Nella notte tra il 26 e il 27 febbraio 2024 sono stati liberati i tre cittadini Italiani sequestrati il 19 maggio 2022 nella loro abitazione alla periferia della città di Koutiala in Mali da un gruppo jihadista riconducibile al JNIM (Gruppo di supporto per l’Islam e i musulmani), una cellula allineata ad Al-Qaeda, attiva nell’Africa sub-sahariana. La liberazione è stata possibile grazie un’intensa attività di intelligence avviata dall’Agenzia informazioni e sicurezza esterna (AISE) insieme al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI), sfruttando i contatti con le personalità tribali e i servizi di intelligence locali.
Questa notizia arriva con un tempismo perfetto assieme alla pubblicazione nel giorno seguente, il 28 febbraio, della Relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza del Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica. Il documento interattivo concentra in 110 pagine suddivise in 3 capitoli – Scenari geostrategici; Il mondo in trasformazione; La sicurezza nazionale – le minacce che, dalla prospettiva dell’intelligence nazionale, sono state di prioritaria attenzione nel corso del 2023. All’interno della relazione sono presenti varie sezioni dedicate alla sicurezza della regione del Sahel: l’Intelligence vi ha assegnato particolare attenzione vista la sua importanza per la complessiva stabilità dell’Africa Settentrionale, Occidentale e del Golfo di Guinea, nonché in qualità di centro di passaggio dei flussi clandestini verso la rotta del Mediterraneo centrale.
Tale area è stato qualificata come principale incubatrice di instabilità nel Continente in quanto prioritario centro di distacco dalla sfera euro-occidentale in favore delle influenze politiche, economiche e militari della Federazione Russa e della Repubblica Popolare Cinese. È quindi fondamentale comprendere le motivazioni insite in tale distacco: negli ultimi anni si è assistito ad un esponenziale aumento di un forte sentimento di insofferenza nei confronti delle Nazioni legate al processo coloniale, esportatrici di sistemi e valori democratici che risalutano poco efficaci in risposta alle crisi ed istanze locali.
Il Burkina Faso presenta una cornice di sicurezza gravemente deteriorata: secondo le informazioni raccolte circa il 50% del territorio sarebbe sotto il controllo di gruppi jihadisti (principalmente Qaidisti) che, nel corso del 2023, hanno provocato un totale di 4.538 vittime tramite 1.379 episodi di violenza, portando il Paese ad ottenere il triste primato nell’intero Continente per numero di episodi e vittime.
A fronte di ciò è interessante osservare come Mosca sia il primo importatore di armi nel Paese, con una quota pari al 50% del totale, rendendo il Burkina Faso un importante punto di snodo per il traffico di armi oltre a quello di oro. Da segnalare inoltre la presenza di PMCs (Private Military Companies) russe, in particolare la Wagner.
Il Mali ha continuato nel corso dell’anno il suo processo involutivo su due livelli: quello nazionale (si ricordino i colpi di Stato militari del 18 agosto 2020 e del 24 maggio 2021) e quello internazionale, con il ritiro della Missione integrata e multilaterale di stabilizzazione (MINUSMA), che comprendeva circa 15.000 unità, da parte del Consiglio di Sicurezza dell’ONU su richiesta di Bamako. Anche qui il Cremlino è il primo importatore d’armi, dal quale dipende il 75% delle stesse. Si segnala inoltre la presenza della PMC Wagner in funzione di supporto al Governo maliano nel contrasto alle forze Tuareg del nord. Anche Pechino partecipa all’importazione bellica, seppur in una quota nettamente inferiore (circa il 12,5%) e all’insediamento di PMCs. Per quanto concerne il fenomeno jihadista, sempre di matrice principalmente Qaidista con minori attività dell’Islamic State Sahel Province (ISSP), si sono verificati 1.146 episodi di violenza che hanno portato ad un totale di 2.129 vittime. Il Mali, vista anche la sua centralità nella Regione, rappresenta uno dei punti di snodo più importanti per l’immigrazione di tutta la regione continentale ma anche per il traffico di oro, armi, droga e esseri umani.
In Ciad si è riscontrato un forte attivismo di gruppi armati insorgenti nel Nord dello Stato, nonché la presenza di sigle jihadiste d’area nei pressi del Bacino del lago Ciad. \\Questa volta è la Cina ad attestarsi il primato nelle importazioni con una percentuale corrispondente al 75% del totale. Nel Paese non è il fenomeno jihadista, che riscuote scarsissimi risultati (2 vittime in 5 eventi), il vero destabilizzatore d’area: i continui scontri di natura etnica e tra clan contribuiscono a deteriorare ulteriormente il quadro securitario già in bilico a causa delle enormi masse di sfollati provenienti dal Sudan che, non a caso, rendono il Ciad una perfetta zona di profitto per i trafficanti di essere umani.
Il Niger il 26 luglio 2023 è stato protagonista di un colpo di Stato militare che ha visto la presa di potere da parte del generale Abdourahmane Tchiani a seguito della deposizione del presidente Mohamed Bazoum, garante del “presidio avanzato” nell’area sub-sahariana dell’Occidente e dell’Italia. La Russia si attesta come secondo importatore d’armi nello Stato, con una percentuale leggermente inferiore al 50% del totale. Le vittime dovute alle attività jihadiste ammontano a 610, per un totale di 425 episodi compiuti da ISSP e gruppi non ancora identificati. Tali attività sono particolarmente frequenti nelle zone di confine con Mali e Burkina Faso. Proprio con questi stati il Niger ha firmato il 16 settembre l’Alleanza degli Stati del Shael, un’unione di carattere prettamente militare che sta però mostrando sempre di più un volto politico, con il fine di ridisegnare le alleanze regionali. La firma della suddetta alleanza risulta ancora più sensata se si considera l’uscita di Niger e Burkina Faso, su esempio del Mali, dal gruppo G5 Sahel che per anni ha rappresentato il punto di riferimento per l’Occidente per i temi concernenti la sicurezza nella Regione.
Con il passare del tempo appare sempre più palese la volontà da parte delle popolazioni degli Stati saheliani di voler rivedere i propri canali di cooperazione, spostandone l’asse dall’Occidente in direzione di Russia e Cina. In un contesto continentale, durante la pandemia di Covid-19 Putin e Xi Jinping offrirono gratuitamente i loro vaccini, anche se poche dosi e poco efficaci rispetto ai vaccini dell’Occidente, che si mostrò restio all’invio degli stessi o alla concessione gratuita del brevetto o della licenza per la produzione. Le involuzioni del quadro securitario del Sahel rappresentano un concreto rischio per la sicurezza dell’Europa: la minaccia del terrorismo, i traffici illeciti e le milizie cosiddette “Proxy” rendono tale area un’hub perfettamente idoneo per colpire il Vecchio continente.
La cooperazione tra l’intelligence e le forze di polizia è condizione necessaria ma non sufficiente al fine di garantire un’effettiva salvaguardia da tale pericolo. Sarebbe idoneo per il conseguimento di questi fini uno standard operativo europeo, sostenendo inoltre i Paesi saheliani tramite l’investimento in tecnologie e in aiuti finanziari per lo sviluppo dell’economia e la lotta al terrorismo, eliminando l’atteggiamento rinunciatario che ci ha caratterizzato negli ultimi anni.