazio-tempo. Il dualismo cartesiano sopravvisse alla Relatività nella distinzione tra mente e materia-energia. Poi Werner Heisenberg (1901-1976) e Niels Bohr (1885-1962) formularono il Principio di Indeterminazione e la relativa Interpretazione di Copenaghen. I fenomeni osservati sono tali e quali sono, soltanto in relazione con l’osservatore. Separare mente e materia-energia è impossibile. Il Principio di Indeterminazione consentì pertanto di osservare come le particelle subatomiche non esistano al modo di minuscole palline singolari ma semplificando la sfida all’ineffabile: esse si manifestano e non si manifestano, in una danza continua, inseparabile dall’osservatore e dalle altre particelle. Le particelle subatomiche esistono soltanto in relazione le une con le altre, e con il tutto. La scienza cartesiano-newtoniana può studiare e manipolare i corpi del nostro ambiente quotidiano (una minima parte dell’universo), funziona ma non spiega davvero la realtà; con l’infinitamente piccolo, l’infinitamente grande e le velocità prossime a quella della luce, le pretese cadono. Grazie alla nuova fisica, l’uomo è uscito dall’isolamento cartesiano-hobbesiano, nella relazione tra mente e fenomeni. D’altronde, in anni più recenti, anche l’epigenetica e la biologia dei sistemi hanno mostrato come la vita si sia espansa grazie all’interconnessione, alla cooperazione tra gli organismi nell’ambiente naturale. La realtà è relazione.
Siddhārtha Gautama, il Buddha, insegnò che il nostro io e le cose esterne mancano di esistenza separata. Niente è permanente. L’energia forma innumerevoli aggregati che interagiscono tra loro tutti e si dissolvono, continuamente. L’albero statico innanzi a noi è costruzione mentale, l’energia muove tra seme e cenere, non c’è quiete. Essere un ego, è illusione. Nell’impermanenza, attaccamento e desiderio causano infelicità, sofferenza: soprattutto l’attaccamento a l’ego, a noi stessi che desideriamo possedere e scampare la morte. Per estinguere il desiderio e giungere alla liberazione, Buddha espose l’Ottuplice Sentiero. A confronto con la sapienza del Buddismo e con le scoperte della fisica quantistica, il mito di fondazione moderno, con il suo tempo, il suo spazio, la sua materia e il suo individuo, pare un falso mito; una sola civiltà, tra le centinaia che si sono succedute nella storia, lo ha adottato ed esteso al mondo. Per le civiltà, informarsi a una concezione del reale oppure ad un’altra è determinante. Gli insegnamenti sono differenti. Il nuovo mito indica l’egoismo e la crescita economica infinita, i miti tradizionali indicano la Luna. I Jataka raccontano le vite precedenti. Da coniglio, il Buddha fece voto di offrire la propria carne ad un mendicante; quando ne incontrò uno vicino al fuoco, si scosse tre volte perché ogni insetto cadesse dal pelo e saltò. Il mendicante era il dio Indra. Le fiamme fredde non bruciarono. In Occidente, la pubblicità racconta tutt’altre vite; oggi la sua forza e la sua pervasività hanno raggiunto dimensioni aberranti. Tuttavia, il marketing emerse soltanto dopo la crisi del 1929. Occorreva suscitare nuovi desideri per vendere nuovi prodotti. Interiorizzato il mito del progresso, ultimo ritrovato equivale a prodotto migliore. I primi pubblicitari utilizzarono con successo la stampa, il cinema e la radio ma soltanto grazie al dualismo ego-mondo, i nuovi bisogni poterono attecchire. La pubblicità nutre l’ego separato che il desiderio solidifica. Gli abiti tradizionali erano, confortevoli, eleganti, durevoli, non perdevano microplastiche; l’industria della moda è riuscita a spogliarne i popoli per vendere ogni anno l’ultima collezione, sprecare, inquinare, vezzeggiare l’ego.
Sigmund Freud (1856-1939) ha descritto un uomo scisso tra i bisogni del corpo e la struttura mentale, orientato alla ricerca egoista del piacere nel mondo esterno. Secondo la Psicoanalisi, la convivenza sociale, la civiltà, sarebbero possibili soltanto grazie alla sublimazione degli impulsi aggressivi e sessuali di un uomo tendenzialmente cattivo. Forse, nella società repressa e maschilista della Mitteleuropa freudiana, la patologia era divenuta tanto comune, da confondersi con la natura. Altri studiosi hanno assunto la relazione quale base dell’esistenza umana. In particolare, il bambino esiste in relazione alla madre. Secondo lo psicologo John Bowlby (1907-1990), il femminile materno rappresenta la base affettiva sicura, necessaria alla sopravvivenza, che si intreccia con il maschile paterno, verso l’esplorazione e la crescita. Molte culture hanno organizzato i propri tempi, per crescere bambini sani, futuri adulti e genitori sereni: le relazioni umane al primo posto. Il mondo moderno invece ha trascinato donne e uomini lontano dai figli. Il primato dell’economia vieta di trascorrere troppo tempo con i bambini. La civiltà industriale paga il Pil, crescendo i figli lontano dalla base femminile sicura; nonostante che la prima esperienza di relazione debba diventare la forma di ogni legame futuro che si ripropone in età adulta. La psicologa Mary Ainsworth (1913-1999) ha descritto l’attaccamento evitante del bambino che esagera il comportamento esplorativo rivolto all’esterno e si disinteressa della presenza materna. Se la madre va e viene, manca molto ed il figlio non raggiunge un attaccamento sano, non impara a fidarsi. L’adulto, interiorizzata l’impossibilità di donare fiducia, traduce l’esasperato comportamento esplorativo infantile nella competitività, nel consumismo sfrenato (fino all’utero in affitto), nell’avidità di denaro, nel narcisismo. Spesso il modo di relazione, appreso nell’infanzia, viene trasmesso ai figli ed il disagio esistenziale peggiora di generazione in generazione; consolidato dal modello scolastico occidentale, ancora cartesiano-newtoniano, incline a suscitare la competizione tra gli allievi e a frammentare il sapere, indifferente all’etica. Un’economia ispirata ai principi buddisti, affiderebbe il lavoro nei campi o negli uffici ad una madre, quanto un’economista occidentale manderebbe in guerra un tecnico specializzato come soldato semplice. L’Occidente esalta un solo aspetto, organizza la vita umana secondo le esigenze dell’economia, della materia.
L’Oriente ha una visione olistica, tiene conto della complessità. Ad esempio, secondo il pensiero indiano, gli scopi della vita sono quattro. Il primo scopo cerca la prosperità materiale. Il secondo scopo cerca il piacere. Il terzo scopo chiama al dovere morale, incanala i primi due. Il quarto, moksha, è la liberazione. Ogni bambino che nasce, viene accolto con affetto dalla comunità come un piccolo Krishna; poi con la crescita, attraversa il periodo dell’apprendimento, con rispetto per il maestro. L’adulto, nella sua famiglia, ama il coniuge, lavora, adempie ai doveri sociali. Poi, quando i figli si sposano a loro volta, marito e moglie si allontanano assieme dai beni materiali, dai doveri sociali, dall’ansia, meditano. Alcuni divengono samnyasin; abbandonano anche la consueta dimora e il coniuge, per andare erranti, vivere profondamente l’impermanenza, cercare. “Ciò che per gli occidentali è arduo da capire è che la liberazione o illuminazione è possibile solo come punto di arrivo di un preciso percorso di vita” (Verità della decrescita). Gli occidentali s’illudono che posizioni fisiche e controllo del respiro debbano essere gli unici temi del corso di Yoga, quindi tornano alla vita di prima. L’Ottuplice Sentiero del Budda, già compresa l’impermanenza, lasciato l’attaccamento all’io, il desiderio per le cose esterne, le parole false o cattive; ancora al quinto passo invita all’astensione dal commercio di armi, alcolici, prostitute, carne macellata, da ogni lavoro che danneggi altre creature. Soltanto dopo è possibile recitare i mantra, educare la mente. Nello Yoga, le Otto Osservanze o Scalini, negano radicalmente lo stile di vita dell’uomo liberale: il sesso sacro contro le gratificazioni temporanee, la vita semplice contro i desideri e l’accumulo, non nuocere ad alcuno contro la ricerca del proprio tornaconto. Patanjali raccomandava le osservanze a chiunque, Gandhi le imponeva a coloro che desideravano liberare l’India dal colonialismo. Lo Yoga è incompatibile con l’economia moderna. Ma anche nelle tradizioni spirituali europee (antiche o medievali), native americane, cinesi, è facile riconoscere una concezione di ogni gesto e della vita, prima di tutto quotidiana, volta ad accompagnare oltre il divenire. La dottrina tradizionale dell’azione indù (Karma Yoga) si oppone diametralmente all’agire utilitaristico moderno. L’uomo moderno agisce per egoismo, per tornaconto, brama che la propria azione vada al buon fine desiderato; la sua mente corre tra i raggiungimenti esterni e soffre quando gli sfuggono. La Bhagavadgita insegna l’azione disinteressata, compiuta in sé, senza desiderio di andare a buon fine o di guadagno personale; in modo da agire per il bene, senza nutrire l’ego. Come notava Gandhi, dietro ad ogni violenza, ad ogni menzogna, c’è sempre il desiderio di un raggiungimento esterno.
Il motivo di tanta distanza dell’eccezione moderna dalle civiltà tradizionali è metapolitico, va riconosciuto nelle concezioni dell’uomo e della realtà, delle quali Germani ha ripercorso la genesi, da Cartesio in poi.
“Anche solo un passo che facciamo, lo facciamo per assecondare una direzione predeterminata nella nostra mente; quel passo è preceduto da un insieme -spesso inconsapevole- di intenzioni e ancor prima di valori. Siccome la maggior parte dei valori derivano dal contesto culturale collettivo, li prendiamo dal paradigma che la maggioranza delle persone, in un dato periodo, accetta come verità. Oggi, per esempio, si da per scontato che l’Etica sia passata in retroguardia. L’economia è il valore primario e irrinunciabile”.
Verità della decrescita
La corrente della Decrescita cerca in maniera ragionevole una società umana equa in armonia con l’ambiente ed un’attività economica, proporzionata alle effettive necessità anziché al desiderio smodato di profitto; predilige la dimensione locale. A partire dall’opera fondamentale di Serge Latouche, la riflessione della Decrescita ha attraversato anzitutto l’economia con le altre scienze sociali. Verità della decrescita si occupa invece di filosofia, metapolitica, liberazione. La distanza è apparente. Gloria Germani cerca i livelli profondi. Liberalismo, scientismo, economicismo, sono possibili esclusivamente entro la particolare concezione dell’uomo e dell’universo, affermatasi con l’Età Moderna. Evidente come la sfrenatezza dell’ego separato e la crescita infinita del Pil, non potessero trovare spazio nelle società tradizionali. Per questa ragione, la Decrescita riconosce Gandhi quale maestro e precursore più importante.
“La civiltà è quella forma di condotta che indica all’uomo il cammino del dovere e l’osservanza della moralità. Osservare la moralità significa ottenere la padronanza della nostra mente e delle nostre passioni […] Non si trattava di non sapere come inventare le macchine, ma i nostri padri sapevano che se avessimo dedicato i nostri cuori a tali cose, ne saremmo rimasti schiavi e avremmo perso la nostra fibra morale. Essi quindi dopo doverosa riflessione, decisero che avremmo fatto solo ciò che potevamo fare con le nostre mani e piedi.”.
M. K. Gandhi, Vi spiego i mali della società moderna
E la civiltà della terza via gandhiana accompagna lontano dall’antimito moderno, accompagna da e verso, la Verità. La vita e l’insegnamento del Mahatma sono comprensibili soltanto nella conoscenza del Non Dualismo e dell’impermanenza, nella ricerca della Verità, nel grembo dell’oceano, nell’umiltà, nei voti: dove ridurre sé stessi ad uno zero e più non poter dire.