Accanto al Piano Mattei ci sono i valori che incarnava Enrico Mattei, valori che hanno reso grande l’Italia nel mondo. Quando si incarnano dei valori, quando si difende l’interesse nazionale, si muore, si viene uccisi. Bisogna avere coraggio. Quando si parla di Mediterraneo c’è il tema del gas e della sicurezza nazionale come hanno sottolineato i relatori prima di me ma soprattutto c’è il tema dell’immigrazione e di conseguenza quello della cooperazione tra popoli e nazioni. E pensare che sono stati oltre 100mila i migranti sbarcati in Italia nel corso del 2022, secondo i dati aggiornati diffusi dal Viminale (contro le 67.034 del 2021 e le 34mila del 2020).
Di fronte a questi numeri, che crescono inesorabilmente, anche se non deve essere un processo ineluttabile, la questione dei flussi migratori anche in Europa sembra finalmente diventare una questione sistemica e non ideologica. Riguarda tutti noi, europei, africani e mediorientali. Nel caos prosperano e trionfano i corpi estranei e privati (scafisti, trafficanti, gruppi para-militari) con sete di potere economico e politico; si indeboliscono le nazioni (delle due sponde del Med; ritornano gli imperi (russi e turchi). L’immigrazione è un’arma di destabilizzazione dei Paesi di origine, di partenza e di arrivo.
Il Mediterraneo non come un mare che ci divide ma che ci unisce nel rispetto reciproco e nella pacifica convivenza della stessa casa comune. Il dialogo è la forma più alta contro la barbarie dell’omologazione e del sincretismo culturale e religioso. Occorre uno sforzo di diplomazia culturale in questo senso. Solo così, cioè promuovendo l’idea di un’Europa che non può non essere africana ed una Africa che non può non essere europea, è possibile costruire una prospettiva euro-africana, come esiste una prospettiva euroasiatica, che attenzione, non significa costruire l’Eurafrica o l’Eurabia, bensì costruire una grande comunità di destino.
Come dicevamo prima: accanto al Piano Mattei ci sono i valori che incarnava Enrico Mattei, valori che hanno reso grande l’Italia nel mondo. Cosa ci ha insegnato Enrico Mattei? E come dobbiamo onorarlo oggi?
Per farlo occorre:
1) Elaborare una politica estera mediterranea disallineata agli alla politica estera americana nella regione a meno che come accaduto in Libia nel 2016 non ci viene dato mandato dai nostri alleati americani in questo caso di agire autonomamente.
2) Rispettare la Dignità della persona umana in Occidente, ma soprattutto affermare la dignità dell’Oriente. L’Oriente come fonte spirituale, come ritorno ai valori pre-politici. Li ci sono le comunità più antiche al mondo, tra cui quelle cristiane.
3) Rivendicare il diritto a non emigrare, come diceva Papà Benedetto XVI, contro il diritto alla mobilità ad ogni costo.
4) Rispettare prima di tutto il diritto sacrosanto dei popoli a vivere nella loro terra e ad autodeterminarsi.
5) Studiare le cause della guerra per costruire la pace anziché aggiungere guerra alla guerra.
6) Affiancare la diplomazia culturale con la diplomazia religiosa. Occorre sedersi al tavolo e affrontare il tema del dialogo inter religioso, ricostruire l’incontro di civiltà.
7) Farla finita con le guerre umanitarie e con le politiche fallimentari del regime change.
8) Non applicare le sanzioni ma aiutare l’ascesa della società civile e contribuire alla costruzione della classe dirigente nei paesi dove le persone scappano.
Io personalmente ho viaggiato come giornalista e inviato per sei anni di fila, dal Nordafrica all’Afghanistan, passando per il Libano, la Siria e l’Iraq. Ho incontrato persone straordinarie, ho raccolto testimonianze, vissuto con persone che avevano perso tutto e che mi hanno dato tutto. Tante volte ho sentito dire che se avessero i mezzi per rimanere nella loro terra, a immaginare un futuro, non ci penserebbero due volte a scappare. Perché l’emigrazione, e questo vale anche per gli italiani che sono andati all’estero a cercare fortuna, a cercare l’immortalità, è prima ancora che un viaggio in prima classe, è innanzitutto una ferita profondissima.
Abbandoniamo la nostra terra, i nostri affetti, la nostra comunità di appartenenza. È un’Odissea, noi siamo gli Ulisse, ma poi a un certo punto, fisiologicamente vogliamo tornare a casa. Non dobbiamo dire “aiutiamoli a casa loro” ma “aiutiamoli a a casa loro, perché quella è casa loro”.
*** In occasione del Forum per il Mediterraneo per lo Sviluppo e le Migrazioni svoltosi a Roma domenica 23 luglio e organizzato dal governo italiano, che ha visto la partecipazione della presidente della Commissione Europea, Ursula Von Der Leyen, e le delegazioni dei Paesi della sponda sud del Mediterraneo, del Golfo, del Corno d’Africa e del Sahel; pubblichiamo un estratto dell’intervento di Sebastiano Caputo, direttore di Dissipatio, al panel proprio sul “Mediterraneo” Fenix, la festa del movimento giovanile di Fratelli D’Italia.