Al MAXXI di Roma succedono cose molto interessanti da quando si è insediato il nuovo Presidente Alessandro Giuli, giornalista e scrittore, nominato da Gennaro Sangiuliano, anche lui diventato ministro dei beni e delle attività culturali col nuovo governo Meloni I. Non parliamo solo di un Museo nazionale della arti del XXI secolo, bensì di un vero e proprio polo a trecentosessanta gradi, con aree espositive, sale per conferenze, bar, biblioteca, ma anche uno spazio all’aperto dove si può svolgere qualsiasi genere di iniziativa. Tutto questo in una cornice architettonica avvenirista disegnata da Zaha Hadid, in un quartiere romano, il Flaminio, che dallo stadio all’Auditorium fino al Ponte della Musica, assume anno dopo anno la sua identità urbana. Senza togliere nulla all’amministrazione decennale precedente – Giovanna Melandri non mente quando dice “consegno un piccolo gioiello” – questo è il vero colpo messo a segno in questa nuova stagione politica.
E non parliamo con la solita retorica gramsciana “dell’egemonia culturale”, del rancore della destra nei confronti della sinistra, che ha occupato dal Dopoguerra in poi tutte le centrali culturali di potere senza lasciare entrare la destra. Insomma non siamo nel terreno del “conformismo dell’anti-conformismo”, nemmeno nel brodo culturale del piagnisteo, bensì siamo in quella che è stata individuata dagli addetti ai lavori, come luogo ideale per le avanguardie artistiche, tavolo di pacificazione culturale, ma soprattutto piattaforma interdisciplinare per far dialogare le nuove intelligenze post-ideologiche del nostro Paese. Tutto questo lontano dai “quindici minuti di celebrità” del piccolo schermo e dalla centrifuga dei tempi televisivi di programmi che ormai non guarda più nessuno, ma soprattutto non fanno più dibattito. Agli studi patinati e al cronometro delle scalette dei conduttori, il Maxxi ha scelto di attraversare lo Spazio e il Tempo, per rispondere alle domande esistenziali (e urgenti) del nostro secolo. Per affrontare questa sfida, Alessandro Giuli, ha deciso di affidarsi, per intercessione di un suo ex collega al Foglio al tempo di Giuliano Ferrara, Pietrangelo Buttafuoco, a due uomini con un passato nelle istituzioni, stimati da tutti, senza pregiudizi ideologici, ma soprattutto con degli sguardi che possono raggiungere mondi lontanissimi: Luciano Violante e Marco Minniti.
Rispettivamente presidenti della Fondazione Leonardo (editore peraltro della Civiltà delle Macchine) e della Fondazione Mer-Or, entrambe spin off di Leonardo, sono stati uno Presidente della Camera dei Deputati dal 1996 al 2001, l’altro Ministro degli Interni, poi sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega ai servizi segreti. In comune hanno due cose: la collocazione in passato con i Democratici di Sinistra, e l’appartenenza al network di Gianni De Gennaro (amico personale di Violante, e conterraneo di Minniti), ex prefetto, presidente del Centro Studi Americani, nonché ex presidente di Leonardo appunto. Sempre sul Foglio, il 12 ottobre del 2002, proprio Pietrangelo Buttafuoco firmava una biografia da antologia su di lui. Tutto, prima o poi, ritorna. Tempo al tempo. Il tempo che fa il suo corso. In una cornice nuova, futurista, come il Maxxi, che proprio in queste settimane sta ospitando incontri non-ordinari, in collaborazione con Med-Or e con la Fondazione Leonardo e non solo, che si muovono tra Oriente e Occidente, Nord e Sud del mondo (“Nouakchott. capitale culturale del mondo islamico per l’anno 2023”, proprio nel primo giorno di Ramadan); e ancora tra Spirito, Tempo e Spazio (ciclo di incontri dal titolo “SYSTEMA. Stare insieme” con il contributo di esperti e studiosi di materie diverse – geopolitica, scienza, filosofia – per provare a immaginare un futuro in cui motore e centro del cambiamento sia l’essere umano); e poi tra eterno e contingente (il rapporto tra intellettuali e politica con Stenio Solinas, che si aggiunge perfettamente nel presepe del Maxxi, lui che come Giuli e Buttafuoco, la “destraterminale” l’ha già superata da un pezzo). Altro che contro-egemonia culturale, lì, sta succedendo e può succedere qualcosa, che non rientra nell’eterno ritorno dell’uguale. “Nelle chiese abbandonate si preparano rifugi e nuove astronavi per viaggi interstellari” cantava Battiato. E in effetti il Maxxi, oltre a diventare un rifugio, a un astronave ci assomiglia anche.